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IL CORAGGIO DI TENTARE

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È una frase di Pablo Picasso: “Dio è soprattutto un artista. Ha inventato la giraffa, l’elefante, la formica. In verità, egli non ha mai cercato di seguire uno stile: semplicemente ha fatto tutto quello che aveva voglia di fare.”

È la volontà di proseguire che crea il nostro cammino. Eppure, quando iniziamo il viaggio verso il sogno, siamo molto impauriti, come se fossimo obbligati a fare tutto per benino. In definitiva, se le nostre vite sono diverse, chi ha inventato il modello “tutto per benino”? Dio ha creato la giraffa, l’elefante e la formica e, visto che noi cerchiamo di vivere a sua immagine e somiglianza, perché dobbiamo seguire un modello?

Talvolta l’esempio può risultare utile per evitare stupidi errori commessi da altri, ma solitamente è una prigione che costringe a ripetere ciò che fanno tutti.

Essere coerenti significa dover indossare la cravatta in tinta con le calze? Vuol dire essere obbligati a mantenere le medesime opinioni anche in futuro? E allora, dov’è il movimento del mondo?

Purché il tuo comportamento non pregiudichi la libertà di nessuno, cambia pure opinione di tanto in tanto, e cadi in contraddizione senza provare alcuna vergogna. Ne hai il diritto: non deve importarti niente delle opinioni degli altri -in qualsiasi caso, ne avrebbero comunque una.

Quando decidiamo di agire, si verificano sempre alcuni eccessi. Un antico detto gastronomico recita: “Per fare un’omelette, prima di tutto bisogna rompere l’uovo.” Allo stesso modo, è naturale che sorgano inaspettatamente dei conflitti, che determinano un certo numero di ferite. Le quali si rimarginano, lasciando solo le cicatrici.

Si tratta di una benedizione, poiché queste ci accompagnano per il resto dell’esistenza, fornendoci un enorme aiuto. Se, per egoismo o per qualsiasi altra ragione, in un certo momento della vita saremo assaliti dalla voglia di tornare al passato, sarà sufficiente guardarle. Esse ci mostreranno il segno delle manette, ci ricorderanno gli orrori della prigionia -e noi troveremo la forza di andare avanti.

Di conseguenza, rilassati. Lascia che l’Universo intorno a te si muova e scopri la gioia di essere una sorpresa anche per te stesso. “Dio scelse le cose folli del mondo per svergognare i saggi” ha scritto San Paolo.

Un guerriero della luce sa che alcuni momenti si ripetono: spesso deve cimentarsi con gli stessi problemi e affrontare situazioni già sperimentate in precedenza.

Allora si deprime. Comincia a pensare di essere incapace di progredire nella vita, giacché gli sta accadendo quello che ha vissuto in passato.
“Sono situazioni che ho già affrontato,” si lamenta, rivolgendosi al proprio cuore.
“Sì, sono situazioni con le quali di sei già cimentato,” replica il cuore. “Tuttavia non le hai mai superate.”
Il guerriero prende allora coscienza che la ripetizione delle esperienze ha uno scopo: insegnargli ciò che ancora non ha imparato. Egli dà sempre una soluzione diversa per ogni lotta che si ripete -e non considera le proprie mancanze alla stregua di errori: sono i passi che lo porteranno a ritrovare sé stesso.

Paulo Coelho, da Come il fiume che scorre

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private (anche telefoniche o via Skype) tel.320-8573502 email:cavaliere@iltuopsicologo.it

TRAINING INDIVIDUALE “IMPARARE A DIRE NO PER DIRE SI”

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NO é NO
e c’ é solo un modo di dirlo.
No.
Senza stupori, ne indugi,ne punti sospensivi.
No, si dice solo in un modo.
È corto, veloce, monocorde,sobrio, conciso,
No.
Si dice una sola volta No.
Con la medesima intonazione, No.
Il No che ha bisogno di una lunga camminata
o di una riflessione nel giardino, non è un No.
No, ha la brevitá di un secondo.
È un no per l’ altro, perchè lo è giá stato per noi stessi.
No è No, qui, e molto lontano da qui.
Il No é la fine di un libro, senza più capitoli nè secondi parti.
Il No non si dice via lettera
non si dice con i silenzi,
a bassa voce
o urlando o con la testa china o guardando da un ‘ altra parte, o con dei simboli ribaltati,
nemmeno con pena, e men che meno con soddisfazione.
No é No perché é No.
Quando il No é No si stacca naturalmente dalle labbra.
La voce del No non è tremula,
ne vacillante, ne aggressiva,
non si lascia dietro dei dubbi.
Quel No è una negazione del passato,
é una correzione del futuro.
È solo chi sa dire No un giorno imparerá a dire Sì.
Hugo Finkelstein

