I BAMBINI IMPARANO CIO’ CHE VIVONO

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Se i bambini vivono con le critiche,
imparano a condannare.

Se i bambini vivono con l’ostilità,
imparano ad aggredire.

Se i bambini vivono con la paura,
imparano ad essere apprensivi.

Se i bambini vivono con la pietà,
imparano a commiserarsi.

Se i bambini vivono con il ridicolo,
imparano ad essere timidi.

Se i bambini vivono con la gelosia,
imparano a provare invidia.

Se i bambini vivono con la vergogna,
imparano a sentirsi colpevoli.

Se i bambini vivono con l’incoraggiamento,
imparano ad essere sicuri di sé.

Se i bambini vivono con la tolleranza,
imparano ad essere pazienti.

Se i bambini vivono con la lode,
imparano ad apprezzare.

Se i bambini vivono con l’accettazione,
imparano ad amare.

Se i bambini vivono con l’approvazione,
imparano a piacersi.

Se i bambini vivono con il riconoscimento,
imparano che è bene avere un obiettivo.

Se i bambini vivono con la condivisione,
imparano ad essere generosi.

Se i bambini vivono con l’onestà,
imparano ad essere sinceri.

Se i bambini vivono con la correttezza,
imparano cos’è la giustizia.

Se i bambini vivono con la gentilezza e la considerazione,
imparano il rispetto.

Se i bambini vivono con la sicurezza,
imparano ad avere fiducia in sé stessi e nel prossimo.

Se i bambini vivono con la benevolenza,
imparano che il mondo è un bel posto in cui vivere.

 

DOROTHY LAW NOLTE, I bambini imparano ciò che vivono (The Torrance Herald, 1954).

 

Dottor Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

24 CONSIGLI SEMI-SERI SULLA VITA

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Se potessi offrirti un solo suggerimento per il futuro, sarebbe di usare la crema solare. I benefici a lungo termine della crema solare sono stati accertati dagli scienziati, mentre il resto dei miei consigli non hanno altro fondamento affidabile che la mia tortuosa esperienza. Ti darò questi consigli adesso:

1) Goditi potere e bellezza della tua gioventù. Non ci pensare! Il potere di bellezza e gioventù lo capirai solo una volta appassite. Ma credimi, tra vent’anni guarderai quelle tue vecchie foto, e in un modo che non puoi immaginare adesso. Quante possibilità avevi di fronte e che aspetto magnifico avevi! Non eri per niente grasso come ti sembrava.

2) Non preoccuparti del futuro. Oppure preoccupati, ma sapendo che questo ti aiuta quanto masticare un chewing-gum per risolvere un’equazione algebrica. I veri problemi della vita saranno sicuramente cose che non ti erano mai passate per la mente. Di quelle che ti pigliano di sorpresa alle quattro di un pigro martedì pomeriggio.

3) Fa’ una cosa, ogni giorno che sei spaventato. Canta!

4) Non essere crudele col cuore degli altri. Non tollerare la gente che è crudele col tuo.

5) Lavati i denti.

6) Non perdere tempo con l’invidia. A volte sei in testa. A volte resti indietro. La corsa è lunga e alla fine è solo con te stesso.

7) Ricorda i complimenti che ricevi, scordati gli insulti. Se ci riesci veramente, dimmi come si fa.

8) Conserva tutte le vecchie lettere d’amore, butta i vecchi estratti conto.

9) Rilassati.

10) Non sentirti in colpa se non sai cosa vuoi fare della tua vita. Le persone più interessanti che conosco, a ventidue anni non sapevano che fare della loro vita. I quarantenni più interessanti che conosco, ancora non lo sanno.

11) Prendi molto calcio. Sii gentile con le tue ginocchia, quando saranno partite ti mancheranno.

12) Forse ti sposerai o forse no. Forse avrai figli o forse no. Forse divorzierai a quarant’anni. Forse ballerai con lei al settantacinquesimo anniversario di matrimonio. Comunque vada, non congratularti troppo con te stesso, ma non rimproverarti neanche. Le tue scelte sono scommesse. Come quelle di chiunque altro.

