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FETICISMO

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Una delle forme più diffuse di perversioni è il feticismo che si definisce come lo spostamento della meta sessuale dalla persona viva nella sua interezza ad un suo sostituto, sia ciò che la sostituisce, una parte del corpo stesso, o una qualità, un indumento o qualsiasi altro oggetto. Il termine feticismo deriva dal portoghese ” feitiço ” = “artificiale”, poi “sortilegio” ed indica una pratica religiosa che consiste nell’adorare un oggetto di culto, un feticcio appunto. In sessuologia questo termine si applica alle persone che provano un desiderio sessuale per un oggetto, una parte del corpo o una situazione particolare. In alcuni casi la presenza di questo “oggetto di culto” è necessaria, per non dire essenziale, all’eccitazione e al piaceresessuale.

Considerato fino a qualche tempo fa una perversione malsana e da condannare, al giorno d’oggi il feticismo sta entrando nelle abitudini sessuali.

Oggetti del feticismo

Oggetto del feticismo può essere tutto quello che appartiene in tutti i ‘sensi’ alla persona e che può diventare fonte di attrazione, culto e eccitazione.

Gli oggetti feticisti più diffusi sono:

– le stoffe e i materiali come il cuoio, il lattice o il pizzo,

capi di abbigliamento come gonne, calze o di biancheria intima come perizoma, giarrettiere.

– Le parti del corpo ( seno , glutei , piedi, gambe…).

– Alcune caratteristiche fisiche (colore dei capelli , pettinatura, occhiali…).

– Alcune situazioni (donne incinte, handicappati, persone obese o anziane…)

 

CAUSE DEL FETICISMO
Come possibile causa che è alla base di questo comportamento vi può essere la nostra incapacità nella prima infanzia – di percepire una persona come un’unità: la madre rimane una serie d’impressioni separate l’una dall’altra, con un seno che nutre; un capezzolo che si afferra con le labbra, una voce che consola, mani che dispensano carezze, una bocca che bacia, dei capelli che fanno il solletico e così via. In questo modo l’adulto comporrà poi l’immagine del partner ideale. Così prende originariamente forma il feticismo. E quando l’innamorato chiede alla sua bella una ciocca di capelli, una lettera o una cartolina profumata, quando conserva il suo fazzoletto o il suo guanto, in lui riaffiora qualcosa di quello stadio. Ben diversa, certo, è l’esistenza del feticista vero e proprio, che può implorare inizialmente solo un pelo pubico, un reggiseno o un paio di mutandine e, ad uno stadio ulteriore, trascendere al furto di biancheria intima in un negozio o dalla fune del bucato. Ma è innegabile una radice comune.

In tutti i feticisti, che possono essere sia eterosessuali sia omosessuali, e la cui attività erotica si può esplicare in modo sia alloerotico sia autoerotico, si possono osservare tre modalità

  • una modalità attiva in cui il feticista usa attivamente il feticcio;
  • una modalità passiva in cui vuole che il feticcio sia in qualche modo usato su di lui da un’altra persona;
  • una modalità contemplativa in cui egli trae piacere dalla contemplazione dei feticci collezionati.

 

FETICISMO PATOLOGICO

Nei Tre saggi sulla teoria sessuale Freud afferma che “un certo grado di feticismo è di regola proprio dell’amore normale, in special modo in quegli stadi di innamoramento nei quali la meta sessuale normale appare irraggiungibile, oppure sembra negato il suo adempimento. (… ) Il caso patologico subentra solo quando il desiderio del feticcio si fissa al di là di questa condizione e si sostituisce alla meta normale, inoltre quando il feticcio distaccato dalla persona diventa unico oggetto sessuale” (IV, 467). Potremmo descrivere il passaggio ad un feticismo patologico attraverso degli stadi;

  • (primo stadio)l’uomo vuole vedere inizialmente la moglie con una determinata biancheria intima ( ad esempio in calze a rete nere);
  • (secondo stadio) successivamente basteranno soltanto queste ultime per masturbarsi;
  • (terzo stadio) non sentirà neppure più il bisogno di masturbarsi e l’orgasmo subentrerà al solo guardare, toccare o indossare lui stesso le calze;
  • (quarto stadio) infine, non sarà neppure più in grado di avere un orgasmo, perché a parità di stimolo la reazione diminuisce nel tempo. Quanto più è maniacale l’ossessione sessuale, tanto minore il soddisfacimento. Ma anche l’inverso: meno soddisfacimento procura l’ossessione, più maniacale diventa l’ossessione stessa. E’ un circolo vizioso

 

Forme particolari di feticismo

Di seguito un elenco di tipologie ‘particolari di feticismo:

Ibristofilia : essere sessualmente attirati dalle persone che hanno commesso un crimine.

