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GAMING DISORDER

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La dipendenza da videogiochi entra ufficialmente nell’elenco delle malattie dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms). Durante l’Assemblea Generale in corso a Ginevra i Paesi membri hanno votato a favore dell’adozione del nuovo aggiornamento dell’International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems (Icd-11), che contiene per la prima volta il “Gaming Disorder” (dipendenza da videogiochi).

Il nuovo testo, che sarà in vigore dal primo gennaio 2022,viene usato per uniformare diagnosi e classificazioni in tutto il mondo. Il “gaming disorder” è definito come «una serie di comportamenti persistenti o ricorrenti legati al gioco, sia online che offline, manifestati da: un mancato controllo sul gioco; una sempre maggiore priorità data al gioco, al punto che questo diventa più importante delle attività quotidiane e sugli interessi della vita; una continua escalation del gaming nonostante conseguenze negative personali, familiari, sociali, educazionali, occupazionali o in altre aree importanti». Per essere considerato patologico il comportamento deve essere reiterato per 12 mesi, «anche se la durata può essere minore se tutti i requisiti diagnostici sono rispettati e i sintomi sono gravi».

Sulla percentuale di gamers che diventano patologici, le stime sono molto diverse. Una recente ricerca su Cyberpsichological Behaviour, ad esempio, ha stimato che il 7% dei giocatori online può essere definito dipendente, mentre in altri studi pubblicati il numero varia dall’1,5% dei più ottimisti fino ad una preoccupante percentuale del 20%. Numeri in ogni caso impressionanti se si pensa che in Italia, ad esempio, secondo una ricerca Aesvi-Gfk, ci sono 29,3 milioni di videogiocatori. E secondo alcune stime, nel nostro Paese sarebbero a rischio per “gaming disorder” circa 270mila ragazzi, per la quasi totalità maschi, in una fascia d’età tra i 12 ed i 16 anni.

 

Dottor Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

DIPENDENZA DA VIDEOGIOCHI E DEFICIT DI ATTENZIONE E IPERATTIVITA’

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Uno studio condotto dai ricercatori della Loma Linda University, conferma che il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (Adhd) è associato all’uso smodato dei videogiochi. La ricerca dell’università californiana, “Video game addiction, Adhd symptomatology, and video game reinforcement”, pubblicata lo scorso 6 giugno sull’American Journal of Drug and Alcohol Abuse, rileva, infatti, l’associazione tra gravità dell’Adhd e gravità della dipendenza da videogame e mostra che il rischio di dipendenza esiste indipendentemente dal tipo di videogioco usato o preferito.

“Il risultato è coerente con la nostra ipotesi e con una ricerca precedente, e suggerisce che le persone con maggiore gravità dei sintomi di Adhd possono essere maggiormente a rischio di sviluppare abitudini di gioco problematiche”, ha affermato Holly E. R. Morrell, professoressa della Loma Linda University School of Behavioral Health e ricercatrice principale del progetto.

Lo studio è uscito nel periodo in cui la dipendenza da videogiochi è stata riconosciuta un problema di salute pubblica internazionale. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha aggiunto la voce “gaming disorder” nell’undicesima edizione della Classificazione internazionale delle malattie (International Classification of Diseases), pubblicata il 18 giugno.

L’esito di ricerche precedenti ha mostrato che il 23% dei giocatori di videogame presentavano sintomi di dipendenza tali da produrre effetti negativi su salute, benessere, sonno, studio e socializzazione.

Nella ricerca della Loma Linda University, il numero di ore trascorse a giocare è stato associato alla gravità della dipendenza. I maschi hanno mostrato maggiore gravità di dipendenza rispetto alle femmine. La prof.sa Morrell e il suo team hanno testato circa 3.000 giocatori tra i 18 e i 57 anni. L’età non costituiva un fattore di studio.

Esperta nel campo della dipendenza, la prof.sa Morrell ha pubblicato di recente uno studio a più mani, intitolato “Cyberpsychology, Behaviour e Social Networking”, in cui descrive alcuni dei rischi associati alla dipendenza da videogame: problemi di salute fisica e mentale, ma anche sociali e di operatività professionale.