13) Goditi il tuo corpo. Usalo in tutti i modi che puoi. Senza paura e senza temere quel che pensa la gente. È il più grande strumento che potrai mai avere.

14) Balla! Anche se il solo posto che hai per farlo è il tuo soggiorno.

15) Leggi le istruzioni, anche se poi non le seguirai. Non leggere le riviste di bellezza. Ti faranno solo sentire orrendo.

16) Cerca di conoscere i tuoi genitori. Non puoi sapere quando se ne andranno per sempre. Tratta bene i tuoi fratelli. Sono il migliore legame con il passato e quelli che più probabilmente avranno cura di te in futuro.

17) Renditi conto che gli amici vanno e vengono. Ma alcuni, i più preziosi, rimarranno.

18) Datti da fare per colmare le distanze geografiche e gli stili di vita, perché più diventi vecchio, più hai bisogno delle persone che conoscevi da giovane.

19) Vivi a New York per un po’, ma lasciala prima che t’indurisca. Vivi anche in California per un po’, ma lasciala prima che ti rammollisca.

20) Accetta alcune inalienabili verità: i prezzi aumenteranno. I politici saranno donnaioli. Anche tu diventerai vecchio. E quando lo diventerai, fantasticherai che quando eri giovane, i prezzi erano ragionevoli, i politici onesti e i bambini rispettavano gli anziani.

21) Rispetta gli anziani.

22) Non aspettarti che qualcuno possa aiutarti. Forse hai un fondo fiduciario. Forse avrai una moglie ricca. Ma non si sa mai quando uno dei due potrebbe esaurirsi.

23) Non fare pasticci coi capelli, se no quando avrai quarant’anni sembreranno di un ottantacinquenne.

24) Sii cauto nell’accettare consigli, ma sii paziente con chi li dispensa. I consigli sono una forma di nostalgia. Dispensarli è un modo di ripescare il passato dal dimenticatoio, ripulirlo, passare la vernice sulle parti più brutte e riciclarlo per più di quel che valga. Ma fidati di me sulla crema solare.

 

MARY SCHMICH, Accetta il consiglio (o Usa la crema solare, pubblicato nel Chicago Tribune, 1997).

 

Dottor Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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NELLA VITA NON SI E’ NE’ FORTUNATI, NE’ SFORTUNATI

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Un’antica storia cinese racconta:

“Tanti anni fa, nelle campagne cinesi, un uomo e suo figlio vivevano in un piccolo villaggio. Non possedevano molto: una baracca, un campo da coltivare e un cavallo per arare il campo.

Un giorno il cavallo scappò. Gli abitanti del villaggio andarono a trovare l’uomo e gli dissero: “Il cavallo era necessario per poter lavorare. Che sfortuna hai avuto!”.

E l’uomo rispose: “Forse sì, forse no. Vedremo”.

La settimana successiva, il cavallo fece ritorno insieme ad altri due cavalli selvatici. L’uomo e il figlio si ritrovarono quindi con tre cavalli. Gli abitanti del villaggio sorrisero all’uomo e gli dissero: “Avevi un solo cavallo e ora ne hai tre. Che fortuna hai avuto!”.

E l’uomo rispose: “Forse sì, forse no. Vedremo”.

Pochi giorni dopo il figlio era intendo a pulire la stalla del cavallo, troppo piccola per contenerne tre. Uno degli animali si agitò e lo colpì con forza, facendolo cadere. Il ragazzo si ruppe la gamba. Gli abitanti del villaggio passarono davanti all’abitazione e dissero al padre: “Tuo figlio è il tuo unico aiutante e famigliare. Che sfortuna hai avuto!”

E l’uomo rispose: “Forse sì, forse no. Vedremo”.

Alcune settimane dopo, alcuni ufficiali dell’esercito arrivarono nel villaggio e iniziarono a reclutare tutti i giovani per portarli a combattere una guerra che sapevano di non poter vincere. Quando passarono dalla casa dell’uomo e videro che suo figlio aveva la gamba rotta, decisero di non portarlo in guerra.