Tutti possiamo avere difficoltà a dire NO quando vorremmo dirlo e conseguentemente si trasforma in un SI forzato o quanto meno in un NI. Ma se questa difficoltà diviene sempre più presente e/o lo è sempre stata forse è arrivato il momento di “Imparare a dire NO per imparare a dire SI”

Per poter “imparare” è necessario capire innanzitutto le possibili cause che si nascondono dietro questa difficoltà quali:

  • Timidezza,
  • Desiderio di compiacere a tutti i costi,
  • Passività,
  • Modello educativo
  • Timore della reazione dell’altro,
  • Desiderio di essere accettato
  • Modello comunicativo e relazionale di tipo passivo

e tanti altri ancora.

Anche l’estremo opposto di dire spesso e/o sempre NO rivela difficoltà individuali, nella comunicazione e nella relazione rivelando, frequentemente, uno stile aggressivo, egoista, e/o poco empatico. Paradossalmente anche in questo caso diventa necessario “Imparare a dire NO per imparare a dire SI” al fine di migliorare comunicazione e relazione coll’altro.

Utile diventa quindi effettuare un TRAINING INDIVIDUALE SUL “IMPARARE A DIRE NO PER IMPARARE A DIRE SI”  per individuare prima le CAUSE individuali, poi delineare le INDICAZIONI TERAPEUTICHE individuali per il loro superamento ed infine METTERLE IN ATTO individualmente attraverso un costante ALLENAMENTO.

Tale TRAINING INDIVIDUALE si sviluppa in tre sedute individuali di un’ora ognuna da effettuare col Dottor Roberto Cavaliere negli studi di Milano, Roma, Napoli o Vietri sul Mare (Costiera Amalfitana) o anche telefonicamente o via Skype per chi ha difficolta a venire in studio

SEDUTA: Approfondire possibili CAUSE attraverso una breve storia personale delle dinamiche affetive, relazionali e comunicative passate

SEDUTA: delineare le INDICAZIONI TERAPEUTICHE per sviluppare il training alla luce delle cause individuate nella precedente seduta

SEDUTA: predisporre ALLENAMENTO con esercizi da fare in seduta alla luce delle inidcazioni emerse nella seduta precedente

Costo totale delle 3 sedute euro 200 (detraibile fiscalmente)

Possibilità di follow-up successivo per seguire andamento ed eventuale criticità che emergono dall’attuazione dell’allenamento e/o training

PER INFO E CONTATTI : tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

Dott. Roberto Cavaliere (clicca sul nome per curriculum professionale) 

 Psicologo, Psicoterapeuta  Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

IMPARARE A DIRE “NO” PER IMPARARE A DIRE “SI”

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NO é NO
e c’ é solo un modo di dirlo.
No.
Senza stupori, ne indugi,ne punti sospensivi.
No, si dice solo in un modo.
È corto, veloce, monocorde,sobrio, conciso,
No.
Si dice una sola volta No.
Con la medesima intonazione, No.
Il No che ha bisogno di una lunga camminata
o di una riflessione nel giardino, non è un No.
No, ha la brevitá di un secondo.
È un no per l’ altro, perchè lo è giá stato per noi stessi.
No è No, qui, e molto lontano da qui.
Il No é la fine di un libro, senza più capitoli nè secondi parti.
Il No non si dice via lettera
non si dice con i silenzi,
a bassa voce
o urlando o con la testa china o guardando da un ‘ altra parte, o con dei simboli ribaltati,
nemmeno con pena, e men che meno con soddisfazione.
No é No perché é No.
Quando il No é No si stacca naturalmente dalle labbra.
La voce del No non è tremula,
ne vacillante, ne aggressiva,
non si lascia dietro dei dubbi.
Quel No è una negazione del passato,
é una correzione del futuro.
È solo chi sa dire No un giorno imparerá a dire Sì.
Hugo Finkelstein

Tutti possiamo avere difficoltà a dire NO quando vorremmo dirlo e conseguentemente si trasforma in un SI forzato o quanto meno in un NI. Ma se questa difficoltà diviene sempre più presente e/o lo è sempre stata forse è arrivato il momento di “Imparare a dire NO per imparare a dire SI”

Per poter “imparare” è necessario capire innanzitutto le possibili cause che si nascondono dietro questa difficoltà quali:

  • Timidezza,
  • Desiderio di compiacere a tutti i costi,
  • Passività,
  • Modello educativo
  • Timore della reazione dell’altro,
  • Desiderio di essere accettato
  • Modello comunicativo e relazionale di tipo passivo

e tanti altri ancora.