Eritrofilia : attrazione sessuale per le persone che arrossiscono.

Siderodromofilia : essere sessualmente eccitati dai treni.

Brontofilia : essere eccitati dai temporali.

Emetofilia : essere sessualmente eccitati dal vomito o dal fatto di vomitare.

Pigmalionismo : feticismo rivolto alle statue

Tricofilia : eccitazione sessuale provocata dai peli.

Agalmatofilia : essere sessualmente attirati da manichini di plastica nudi.

… e tanti altri ancora

 

Un feticista famoso

Il regista americano Quentin Tarantino ha la passione per i piedi femminili, al punto da aver richiesto alle attrici che volevano partecipare al nuovo A prova di morte di presentarsi al casting in infradito. In ogni suo film, infatti, c’è almeno una scena “dedicata” alle estremità delle sue attrici preferite. A cominciare dalla musa Uma Thurman, i cui piedi sono stati omaggiati sia in Pulp Fiction che in Kill Bill . Diverso il caso di Dal tramonto all’alba : lì il regista era Rodriguez, ma Tarantino, attore a sceneggiatore del film, si è scritto una scena ad hoc in cui il suo personaggio leccava del liquore dai piedi di Salma Hayek…

 

FETICISMO NEL CINEMA

Oltre ai film di Tarantino nel film L’âge d’or di Luis Buñuel c’è una scena in cui la protagonista succhia l’alluce di una statua.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email: cavalierer@iltuopsicologo.it

 