Gli abitanti del villaggio, saputa la notizia, dissero al padre: “I nostri figli vanno a morire in guerra e il tuo invece no. Che fortuna hai avuto!”

E l’uomo, come sempre, rispose: “Forse sì, forse no. Vedremo”.

La storia è una metafora su come gli eventi inaspettati che capitano nella vita di ognuno possono essere valutati positivamente e negativamente solo in una prospettiva temporale futura. Ed anche quando vengono valutati, a distanza di tempo, positivamente e negativamente, possono di nuovo cambiare di segno in seguito ad ulteriori sviluppi futuri.

La vita è una continua alternanza di positivo e negativo

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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L’ELEFANTE NELLA STANZA: QUANDO SI VEDE E NON SI PARLA

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L’Elefante nella stanza  è un’affermazione dei paesi anglosassoni (Elephant in the room) per indicare una verità e/o un problema che, per quanto palesi ed appariscenti per tutti, vengono ignorati o non presi nella giusta considerazione.

Si fa riferimento ad un elefante dentro una stanza che sarebbe impossibile da non vedere; quindi, se le persone all’interno della stanza fanno finta che questo non sia presente, la ragione è che così facendo sperano di evitare di affrontare un problema più che palese. Questo atteggiamento è tipicamente adottato in presenza di vari tipi di problematiche più o meno gravi.

L’Elefante nella stanza può essere a livello individuale, di coppia, familiare e sociale.

A livello individuale quando si è  consapevoli di una problematica personale, ma non palese agli altri e  si continua a non volerne prendere pienamente consapevolezza e/o a non volerle parlare e/o affrontare in nessun modo.

A livello di coppia si verifica allorquando la coppia ha un profondo disagio e/o un’accentuata distanza intepersonale e nessuno dei componenti, pur essendo consapevoli, fa niente per discuterne. Classico esempio è la presenza di un terzo nella coppia (amante) di cui si fa finta di ignorarne la presenza da parte di entrambi. Si ha anche nelle relazioni di coppia allargate come nell’amicizia.

A livello familiare quando è presente una problematica quale: la violenza di vario genere in famiglia, la presenza di una grave malattia fisica e tutti tendono a minimizzare, un segreto familiare che rimane latente e via dicendo. In questi casi nessuno dei componenti ne parla e ne discute: una sorta di omertà familiare.

A livello sociale si verifica sopratutto nelle organizzazioni o nei gruppi, allorquando tutti sanno che qualcosa non và ma nessuno osa affrontare la problematica.

Le ragioni che spingono a non voler vedere l’Elefante nella stanza possono essere diverse: timore di rompere degli equilibri, paura di perdere la relazione coll’altro, incapacità di comunicare i propri pensieri e le proprie emozioni e tant’altro ancora.

Come uscirne ?

  • Affermare tutti insieme ed a voce alta che l’Elefante c’è e bisogna parlarne.
  • Accettare, momentaneamente, la presenza dell’Elefante e non tentare di cacciarlo subito via
  • Accoglierlo con dolcezza come si farebbe con un vero Elefante.
  • Pian piano, riportarlo nel suo habitat naturale, vale a dire trovare la via d’uscita dalla problematica

Dott. Roberto Cavaliere

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IL SEGRETO DELLA FELICITA’

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… Un mercante, una volta, mandò il figlio ad apprendere il segreto della felicità dal più saggio di tutti gli uomini. Il ragazzo vagò per quaranta giorni nel deserto, finché giunse a un meraviglioso castello in cima a una montagna. Là viveva il Saggio che il ragazzo cercava.

 Invece di trovare un sant’uomo, però, il nostro eroe entrò in una sala dove regnava un’attività frenetica: mercanti che entravano e uscivano, ovunque gruppetti che parlavano, una orchestrina che suonava dolci melodie. E c’era una tavola imbandita con i più deliziosi piatti di quella regione del mondo. Il Saggio parlava con tutti, e il ragazzo dovette attendere due ore prima che arrivasse il suo turno per essere ricevuto.

