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NON DARE MAI PER SCONTATA LA VERITA’

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Un mercante, vedovo, era partito per un viaggio d’affari lasciando a casa il figlio piccolo.

Durante la sua assenza arrivò un gruppo di banditi che saccheggiò e poi incendiò l’intero villaggio. Il mercante, al ritorno, non trovò più la sua casa, ridotta a un cumulo di ceneri, e lì vicino trovò il cadavere carbonizzato di un bambino. Si gettò a terra e pianse a lungo, battendosi il petto e strappandosi i capelli.

Il giorno dopo, il mercante fece cremare il piccolo corpo, quel figlio così caro era l’unica ragione della sua esistenza, dunque cucì un bel sacchettino di velluto e vi mise dentro le ceneri. Dovunque andasse, portava con sè quel sacchetto. L’aveva sempre addosso, quando mangiava, quando dormiva, quando lavorava.

In realtà suo figlio era stato rapito dai banditi. Tre mesi dopo era riuscito a scappare e a tornare a casa; arrivò che erano le due di notte, bussò alla porta della nuova casa che il padre si era costruito. Il povero padre, che giaceva a letto in lacrime, stringendosi al petto il sacchetto con le ceneri, chiese: “Chi è?” “Sono io, sono tuo figlio!” Il padre rispose: “E’ impossibile, mio figlio è morto; ho cremato il suo corpo e porto con me le ceneri. Devi essere un bambino cattivo che sta cercando di imbrogliarmi. Vattene! Smettila di disturbarmi!”

Si rifiutò di aprire la porta. Il bambino non trovò alcun modo di entrare in casa: dovette andarsene, e così quel padre perse per sempre  il figlio

Se ad un certo punto della vostra vita prendete per verità assoluta un idea o una percezione, state chiudendo la porta della mente ed alla fine della ricerca della Verità. Non solo smette di cercare la Verità ma se anche venisse la Verità in persona a bussare alla vostra porta, vi rifiutereste di aprirle.

Storia  e parole del Buddha

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private in studio, telefoniche e/o via Skype:

tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

RENDERSI CONTO DI AVERE LE ALI

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Di seguito riporto questo breve racconto dell’autore Bruno Ferrero, per poi riflettere, dopo la lettura sul significato profondo.
“Un grande re ricevette in omaggio due pulcini di falco e si affrettò a consegnarli al Maestro di Falconeria perché li addestrasse. Dopo qualche mese, il maestro comunicò al re che uno dei due falchi era perfettamente addestrato.
“E l’altro?” chiese il re.
“Mi dispiace, sire, ma l’altro falco si comporta stranamente; forse è stato colpito da una malattia rara, che non siamo in grado di curare. Nessuno riesce a smuoverlo dal ramo dell’albero su cui è stato posato il primo giorno. Un inserviente deve arrampicarsi ogni giorno per portargli cibo”.
Il re convocò veterinari e guaritori ed esperti di ogni tipo, ma nessuno riuscì a far volare il falco.
Incaricò del compito i membri della corte, i generali, i consiglieri più saggi, ma nessuno poté schiodare il falco dal suo ramo.
Dalla finestra del suo appartamento, il monarca poteva vedere il falco immobile sull’albero, giorno e notte.
Un giorno fece proclamare un editto in cui chiedeva ai suoi sudditi un aiuto per il problema.
Il mattino seguente, il re spalancò la finestra e, con grande stupore, vide il falco che volava superbamente tra gli alberi del giardino.
“Portatemi l’autore di questo miracolo”, ordinò.
Poco dopo gli presentarono un giovane contadino.
“Tu hai fatto volare il falco? Come hai fatto? Sei un mago, per caso?” gli chiese il re.
Intimidito e felice, il giovane spiegò: “Non è stato difficile, maestà. Io ho semplicemente tagliato il ramo. Il falco si è reso conto di avere le ali e ha incominciato a volare”.
BRUNO FERRERO, Ma noi abbiamo le ali
Come nel breve racconto, spesso le persone non osano spiccare il volo ed esprimere al meglio le proprie potenzialità
perchè legate troppo alla sicurezza del ramo su cui poggiano o per dirla in termini psicologici alla propria “zona di comfort”
Ma ecco che la vita d’improvviso può far cadere il ramo su cui si è poggiati e solo in quel momento le persone scoprono di poter avere risorse che neanche immaginavano.
Educare, educarci, ad abbandonare la propria “zona di comfort”o il proprio ramo, è uno dei compiti evolutivi
più importanti che l’uomo possa affrontare.