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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DIPENDENZA DA VIDEOGIOCHI

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Il fenomeno dei videogiochi oggi ha raggiunto dimensioni notevoli a livello planetario.
Il Centro Studi Minori e Media ha recentemente illustrato i risultati dell’indagine “Minori in videogioco” , alla quale hanno partecipato ben 2037 studenti di 39 scuole italiane (scuole medie e scuole superiori) di 18 città del nord, del centro e del sud, in rappresentanza di 8 regioni. Dallo studio è emerso che il 58,5% degli studenti gioca con i videogames una volta al giorno, il 20,5% due volte al giorno. Il tempo medio di gioco è inferiore a un’ora per il 57% degli studenti, mentre uno studente su quattro gioca da una a tre ore. I generi preferiti sono l’avventura (29%) e lo sport (21,5%), anche se gli studenti che giocano per più di tre ore al giorno prediligono i giochi di combattimento. Quasi la metà dei ragazzi gioca da solo. Gli eventuali compagni di gioco sono preferenzialmente gli amici (37%), i fratelli o le sorelle (17,5%) o il papà (15%). E’ interessante notare che il 40,5% dei giocatori si identifica qualche volta nelle storie dei loro videogochi, anche se il 43,5% dei ragazzi si dice non condizionato nell’umore dall’esito del gioco. Infine tre minori su quattro ritengono che possono scattare problemi di dipendenza da videogioco solo per chi gioca più di sei ore al giorno.

Ma il videogioco, allora, è buono o cattivo? Dipende dall’uso che se ne fa. E’ probabilmente sbagliato criminalizzare il videogioco, ma l’abuso può essere pericoloso. In quanto evoluzione tecnologica delle diverse forme di gioco, il videogame è potenzialmente “portatore” di numerosi effetti positivi: rappresenta uno stimolo per le abilità manuali e di percezione, stimola la comprensione dei compiti da svolgere, abitua a gestire gli obiettivi, favorisce l’allenamento alla gestione delle emozioni e lo sviluppo dell’abilità di prendere rapidamente delle decisioni.
Il rovescio della medaglia è costituito dai rischi relativi all’uso protratto nel tempo dei videogiochi, ossia la videomania (o videoabuso) e la videofissazione, cioè la prolungata esposizione ad un videogame, senza pause e completamente assorbiti dal gioco. Spesso l’abuso di videogiochi è seguito da altre condotte disturbate, come la sedentarietà (con conseguente rischio di sviluppo di sovrappeso corporeo), il togliere spazio alle attività connesse all’apprendimento scolastico (spesso praticate frettolosamente e con scarsa concentrazione), nonché la sostituzione del videogioco ad ogni altra forma di relazione sociale (favorendo uno stato di isolamento ed una tendenza all’introversione).

La dipendenza da videogiochi è ormai considerata una vera patologia alla quale applicare una cura simile a quella per la tossicodipendenza e l’alcolismo. Appunto per questo motivo che anche in Europa ad Amsterdam per la precisione,dopo Stati Uniti, Cina e Corea del Sud, anche in Europa, nel mese di luglio aprirà il primo centro di disintossicazione dai videogiochi

L’ANSA del 17 giungo 2006 ha anticipato l’apertura della clinica gestita dalla “Smith & Jones Addition Consultants”, centro olandese che si occupa dal 1991 di cura dalle dipendenze. Le cliniche avvieranno terapie di disintossicazione della durata di 2 mesi per i soggetti affetti da forti dipendenze dai videogiochi.

I sintomi più frequenti sono agitazione, tremore e ansia. In alcuni casi i soggetti affetti dalla dipendenza della “droga games” non riescono a staccarsi dallo schermo, rinunciando persino ai pasti o assumendo ulteriori droghe per aumentare le proprie prestazioni virtuali.