Anche l’estremo opposto di dire spesso e/o sempre NO rivela difficoltà individuali, nella comunicazione e nella relazione rivelando, frequentemente, uno stile aggressivo, egoista, e/o poco empatico. Paradossalmente anche in questo caso diventa necessario “Imparare a dire NO per imparare a dire SI” al fine di migliorare comunicazione e relazione coll’altro.

Utile diventa quindi effettuare un TRAINING INDIVIDUALE SUL “IMPARARE A DIRE NO PER IMPARARE A DIRE SI” (vedi il seguente link) per individuare prima le CAUSE individuali, poi delineare le INDICAZIONI TERAPEUTICHE individuali per il loro superamento ed infine METTERLE IN ATTO individualmente attraverso un costante ALLENAMENTO.

PER INFO E CONTATTI : tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

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IL RACCONTO TERAPEUTICO DELLA GARA DEI RANOCCHI

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Quel giorno si sarebbe tenuta una famosa competizione di ranocchi. Il primo a raggiungere la sommità della torre sarebbe stato il vincitore.

La folla giunse da ogni parte della città ad ammirare la gara ma non appena iniziò si accorsero di quanto fosse alta quella torre.

I ranocchi cominciarono a saltare con grande determinazione ma tra la folla cominciarono a farsi largo alcuni commenti: “È impossibile. Non ce la faranno mai”.

I ranocchi continuavano con impegno e tenacia a saltare ma tra le persone cominciarono a farsi sempre più forti i dubbi su quella gara. La gente non credeva possibile che i ranocchi potessero raggiungere la cima della torre: “È troppo alta! Non ce la possono fare!”. Alcuni ranocchi udendo tali commenti cominciarono ad abbandonare la competizione, mentre altri continuarono la loro corsa.

Nel frattempo la folla proseguiva con i suoi commenti: “Poveretti, che pena! Non ce la faranno mai!”. Altri ranocchi ascoltando quei commenti si accorsero di quanto fosse realmente alta la torre e seppur con grande dispiacere si ritirarono dalla gara.

Le persone che osservavano la competizione continuavano a commentare a gran voce: “E’ troppo alta, non ce la faranno mai!”.

Di lì a poco tutti i ranocchi si diedero per vinti, tranne uno che, con grande fatica, arrivò fino alla vetta della torre.

Tutti vollero sapere come quel ranocchio avesse fatto a compiere un’impresa così difficile e quando si avvicinarono a lui per chiederglielo fecero una curiosa scoperta: quel ranocchio vincitore… era sordo!

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

IL RACCONTO TERAPEUTICO DELL’ALBERO TRISTE

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C’era una volta un bellissimo giardino, con alberi e fiori di ogni tipo, meli, aranci e rose. Tutti felici e soddisfatti. C’era solo felicità in quel giardino, tranne che per un albero che era molto triste. Il povero albero aveva un problema: non sapeva chi fosse!

“Ti manca la concentrazione” gli disse il melo “se davvero ti impegni, puoi fare mele deliziose. Guarda com’è facile”.

“Non ascoltarlo” intervenne il cespuglio di rose “e guarda quanto siamo belle noi!”.

L’albero disperato provò a seguire ogni consiglio. Cercò di produrre mele e far sbocciare rose ma, non riuscendo, a ogni tentativo si sentiva sempre più frustrato.

Un giorno un gufo arrivò nel giardino.

Era il più saggio di tutti gli uccelli e vedendo la disperazione dell’albero esclamò: “Non ti preoccupare. Il tuo problema non è così serio. È lo stesso di tanti esseri umani! Ti darò io la soluzione: non passare la tua vita ad essere ciò che gli altri vogliono che tu sia. Sii te stesso. Conosci te stesso e per far ciò ascolta la tua voce interiore”. Poi il gufo scomparve.