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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CAMBIA L’ELEMENTO E/O LA SITUAZIONE CHE TI CAUSA DOLORE

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“Una figlia si lamentava con suo padre circa la sua vita, e di come le cose le risultavano tanto difficili. Non sapeva come fare per proseguire, e credeva di darsi per vinta. Era stanca di lottare.
Sembrava che quando risolveva un problema, ne apparisse un altro. Suo padre, uno chef di cucina, la portò al suo posto di lavoro.
Lì riempì tre pentole con acqua e le pose sul fuoco. Quando l’acqua delle tre pentole iniziò a bollire, in una collocò carote, in un’altra collocò uova e nell’ultima collocò chicchi di caffé.
Lasciò bollire l’acqua senza dire una parola.
La figlia aspettò impazientemente, domandandosi cosa stesse facendo il padre. Dopo venti minuti, il padre spense il fuoco. Tirò fuori le carote e le collocò in una scodella. Poi tirò fuori le uova e le collocò in un altro piatto. Finalmente, versò il caffé e lo mise in un terzo recipiente. Guardando sua figlia le disse:
” Cara figlia mia, carote, uova o caffé ? “
Poi la fece avvicinare e le chiese di toccare le carote: ella lo fece e notò che erano soffici. In seguito le chiese di prendere un uovo e di romperlo, e mentre lo tirava fuori dal guscio, osservò che l’uovo era diventato sodo. Dopo le chiese che provasse il caffè , ella sorrise, mentre godeva del suo ricco aroma.
Umilmente la figlia domandò:
” Cosa significa questo, papà ? “
Egli le spiegò che i tre elementi avevano affrontato la stessa avversità, ” l’acqua bollente “, ma avevano reagito in maniera differente. La carota si era immersa nell’acqua che era forte, dura, superba, ma quando l’acqua iniziò a bollire era diventata debole,
poco consistente, facile da disfare. L’uovo, invece, si era immerso nell’acqua che era fragile, il suo guscio fine proteggeva il suo interno molle, ma in seguito, per mezzo dell’acqua bollente, il suo interno si era indurito. Invece, i chicchi di caffé, erano unici , dopo essere stati in acqua, bollendo, avevano cambiato l’acqua.
le disse il papà :
” Quale dei tre, sei, figlia mia ? Quando l’avversità suona alla tua porta, come rispondi ?
Sei una carota, che sembra forte, ma quando l’avversità ed il dolore ti toccano, diventi debole e perdi la tua forza ? Oppure sei un uovo, che comincia con un cuore malleabile e buono di spirito, ma che dopo una morte, una separazione, un licenziamento, una delusione, diventa duro e rigido ?
Oppure, sei come un chicco di caffé ? Il caffé cambia l’acqua, l’elemento che gli causa dolore. Quando l’acqua arriva al punto di ebollizione, il caffé raggiunge il suo migliore sapore.
Se sei come il chicco di caffé, quando le cose si mettono al peggio,
saprai reagire in forma positiva, senza lasciarti vincere, e farai in modo che le cose che ti succedono migliorino, perchè esista sempre una luce che illumina la tua strada davanti alle avversità ! “
DAL WEB
Chiedetevi quale delle tre modalità mettete in atto di fronte alle avversità della vita ed adoperatevi al fine di mettere in atto quella che vi permette di cambiare la situazione.

Dott. Roberto Cavaliere

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LA METAFORA DELL’ARAGOSTA SULLA CRESCITA PERSONALE

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Dott. Roberto Cavaliere

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IL RACCONTO TERAPEUTICO DELL’ASINO NEL POZZO

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Un giorno l’asino si sporse troppo nel pozzo e perdendo l’equilibrio vi cadde dentro.

Il pozzo era profondo e l’asino, non potendo risalire, iniziò a ragliare disperatamente. Il contadino non appena lo udì accorse per aiutarlo.

Il contadino cominciò a pensare a da farsi ma il punto era che il pozzo era praticamente secco e l’asino molto vecchio. Il contadino cominciò a pensare che non valeva la pena ingegnarsi e sforzarsi per cercare di recuperare l’animale.

A quel punto chiamò alcuni contadini perché lo aiutassero a seppellire vivo l’asino. Ognuno di loro prese una pala e cominciò a buttare terra all’interno del pozzo. L’asino non tardò a rendersi conto di quello che stavano facendo e cominciò a ragliare ancora più forte.

Dopo un po’ l’asino non emise più alcun suono.

Il contadino si affacciò allora nel pozzo per vedere se fosse già morto, ma con grande stupore, non solo era ancora vivo, ma si stava scrollando di dosso la terra e avendola fatta cadere al suolo ci saliva sopra.

In men che non si dica l’asino riuscì ad arrivare all’apertura del pozzo e a uscirne trottando.

Dott. Roberto Cavaliere

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