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CODIPENDENZA

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Le relazioni sono come una danza con un flusso visibile di energia che passa da un partner all’altro. Alcune relazioni sono una lenta e nera danza della morte

 

Varie sono le definizioni della codipendenza che ci sono succedute nel tempo, a seconda anche del settore in cui la si studiava (prevalentemente quello della tossicodipendenza ed alcolismo). Personalmente ritengo che parliamo di

Codipendenza è quando una persona fa in modo che sia influenzata in modo eccessivo dal comportamento di un’altro ed al contempo cerca di controllare in modo eccessivo quello stesso comportamento.L’altro può essere una qualsiasi delle persone significative della propria vita: marito, genitore, figlio, amico. Quest’ “altro”, solitamente è affetto a sua volta da qualche forma di dipendenza patologica.Il concetto di codipendenza nasce nel campo della tossicodipendenza ed alcolismo. Si notava come molti partner degli alcolisti e tossicodipendenti tendevano sia a ripetere copioni passati (la presenza di un genitore con la stessa dipendenza del partner) che a mettere al centro della propria vita il benessere e la salvezza dell’altro. Taluni studiosi estremizzano la codipendenza arrivando a definirla una vera e propria patologia psicologica, cronica e progressiva. In questi casi i codipendenti necessitano di relazionarsi con persone dipendenti per un’insana forma di benessere. Scelgono ad esempio un’alcolista, perchè quest’ultimo necessita anche di un salvatore, e dipenderà dal codipendente. Anzi, a volte, se riescono nel loro ruolo di salvatori, la relazione finisce, e cercano subito un altro da salvare.Entrando nello specifico le caratteristiche del codipendente sono:

  • concentrano la loro vita sugli altri la loro vita dipende dagli altri cercano la felicità fuori da sé aiutano gli altri invece che se stessi desiderano la stima e l’amore degli altri controllano i comportamenti altrui cercano di cogliere gli altri in errore anticipano i bisogni altrui sono attratte dalle persone bisognose d’aiuto attribuiscono agli altri il proprio malessere si sentono responsabili del comportamento altrui sopportano sempre più comportamenti altrui che non avrebbero sopportato in precedenza avvertono sintomi d’ansia e depressione hanno una paura ossessiva di perdere l’altro sviluppano sensi di colpa per i comportamenti sbagliati dell’altro
  • provengono spesso da famiglie con esperienza di codipendenza