“La mia voce interiore? Essere me stesso? Conoscere me stesso?” l’albero disperato pensava tra sé e sé alle parole del gufo quando all’improvviso comprese. Si tappò le orecchie e aprì il suo cuore e sentì la sua voce interiore che gli stava dicendo “Non darai mai mele perché non sei un melo, e non fiorirai ogni primavera perché non sei un cespuglio di rose. Tu sei una Sequoia, e il tuo destino è crescere alto e maestoso. Sei qui per offrire riparo agli uccelli, ombra ai viaggiatori, bellezza al paesaggio! Tu hai questa missione! Seguila!”.

A queste parole l’albero si sentì forte e sicuro di sé e cessò ogni tentativo di diventare qualcun altro ed esattamente quello che gli altri si aspettavano da lui. In breve tempo riempì il suo spazio e divenne ammirato e rispettato da tutti. Solo da quel momento il giardino divenne completamente felice.

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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ASSERTIVITA’

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Il comportamento assertivo è quel comportamento attraverso il quale si affermano i propri punti di vista, senza prevaricare né essere prevaricati. Si esprime attraverso la capacità di utilizzare in ogni contesto relazionale la modalità di comunicazione più adeguata.Potremmo anche definire l’assertività come quel punto d’equilibrio fra uno stile comunicativo passivo ed uno aggressivo. Con essa viene adottato uno stile comunicativo che permette all’individuo di esprimere le proprie opinioni, le proprie emozioni e di impegnarsi a risolvere positivamente le situazioni e i problemi. Non esiste una risposta assertiva definibile in modo assoluto, essa deve essere valutata all’interno della situazione sociale ed è un processo continuo di aggiustamento della propria performance comunicativa. Il comportamento assertivo quindi non è intermedio tra il comportamento aggressivo e passivo: obiettivo per una comunicazione assertiva è la capacità di ridurre le proprie componenti aggressive e passive. L’assertività è un modo di comunicare che nasce dall’armonia tra abilità sociali, emozioni e razionalità senza necessariamente modificare la propria personalità. In questa integrazione entra in gioco l’aspetto neurovegetativo per le emozioni, quello motorio volontario per i gesti e le azioni ed infine quello corticale-cognitivo per i pensieri e le verbalizzazioni. Tra questi tre aspetti della personalità esiste un rapporto di interdipendenza per cui migliorare l’assertività significa agire su ognuno dei tre. Non solo è importante conoscere le tecniche per migliorare l’assertività, ma occorre sviluppare nuove abitudini di comportamento e perfezionare l’educazione dei sentimenti e delle emozioni. Familiarizzarsi con il mondo dei sentimenti richiede, infatti, “un’educazione sentimentale”. La struttura concettuale dell’assertività è l’ordine che ciascuno pone nella propria vita, quando con maggiore consapevolezza pensa a se stesso e interagisce con le altre persone. Questo modo di agire permette di stabilire un rapporto attivo e intelligente che si basa sulla valutazione corretta della situazione e sull’avere a disposizione i mezzi adeguati per poter scegliere la soluzione più appropriata. Il costrutto dell’assertività è costituito dall’idea di libertà come capacità di affrancarsi dai condizionamenti ambientali negativi e comprende la conoscenza di sé e della propria personalità, della teoria dei diritti assertivi (in ciò è inclusa l’idea della reciprocità, ovvero il medesimo diritto di comunicare desideri e convinzioni e di perseguire obiettivi individuali viene riconosciuto anche agli altri, il saper riconoscere e criticare le idee irrazionali che generano e mantengono i disagi e i disturbi emotivi). Il secondo aspetto riguarda la forma dell’assertività, ovvero la capacità di esprimersi in modo più evoluto ed efficace, tradotta quindi in abilità non verbali e verbali, e, più in generale, in competenza sociale. Tale aspetto è stato definito da L. Philhps (1968) come “l’ampiezza con cui l’individuo riesce a comunicare con gli altri, in modo da soddisfare diritti, esigenze, motivazioni e obblighi, in misura ragionevole e senza pregiudicare gli analoghi diritti delle altre persone, in forma di libero e aperto dialogo”. In questo caso la persona assertiva sa esprimere in modo chiaro e tecnicamente efficace, emozioni, sentimenti, esigenze e convinzioni personali riducendo sempre più le sensazioni d’ansia, disagio o aggressività. A questa modalità comunicativa si contrappone uno stile comunicativo passivo e aggressivo.