 Il Saggio ascoltò attentamente il motivo della visita, ma disse al ragazzo che in quel momento non aveva tempo per spiegargli il segreto della felicità. Gli suggerì di fare un giro per il palazzo e di tornare dopo due ore.

 “Nel frattempo, voglio chiederti un favore”, concluse il Saggio, consegnandogli un cucchiaino da tè su cui versò due gocce d’olio. “Mentre cammini, porta questo cucchiaino senza versare l’olio.”

 Il ragazzo cominciò a salire e scendere le scalinate del palazzo, sempre tenendo gli occhi fissi sul cucchiaino. In capo a due ore, ritornò al cospetto del Saggio.

 Allora, gli domandò questi: “Hai visto gli arazzi della Persia che si trovano nella mia sala da pranzo? Hai visto i giardini che il Maestro dei Giardinieri ha impiegato dieci anni a creare? Hai notato le belle pergamene della mia biblioteca?”

 Il ragazzo, vergognandosi, confessò di non avere visto niente. La sua unica preoccupazione era stata quella di non versare le gocce d’olio che il Saggio gli aveva affidato.

 “Ebbene, allora torna indietro e guarda le meraviglie del mio mondo”, disse il Saggio. “Non puoi fidarti di un uomo se non conosci la sua casa.”

 Tranquillizzato, il ragazzo prese il cucchiaino e di nuovo si mise a passeggiare per il palazzo, questa volta osservando tutte le opere d’arte appese al soffitto e alle pareti. Notò i giardini, le montagne circostanti, la delicatezza dei fiori, la raffinatezza con cui ogni opera d’arte disposta al proprio posto. Di ritorno al cospetto del Saggio, riferì particolareggiatamente su tutto quello che aveva visto.

 “Ma dove sono le due gocce d’olio che ti ho affidato?” domandò il Saggio.

 Guardando il cucchiaino, il ragazzo si accorse di averle versate.

 “Ebbene, questo è l’unico consiglio che ho da darti”, concluse il più Saggio dei saggi.

 “Il segreto della felicità consiste nel guardare tutte le meraviglie del mondo senza dimenticare le due gocce d’olio nel cucchiaino.”

– Il segreto della felicita- tratto dall’Alchimista di P. Coelho

Dott. Roberto Cavaliere

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NON DARE MAI PER SCONTATA LA VERITA’

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Un mercante, vedovo, era partito per un viaggio d’affari lasciando a casa il figlio piccolo.

Durante la sua assenza arrivò un gruppo di banditi che saccheggiò e poi incendiò l’intero villaggio. Il mercante, al ritorno, non trovò più la sua casa, ridotta a un cumulo di ceneri, e lì vicino trovò il cadavere carbonizzato di un bambino. Si gettò a terra e pianse a lungo, battendosi il petto e strappandosi i capelli.

Il giorno dopo, il mercante fece cremare il piccolo corpo, quel figlio così caro era l’unica ragione della sua esistenza, dunque cucì un bel sacchettino di velluto e vi mise dentro le ceneri. Dovunque andasse, portava con sè quel sacchetto. L’aveva sempre addosso, quando mangiava, quando dormiva, quando lavorava.

In realtà suo figlio era stato rapito dai banditi. Tre mesi dopo era riuscito a scappare e a tornare a casa; arrivò che erano le due di notte, bussò alla porta della nuova casa che il padre si era costruito. Il povero padre, che giaceva a letto in lacrime, stringendosi al petto il sacchetto con le ceneri, chiese: “Chi è?” “Sono io, sono tuo figlio!” Il padre rispose: “E’ impossibile, mio figlio è morto; ho cremato il suo corpo e porto con me le ceneri. Devi essere un bambino cattivo che sta cercando di imbrogliarmi. Vattene! Smettila di disturbarmi!”

Si rifiutò di aprire la porta. Il bambino non trovò alcun modo di entrare in casa: dovette andarsene, e così quel padre perse per sempre  il figlio

Se ad un certo punto della vostra vita prendete per verità assoluta un idea o una percezione, state chiudendo la porta della mente ed alla fine della ricerca della Verità. Non solo smette di cercare la Verità ma se anche venisse la Verità in persona a bussare alla vostra porta, vi rifiutereste di aprirle.