La codipendenza può essere anche caratterizzata come una relazione disfunzionale di tipo simbiotico. Tale tipo di relazione si viene a creare quando uno o entrambi cercare nell’altro la compensazione delle proprie carenze, dei propri bisogni insoddisfatti, al fine di sostenersi reciprocamente. Ad esempio chi è maggiormente istintivo cerca persone che hanno sviluppato maggiormente l’aspetto razionale e viceversa. In questo modo ci si illude che l’altro è fondamentale per il proprio equilibrio in quanto compensa nostre carenze. Se uno dei due decide di “evolvere”, cioè di superare o compensare i propri bisogni, l’altro si sente inevitabilmente tradito e abbandonato, in quanto sente il venir meno di quella relazione che lo faceva sentire al sicuro. Infatti questo tipo di relazione disfunzionale come tutte le relazioni simbiotiche non prevede cambiamenti, ma equilibrio, staticità, dipendenza. Per superare tale relazione disfunzionale bisogna innanzitutto riconoscere l’esistenza di bisogni insoddisfatti che causano tali comportamenti errati e poi cambiare il proprio modo di relazionarsi con gli altri.Utile è citare la parabola di Gesù su Marta e Maria. Maria se ne stava seduta a conversare con Gesù e i suoi discepoli, Marta ordinava in casa e cucinava. Ad un certo punto Marta incominciò a sbattere i piatti accusando Maria di non fare nulla, lamentandosi di dover far tutto da sola mentre la sorella chiacchierava. Gesù, inaspettatamente per Marta, rimproverò proprio lei. Per Gesù Maria si stava comportando bene, era lei che aveva ragione. Perché per Gesù l’importante è stare con le persone, pensando un po’ anche a sé stessi, non solo preoccuparsi di ordinare e cucinare per loro. Nella codipendenza si commette l’errore di sostenere l'”altro” dipendente a scapito di sé stessi, e lo stesso sostegno che si fornisce spesso è di tipo materiale, non attento alle esigenze interiori dell’altro.A questo fine è utile accennare ad uno dei modelli teorici più rappresentativi dei rapporti disfunzionali tra gli individui: il triangolo drammatico di S. Karpman. Questo triangolo vede ai suoi vertici tre ruoli: il Salvatore, il Persecutore e la Vittima. La loro relazione è di reciprocità in quanto la presenza dell’uno implica giocoforza quella degli altri. Nella codipendenza uno dei due membri della relazione può assumere anche due ruoli diversi, contemporaneamente. La persona che si immedesima nel ruolo del Salvatoreavverte la necessità di aiutare l’altro, anche se questi non ne ha effettivo bisogno. Egli ritiene che l’altro sia bisognoso del suo aiuto, mentre, invece, è lui che ha bisogno di sentirsi utile perché sono presenti sensi di colpa o insicurezza ed inferiorità. Il Salvatore si preoccupa soltanto di sé e l’aiuto offerto agli altri gli serve per sentirsi accettato e amato dagli altri. Una persona che assume tale tipologia di comportamento non deve essere fermato, perché potrebbe sentirsi tradito e diventare un Persecutore, ma deve essere aiutato a valorizzare la sua persona piuttosto che le sue azioni, al fine di sentirsi riconosciuto ed amato dagli altri a prescindere dall’aiuto che può fornire loro. Tale tipologia di persona è attratto da chi soprattutto da tende ad assumere il ruolo di Vittima, cioè da chi valuta sé e i suoi comportamenti sempre in modo negativo, con il conseguente atteggiamento di forte inferiorità nei confronti degli altri. Egli esercita una forte attrattiva sia nei confronti del Salvatore, dal quale riceve attenzioni esagerate e talvolta inutili, sentendosi così aiutato a risollevarsi dalla sue frustrazioni, sia nei confronti del Persecutore, il quale, criticandolo e maltrattandolo, lo convince sempre di più della sua inferiorità e delle sue insicurezze. La Vittima non deve essere assecondata nelle sue frustrazioni, cosa questa che giustificherebbe le sue paure inconsce, ma deve essere aiutata a valutare se stessa a prescindere dal giudizio degli altri e dall’aiuto che questi potrebbero offrirgli. Deve, inoltre, capire e convincersi che ha dentro sé tutto ciò che serve per cavarsela da sola. Per fare ciò deve essere spinta a provare concretamente le proprie azioni ed esperienze per modificare il rapporto negativo che ha con sé e con il mondo. E’ Persecutore, colui il quale nutre disperazione e rabbia che lo spingono ad assumere un atteggiamento punitivo e vendicativo nei confronti di tutti. Egli si considera realizzato se riesce a far giustizia, a prescindere dalle richieste e dai bisogni effettivi degli altri, e nasconde gioia e soddisfazione nel perseguitare gli altri dietro i suoi sentimenti di giustizia e di onestà. Per aiutare il Persecutore bisogna invitarlo ad assumere con sé e con gli altri atteggiamenti carichi di tenerezza, facendogli conoscere un differente modo di porsi nei confronti degli altri. La tenerezza è un sentimento che è utile a dosare nella giusta misura amore ed odio. Ognuno dei personaggi che assumono i diversi ruoli del triangolo drammatico pensano di agire in funzione del bene dell’altro, ma invece agiscono solo in funzione di ciò che è bene per sé stessi, cosa questa che porta ad incomprensioni e a rapporti patologici. Per ovviare a ciò l’individuo deve prendere consapevolezza del suo comportamento e dei bisogni inespressi sottesi ad esso; per fare ciò egli deve assumere un atteggiamento logico e razionale, al fine di chiedersi il perché dei suoi comportamenti e di quelli degli altri componenti.Solo così egli potrà sostituire i comportamenti automatici con quelli dettati dal buon senso e dalla ragionevolezza. In una relazione disfunzionale di questo tipo ciascuno degli interlocutori deve innanzitutto chiedere all’altro che cosa si aspetta da lui per concordare insieme un percorso comune e per soddisfare attese che in altro modo rimarrebbero insoddisfatte. Il dialogo e la negoziazione sono necessari per fondare rapporti sani e costruttivi.

Nella codipendenza si assumono, alternativamente, i ruoli di salvatore, persecutore e vittima. Si è salvatore nel momento in cui il pensiero di salvare l’altro diventa l’obiettivo principale della propria vita, una vera e propria ossessione. Proprio quest’ultima caratteristica rivela anche il ruolo di persecutore. Infatti l’ossessione di “salvare” se spinta all’eccesso e dura nel tempo, assume la forma di una vera e propria persecuzione. Persecuzione che si manifesta col rigido controllo dell’altro, col colpevolizzarlo di ogni azione che compie e via dicendo. Nel momento in cui si fallisce sia nel ruolo di salvatore che di persecutore, ecco che si diventa vittima. Vittima di una persona che si ritiene sia la causa di tutti i nostri mali, che nonostante il nostro “altruismo” ci ha “respinto” al punto da farci sentire vittima. Questo è il gioco perverso della codipendenza.

 

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it