TESTIMONIANZE

ikaros Età: 46 Salve. Ho 46 anni e per circa 7, da quando ne avevo 37, ho seguito un percorso di psicoterapia con diversi terapeuti e accompagnato da varie attività esperienziali. La molla che inizialmente mi ha spinto ad avviarmi su questo cammino è stata una depressione reattiva da separazione coniugale. La crisi si era verificata, anche, per gli effetti nefasti della mia parafilia feticistica che nelle mie precedenti relazioni era rimasta piuttosto defilata, più che altro per mia timidezza nel manifestarla. Invece in quei 12 anni di relazione avevo assillato la mia ex partner, sommergendola di stivali, procurati e proposti a raffica, con cui volevo si calzasse permanentemente sia nella vita quotidiana, sia nei nostri rapporti sessuali. Per quanto riguarda la mia sessualità, specifico che la presenza del mio “feticcio” non è mai stata indispensabile né all’erezione, né all’orgasmo. La mia vita sessuale, quindi ha un ampio margine di autonomia dalla presenza del feticcio che risulta compulsiva per la sua cronicizzazione, ma non in quanto indispensabile e vincolante. Con le partner successive ho riproposto questa mia predilezione, ovviamente con una consapevolezza ed una capacità di gestione della stessa affinate dalla psicoterapia in corso. In un caso ho trovato compiacenza pressoché totale, che però risultava anche della dipendenza che questa donna aveva nei miei riguardi. Con la partner successiva la condivisione e la disponibilità ad assecondarmi è stata più limitata, anche perché lei aveva sue
predilezioni e fantasie personali che finivano per prevalere sulle mie, ribaltando i rapporti di dipendenza che esistevano con chi l’aveva preceduta.
Dalla donna con cui ho convissuto negli ultimi quattro anni e da cui adesso mi sto separando, la mia parafilia è stata inizialmente accettata come forma di gioco da condividere con complicità, per poi essere gradualmente rifiutata fino ad essere uno dei motivi della crisi che ci ha condotto alla separazione. Lei afferma che la sua sessualità, a sua detta “sana” e animale (che la porta ad aborrire, tra l’altro, la penetrazione anale che io invece integro tranquillamente tra le modalità di coito gradevoli ed ammissibili, e per questo sono stato da lei tacciato di avere una pulsione distruttiva e umiliante verso il genere femminile), mal si adatta a quella mia con le sue “mentalizzazioni” e complessità “estetiche”. In tutto ciò torno a specificare che la presenza di stivali sulla scena dell’amplesso, o addosso alla partner, continua a non costituire la mia unica ed esclusiva modalità di eccitazione sessuale, convivendo con una normale attenzione e reattività a parti del corpo femminili, effusioni e situazioni ortodossamente erogene. Nel mio percorso terapeutico, durante il quale sono emersi aspetti e ramificazioni psichiche da sindrome di abbandono e dipendenza affettiva, che costituiscono alcuni dei nuclei del mio complesso psichico, sono transitato da un iniziale rifiuto della mia parafilia, che la psicoterapia doveva aiutarmi a debellare definitivamente, ad una sua graduale accettazione nel tentativo di individuare un modus vivendi, o meglio cum-vivendi, passando attraverso una presa di coscienza e una capacità di gestione che mi permettessero di “agire” consapevolmente la mia peculiarità, in modo da non renderla insostenibile a chi amavo, come accadeva quando ne ero completamente “agito”. Insomma, godermela piacevolmente senza trasformare la vita altrui, e di conseguenza anche la mia, in un inferno. L’ultimo terapeuta a cui mi sono rivolto, mi chiese, nell’ottica di un rapporto non conflittuale con me stesso e rispettoso di tutta la mia personalità, perché non cercavo le mie partner tra donne che condividessero la mia stessa passione. Ho rifiutato quest’ipotesi – tra l’altro del tutto fuori luogo in quella fase, visto l’amore, l’attaccamento e la seduzione che provavo per la mia partner di quell’epoca – sia perché mi è sembrata limitante delle mie scelte sentimentali, oltre che artificiosa (francamente, trovo un po’ ridicoli e patetici i vari ghetti virtuali o reali in cui, tra internet e club esclusivi, si rinchiudono certi cultori di emozioni particolari), sia perché la mia aspirazione, dopo l’iniziale ripulsa, sarebbe quella di “normalizzare” la mia predilezione integrandola in una sessualità non predeterminata e iperconnotata e vivendola in una dimensione di compartecipazione giocosa con chi condivide con me i piaceri del sesso. Insomma vivere la mia attrazione per rapporti sessuali con donne che indossano stivali come un aspetto ed una possibilità tra le tante, come d’altronde nella mia psico-fisiologia sessuale avviene. Aggiungo che a tutto ciò si accompagnano pratiche da feticismo di travestimento che in periodi di solitudine o di relazioni insoddisfacenti mi vedono a masturbarmi calzato, questa volta io stesso, delle fatidiche calzature. Superata la fase in cui questa abitudine mi ha creato qualche
perplessità di tipo identitario, adesso conosco benissimo l’effetto ansiolitico e compensativo psico-ormonale di questa pratica, che tra l’altro ha fatto, non deliberatamente ma con effetto catalizzatore, da sfondo alla mia prima eiaculazione quando avevo 11 anni, e che non ha nulla a che vedere con il travestitismo o la transessualità. Credo quindi che sia strettamente legata a periodi di stress da relazione in crisi o da assenza di relazione, con valore transizionale. Ma per tutto il resto, cosa fare? L’idea di riprendere un trattamento psicoterapeutico cognitivo-comportamentale o di qualunque tipo mi uggia (in linea con la componente ego-sintonica del mio “vizietto”).
D’altronde sono stanco della compulsività e dei condizionamenti che, malgrado i miei tentativi di sana gestione, continuano a verificarsi nella mia vita sentimentale e di relazione, con le crisi che ne conseguono. Provo una certa invidia per chi può affermare di essere libero da particolari fantasie o preferenze impersonali, che non siano quindi strettamente individuate nella persona del partner sessuale, anche se siffatte affermazioni mi lasciano alquanto perplesso sapendo, tra l’altro, che il principale organo sessuale (e sessuogeno) dell’essere umano è …. il cervello, con tutte le sue creazioni.
Grazie per l’attenzione.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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