Caratteristiche del tipo aggressivo

Il soggetto con questo stile è una persona che non rispetta i limiti degli altri, è concentrato sui propri desideri senza badare a coloro che gli sono intorno. Per fare questo utilizza qualsiasi mezzo a propria disposizione, anche distruttivo e violento. La tendenza è quella di dominare gli altri e l’unico obiettivo che si pone è il potere personale e sociale. Alla base di questo tipo di comportamento vi sono ancora delle componenti d’ansia accompagnate però da rabbia e ostilità. C’è anche un disprezzo degli altri e un mancato riconoscimento della dignità altrui.

Caratteristiche del tipo passivo

Il soggetto con uno stile di comunicazione passivo pensa più ad accontentare gli altri che non se stesso, è facilmente influenzabile e subisce le situazioni senza opporsi. È un soggetto che ha un’elevata ansia sociale, che non riesce ad esprimere adeguatamente i propri bisogni e le proprie esigenze. Il suo obiettivo è ottenere il consenso di tutti ed evitare qualsiasi forma di contrasto con gli altri. Nel breve termine questo tipo di atteggiamento è utile per ridurre l’ansia, ma finisce col limitare notevolmente la capacità dì azione della persona. Alla base di questo atteggiamento vi sono spesso sensi di colpa associati ad una forte componente ansiosa.

I livelli dell’assertività

La struttura concettuale dell’assertività è basata sulla funzionalità di cinque livelli ognuno dei quali ne definisce un aspetto. Il primo livello è costituito dalla capacità di riconoscere le emozioni, il cui obiettivo riguarda l’autonomia emotiva e la percezione delle emozioni senza il coinvolgimento negativo legato alla presenza di altre persone (arrossire, balbettare, vergognarsi, ecc.). Il secondo livello: la capacità di comunicare emozioni e sentimenti, anche negativi, attraverso molteplici strumenti comunicativi rappresenta il secondo livello che riguarda la libertà espressiva, ovvero il controllo delle reazioni motorie senza che queste siano alterate o inibite dall’ansia e dalla tensione. Al terzo livello troviamo la consapevolezza dei propri diritti nel senso di avere rispetto per sé e per gli altri. Esso ha un ruolo centrale nella teoria dell’assertività in quanto la distinzione tra i comportamenti aggressivi, passivi e assertivi si fonda sui diritti e sul principio di reciprocità. Il quarto livello è rappresentato dalla disponibilità ad apprezzare se stessi e gli altri. Questo implica la stima di sé, la capacità di valorizzare gli aspetti positivi dell’esperienza con una visione funzionale e costruttiva del proprio ruolo sociale. L’ultimo livello è relativo alla capacità di auto-realizzarsi e di poter decidere sui fini della propria vita. Per raggiungere tale obiettivo è necessario possedere un’immagine positiva di se stessi, fiducia e sicurezza personale. Il possedere tali caratteristiche comporta una maggiore capacità di autocontrollo, di intervento sulle situazioni e di soluzione dei problemi, un “ambiente interno” rilassante che permette di percepire le difficoltà non come occasioni negative di frustrazione, ma come ostacoli da superare abilmente. Gli obiettivi dei vari livelli vengono raggiunti intervenendo sia sull’aspetto concettuale, di contenuto, sia sull’aspetto tecnico, riguardante il modo di agire e di comunicare.

Le componenti dell’Assertività

AUTOSTIMA Autostima come il giudizio che ogni individuo dà del proprio valore. E’ anche avere fiducia nelle proprie capacità di pensare, scegliere e prendere decisioni..

Essa si può modificare durante l’intera vita influenzata da successi e fallimenti. Successi e fallimenti che viviamo attualmente, che abbiamo già vissuto, che pensiamo di vivere nel futuro.

OBIETTIVI CHIARI L’avere obiettivi chiari può aumentare la percentuale di successi ed influire, così, positivamente sull’autostima personale.

SAPER ASCOLTARE Spesso lamentiamo che gli altri non ci ascoltano, ma chiediamoci anche se noi sappiamo ascoltare gli altri.

SAPER ASSUMERE RISCHI Affermare le proprie convinzioni e comunicare le proprie aspettative.

SAPER DIRE DI NO Fondamentale è saper dire di no senza sentirsi in colpa. Non è piacevole per nessuno dire di “no” , ma diventa essenziale quando:

  • -dire di “si” non aiuta né noi, né l’altro
  • -non sono presenti elementi obiettivi per dire di “sì”
  • -dire di “no” aiuta direttamente o indirettamente l’altro.

Il nostro “no” và motivato, spiegato, espresso in modo non aggressivo suggerendo delle alternative.

SAPER AMMETTERE GLI SBAGLI Sbagliare non è piacevole, ma è ancora più spiacevole scoprire di essere così poco importanti che non se ne accorge nessuno.