Storia  e parole del Buddha

 

Dott. Roberto Cavaliere

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RENDERSI CONTO DI AVERE LE ALI

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Di seguito riporto questo breve racconto dell’autore Bruno Ferrero, per poi riflettere, dopo la lettura sul significato profondo.
“Un grande re ricevette in omaggio due pulcini di falco e si affrettò a consegnarli al Maestro di Falconeria perché li addestrasse. Dopo qualche mese, il maestro comunicò al re che uno dei due falchi era perfettamente addestrato.
“E l’altro?” chiese il re.
“Mi dispiace, sire, ma l’altro falco si comporta stranamente; forse è stato colpito da una malattia rara, che non siamo in grado di curare. Nessuno riesce a smuoverlo dal ramo dell’albero su cui è stato posato il primo giorno. Un inserviente deve arrampicarsi ogni giorno per portargli cibo”.
Il re convocò veterinari e guaritori ed esperti di ogni tipo, ma nessuno riuscì a far volare il falco.
Incaricò del compito i membri della corte, i generali, i consiglieri più saggi, ma nessuno poté schiodare il falco dal suo ramo.
Dalla finestra del suo appartamento, il monarca poteva vedere il falco immobile sull’albero, giorno e notte.
Un giorno fece proclamare un editto in cui chiedeva ai suoi sudditi un aiuto per il problema.
Il mattino seguente, il re spalancò la finestra e, con grande stupore, vide il falco che volava superbamente tra gli alberi del giardino.
“Portatemi l’autore di questo miracolo”, ordinò.
Poco dopo gli presentarono un giovane contadino.
“Tu hai fatto volare il falco? Come hai fatto? Sei un mago, per caso?” gli chiese il re.
Intimidito e felice, il giovane spiegò: “Non è stato difficile, maestà. Io ho semplicemente tagliato il ramo. Il falco si è reso conto di avere le ali e ha incominciato a volare”.
BRUNO FERRERO, Ma noi abbiamo le ali
Come nel breve racconto, spesso le persone non osano spiccare il volo ed esprimere al meglio le proprie potenzialità
perchè legate troppo alla sicurezza del ramo su cui poggiano o per dirla in termini psicologici alla propria “zona di comfort”
Ma ecco che la vita d’improvviso può far cadere il ramo su cui si è poggiati e solo in quel momento le persone scoprono di poter avere risorse che neanche immaginavano.
Educare, educarci, ad abbandonare la propria “zona di comfort”o il proprio ramo, è uno dei compiti evolutivi
più importanti che l’uomo possa affrontare.

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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CAMBIA L’ELEMENTO E/O LA SITUAZIONE CHE TI CAUSA DOLORE