I pazienti della clinica, paragonati quasi ai concorrenti di un reality show, dovranno “sopravvivere” per otto settimane nei boschi fra Olanda e Germania, lontani dalla tecnologia, dai joypad e dai videogiochi e, soprattutto, dalla realtà virtuale nella quale sono ormai immersi. La clinica Smith & Jones sarà la prima ad ospitare i propri pazienti nella speranza che il paesaggio naturale li aiuti a ricreare la “realtà” e a restaurare un rapporto equilibrato con i videogiochi e il mondo reale. « scopo non è far abbandonare il computer o la consolle ai “drogati aiutarli a riavvicinarsi ad essi dopo averli disintossicati ». Nel complesso la terapia è suddivisa in multisessioni tra le quali: escursioni all’aperto, attività fisica e, nei casi più gravi, cure a base di psicofarmaci.

In Europa gli studi sul fenomeno sono ancora agli inizi e per questo alcuni ricercatori restano scettici riguardo una corretta definizione della dipendenza da videogioco e i relativi effetti. Alcuni ritengono che i sintomi come ansia, attacchi di panico, disturbi del sonno, non possono essere esclusivamente imputati all’utilizzo eccessivo di videogiochi, e non sono curabili così semplicemente.

Richard Wood, docente all’International Gaming Research Unit dell’Università di Nottingham, sostiene che « il gioco compulsivo è sintomo di altri problemi e non può essere visto come un problema in se stesso ». A differenza di Keith Bakker, direttore della struttura della “Smith & Jones Addition Consultants” che afferma invece alla BBC: « I videogiochi sembrano innocenti, ma in realtà possono dare dipendenza al pari del gioco d’azzardo e delle droghe » aggiungendo che « soggetti colpiti hanno un’età compresa tra i 13 e i 30 anni e passano circa 16 ore al giorno davanti allo schermo ».

Il profilo-tipo del dipendente da videogiochi è indicato da Keith Bakker come un adolescente maschio che vuole fuggire dalla realtà; il più delle volte è uno studente o un lavoratore. Il fatto che siano principalmente uomini vuol forse sottolineare la tendenza al bisogno e all’ambizione maschile al comando.

Secondo Bakker la situazione è molto più grave di quello che si possa pensare. I videogiochi che vengono progettati e venduti sono strutturati per far proseguire ad oltranza il giocatore, senza sosta, conducendo indirettamente il soggetto ad alterare l’immaginario e la realtà, raggiungendo nei casi più gravi la perdita del reale, ormai sostituito dal virtuale. Inoltre secondo il direttore della “Smith & Jones”, questo può aumentare l’aggressività nei ragazzi che trascorrono troppo tempo giocando con videogames basati sull’uccisione di persone.

Alcune delle cause della dipendenza dai videogiochi sono:
– pensieri ossessivi nei confronti di se stessi o di altri soggetti;
– problemi di salute;
– seri problemi relazionali;
– problemi di inserimento scolastico o lavorativo…

Il soggetto che non riesce a risolvere tali problemi tende, il più delle volte, ad identificarsi con i personaggi virtuali trasferendo in loro emozioni reali, sfoghi, ribellioni, e relazioni interpersonali.
Per confermare tale situazione le cronache orientali hanno riportato diversi casi di videogiocatori deceduti dopo lunghe sessioni di gioco, in genere a causa di problemi circolatori o di scarso nutrimento. Questo è accaduto soprattutto nei paesi dove è molto alta la percentuale di giocatori di giochi di ruolo online (circa tredici milioni di individui in tutto il mondo!).

A questo punto, visto quali possono essere le cause e gli effetti della “droga games” dovremmo proprio cercare di passare più tempo nel mondo reale, affrontando quelli che possono sembrare problemi difficili e giocare alla nostra avventura grafica preferita, all’action game o al gioco di ruolo che ci appassiona senza eccedere. Del resto nella vita reale non ci occorre un freccetta per muoverci, perché allora dovremmo complicarci la vita? E’ molto più semplice muovere le gambe!

Quindi il mondo dei videogame non consente rigide scelte di campo tra favorevoli e contrari; è necessario semmai un uso consapevole del mezzo e, come sempre in questi casi, una forma di vigilanza soprattutto da parte dei genitori sui propri figli in minore età

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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