CRITICARE IN MANIERA COSTRUTTIVA Affrontare il problema in maniera razionale, obiettiva, non emotiva. La critica è espressa in maniera impersonale senza ferire l’altro e nessuno è vincente.

La critica deve essere posta in maniera specifica e riguardare il comportamento e non la persona.

Conseguentemente è l’osservazione di un fatto e non un’accusa o un giudizio emotivo. Il suo scopo è correggere in maniera costruttiva.

TECNICHE ASSERTIVE PER FARE MODIFICARE UN COMPORTAMENTO

  • Esprimere empatia con l’altro (sono partecipe del….)
  • Descrivere il comportamento che ha un impatto negativo su di noi
  • Esprimere il sentimento conseguente al suddetto comportamento
  • Spiegare il sentimento (perché mi sento così)
  • Specificare il cambiamento desiderato nel comportamento
  • Analizzare le conseguenze positive se ci sarà il cambiamento
  • Analizzare le conseguenze negative se non ci sarà il cambiamento
  • Confermare la relazione (te lo dico perché ci tengo)
  • Richiedere di risolvere insieme il problema (come posso aiutarti?)

All’interno di una comunicazione verbale assertiva è utile adoperare i seguenti criteri:

  • una maggiore autoapertura dando maggiori informazioni su noi stessi
  • comunicare i propri sentimenti perché si favorisce una maggiore apertura e chiarezza nelle relazioni, in quanto le emozioni hanno un alto valore comunicativo
  • la tecnica del “disco rotto” consistente nel ribadire e ripetere in maniera sistematica il contenuto chiave che si vuole trasferire all’interlocutore.

Il tutto all’interno di una modalità comunicativa serena, senza aggredire o irritare.

Diritti assertivi

I diritti assertivi comprendono il rispetto di se stessi, delle proprie esigenze, sentimenti e convinzioni. Tali diritti sono necessari per costruire sentimenti e pensieri positivi come l’autostima e la fiducia. Riconoscerli e rispettarli significa anche riconoscerli e rispettarli negli altri.

Ma vediamo quali sono questi diritti assertivi. Innanzitutto il più importante:

DIRE NO ALLE RICHIESTE ALTRUI SENZA SENTIRSI IN COLPA

Di seguito

  • • il diritto di fare qualsiasi cosa, purchè non danneggi nessun altro.
    • il diritto di mantenere la propria dignità agendo in modo assertivo, anche se ciò urta qualcun altro, a condizione che il movente sia assertivo e non aggressivo.
    • il diritto di fare richieste ad un’altra persona, dal momento che riconosco all’altro l’identico diritto di rifiutare.
    • il diritto ridiscutere il problema con la persona interessata, e di giungere a un chiarimento.
    • il diritto ad attuare i propri diritti ed al rispetto altrui dei propri diritti.
  • il diritto di avere idee, opinioni, punti di vista personali e non necessariamente coincidenti con quelli degli altri
  • il diritto a che le proprie idee, opinioni e punti di vista siano quanto meno ascoltati e presi in considerazione (non necessariamente condivisi) dalle altre persone
  • il diritto ad avere bisogni e necessità anche diverse da quelle delle altre persone
  • il diritto a provare determinati stati d’animo ed a manifestarli in modo assertivo se si decide di farlo
  • il dirittodi commettere degli errori, in buona fede
  • il diritto di decidere di sollevare una determinata questione o, viceversa, di non sollevarla
  • il diritto di essere realmente se stessi, anche se questo significa a volte contravvenire a delle aspettative esterne
  • il diritto di chiedere aiuto.

Essere assertivi non è facile, costa sacrificio ed esercizio costante al fine di ottenere risultati soddisfacenti. Importante è, comunque, iniziare a praticarli, se non tutti insieme, anche uno alla volta. Come si è riusciti superarne uno, passare a quello successivo. Come recita un aforisma zen “un cammino è fatto di mille passi”. Incominciamo, un passo alla volta, a fare il cammino verso l’assertività.

ESERCIZI PER ESSERE ASSERTIVI

Visionate anche le presentazioni in powerpoint

“ASSERTIVITA’, COMPORTTAMENTO ASSERTIVO E COMUNICAZIONE ASSERTIVA” del dott. Roberto Cavaliere

“L’AUTOSTIMA E L’ASSERTIVITA” della dott.ssa Rosalia Cipollina

Dott. Roberto Cavaliere

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