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“Una figlia si lamentava con suo padre circa la sua vita, e di come le cose le risultavano tanto difficili. Non sapeva come fare per proseguire, e credeva di darsi per vinta. Era stanca di lottare.
Sembrava che quando risolveva un problema, ne apparisse un altro. Suo padre, uno chef di cucina, la portò al suo posto di lavoro.
Lì riempì tre pentole con acqua e le pose sul fuoco. Quando l’acqua delle tre pentole iniziò a bollire, in una collocò carote, in un’altra collocò uova e nell’ultima collocò chicchi di caffé.
Lasciò bollire l’acqua senza dire una parola.
La figlia aspettò impazientemente, domandandosi cosa stesse facendo il padre. Dopo venti minuti, il padre spense il fuoco. Tirò fuori le carote e le collocò in una scodella. Poi tirò fuori le uova e le collocò in un altro piatto. Finalmente, versò il caffé e lo mise in un terzo recipiente. Guardando sua figlia le disse:
” Cara figlia mia, carote, uova o caffé ? “
Poi la fece avvicinare e le chiese di toccare le carote: ella lo fece e notò che erano soffici. In seguito le chiese di prendere un uovo e di romperlo, e mentre lo tirava fuori dal guscio, osservò che l’uovo era diventato sodo. Dopo le chiese che provasse il caffè , ella sorrise, mentre godeva del suo ricco aroma.
Umilmente la figlia domandò:
” Cosa significa questo, papà ? “
Egli le spiegò che i tre elementi avevano affrontato la stessa avversità, ” l’acqua bollente “, ma avevano reagito in maniera differente. La carota si era immersa nell’acqua che era forte, dura, superba, ma quando l’acqua iniziò a bollire era diventata debole,
poco consistente, facile da disfare. L’uovo, invece, si era immerso nell’acqua che era fragile, il suo guscio fine proteggeva il suo interno molle, ma in seguito, per mezzo dell’acqua bollente, il suo interno si era indurito. Invece, i chicchi di caffé, erano unici , dopo essere stati in acqua, bollendo, avevano cambiato l’acqua.
le disse il papà :
” Quale dei tre, sei, figlia mia ? Quando l’avversità suona alla tua porta, come rispondi ?
Sei una carota, che sembra forte, ma quando l’avversità ed il dolore ti toccano, diventi debole e perdi la tua forza ? Oppure sei un uovo, che comincia con un cuore malleabile e buono di spirito, ma che dopo una morte, una separazione, un licenziamento, una delusione, diventa duro e rigido ?
Oppure, sei come un chicco di caffé ? Il caffé cambia l’acqua, l’elemento che gli causa dolore. Quando l’acqua arriva al punto di ebollizione, il caffé raggiunge il suo migliore sapore.
Se sei come il chicco di caffé, quando le cose si mettono al peggio,
saprai reagire in forma positiva, senza lasciarti vincere, e farai in modo che le cose che ti succedono migliorino, perchè esista sempre una luce che illumina la tua strada davanti alle avversità ! “
DAL WEB
Chiedetevi quale delle tre modalità mettete in atto di fronte alle avversità della vita ed adoperatevi al fine di mettere in atto quella che vi permette di cambiare la situazione.

Dott. Roberto Cavaliere

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OGNUNO PROIETTA SULL’ALTRO QUELLO CHE HA DENTRO

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“Una breve storia zen, recita:
C’era una volta un vecchio saggio seduto ai bordi di un’oasi all’entrata di una città del Medio Oriente.
Un giovane si avvicinò e gli domandò:
“Non sono mai venuto da queste parti. Come sono gli abitanti di questa città?”
L’uomo rispose a sua volta con una domanda:
“Come erano gli abitanti della città da cui venivi?”
“Egoisti e cattivi. Per questo sono stato contento di partire di là”.
“Così sono gli abitanti di questa città!”, gli rispose il vecchio saggio.
Poco dopo, un altro giovane si avvicinò all’uomo e gli pose la stessa domanda:
“Sono appena arrivato in questo paese. Come sono gli abitanti di questa città?”
L’uomo rispose di nuovo con la stessa domanda:
“Com’erano gli abitanti della città da cui vieni?”.
“Erano buoni, generosi, ospitali, onesti. Avevo tanti amici e ho fatto molta fatica a lasciarli!”.
“Anche gli abitanti di questa città sono così!”, rispose il vecchio saggio.
Un mercante che aveva portato i suoi cammelli all’abbeveraggio aveva udito le conversazioni e quando il secondo giovane si allontanò si rivolse al vecchio in tono di rimprovero:
“Come puoi dare due risposte completamente differenti alla stessa domanda posta da due persone?
“Figlio mio”, rispose il saggio, “ciascuno porta nel suo cuore ciò che è.
Chi non ha trovato niente di buono in passato, non troverà niente di buono neanche qui.
Al contrario, colui che aveva degli amici leali nell’altra città,troverà anche qui degli amici leali e fedeli.
Perché, vedi, ogni essere umano è portato a vedere negli altri quello che è nel suo cuore.”
Il racconto zen è impernato sul meccanismo di proiezione ben descritto dalla psicanalisi. Vale a dire ognuno proietta all’esterno ciò che risiede dentro di sé. Prendere coscienza delle proprie personali proiezioni permette d’identificarle al fine di poter avere una visione maggiormente obiettiva dei comportamenti altrui.

Dott. Roberto Cavaliere

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