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VIVERE CON UN CANE ALLUNGA LA VITA

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Vivere da soli con un cane riduce il rischio di morte e di malattie cardiovascolare, allungandoci di fatto l’aspettativa di vita. La notizia arriva da una ricerca dell’Università di Uppsala che su Scientific Reports realizzata su 3,4 milioni di persone.

Per giungere alle loro conclusioni, i ricercatori si sono basati su un gruppo di 3,4 milioni di persone prese in esame dal 2001 per 12 anni. Durante questo periodo, i partecipanti di età compresa tra i 40 e gli 80 anni sono stati sottoposti ad alcuni test e suddivisi in più gruppi: chi viveva con un cane e chi no e chi viveva da solo con un cane e chi con un cane e altre persone.

Dai dati raccolti è emerso che per coloro che vivevano da soli con un cane, il rischio di morte si riduceva del 33% rispetto a coloro che vivevano senza cane, così come si riduceva dell’11% il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari. Studi passati hanno dimostrato che vivere da soli incrementa il rischio delle condizioni sopra descritte (morte e malattie cardiovascolari), quindi dimostrare che la presenza di un cane riesce a diminuirne così tanto le probabilità significa anche affermare con certezza che un cane ha effetti positivi sul nostro stato di salute allungandoci di fatto la vita.

Oltre a dimostrare che vivere con un cane ci allunga la vita, i ricercatori hanno scoperto che i cani da caccia sono quelli che più di tutti migliorano il nostro stato di salute. Probabilmente perchè i cani da caccia richiedono molta attività fisica all’aperto, che fa bene al cuore e al nostro corpo in generale.

 

Dottor Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

PET THERAPY

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Temo che gli animali vedano nell’uomo un essere loro uguale che ha perso in modo estremamente pericoloso il sano intelletto animale: vedono in lui l’animale delirante, l’animale che ride, l’animale che piange, l’animale infelice.
(Friedrich Nietzsche)

 

La Pet Therapy nasce in America nel 1953 ad opera dello psichiatra Boris Levinson che constatò che mentre assisteva un bambino autistico, quest’ultimo relazionando col suo cane, traeva maggior giovamento dalle sedute terapeutiche. Ma le prime e vere terapie con animali risalgono alla fine degli anni ’70 quando Turk proponeva ai malati mentali di migliorare il loro autocontrollo anche attraverso il prendersi cura degli animali.

Dopo questi studi ne sono seguiti tantissimi altri che hanno dimostrato che gli animali domestici, e non solo, oltre ad essere amici dell’uomo possono anche diventare una medicina per integrare le terapie classiche per la cura di soggetti con patologie di carattere psicologico e comportamentale.

Entrando nello specifico, oggi, con l’espressione Pet Therapy o quella italiana di “terapia per mezzo degli animali” si indicano tutti quegli interventi di tipo educativo, ricreativo e/o terapeutico condotti con animali , finalizzati a migliorare la qualità della vita. Per cui non più applicazioni solo terapeutiche ma anche educative e ricreative. Questi interventi di Pet Therapy possono essere condotti in differenti contesti sia da professionisti che da volontari, adeguatamente formati, con animali che hanno determinate caratteristiche.

E ‘importante puntualizzare che la Pet Therapy non è una terapia da effettuare in sostituzione di altre forme di terapia, ma unitamente ad esse.Essa và calibrata a seconda della persona, del paziente e della patologia da curare.Ciò perché tale terapia non è adatta per ogni persona e per tutte le patologie.In generale, si devono tenere presenti non solo le aspettative, la personalità e la patologia del paziente, ma anche le naturali propensioni dell’operatore e dell’animale.

Ad esempio la Pet Therapy non è consigliabile quando le persone che non sono in grado di prendersi cura di altri esseri viventi, a causa delle loro condizioni psicofisiche, o soprattutto quando ci si tende a comportarsi in modo molto possessivo nei confronti dell’animale.

E’ inoltre sconsigliabile quando c’è la presenza di problematiche oggettive come deficit del sistema immunitario; persone con gravi disturbi psichiatrici che si manifestano con la violenza, fobie specifiche nei confronti degli animali, allergie.

Gli obiettivi possono essere di vario tipo, soprattutto cognitivi e psicologici:
aumento dell’attenzione
miglioramento dell’autostima,
riduzione dell’ansia
riduzione del senso di solitudine;
maggiore padronanza di concetti come taglia, colore, ecc.
stimolazione della partecipazione ad attività di gruppo e alle interazioni con gli altri.

I meccanismi fondamentali d’azione della pet therapy sono:

Di tipo comunicativo. Lo stile comunicativo uomo-animale, fondandosi su un linguaggio molto semplice, con ripetizioni frequenti, tono crescente e interrogativo, presentando similitudini con quello che le madri utilizzano con i loro bambini, produce un effetto rassicurante, sia in chi parla, sia in chi ascolta. Inoltre, l’animale non potendo valutare, contraddire, correggere le affermazioni della persona, permette di essere più spontanei, meno ansiosi, senza il timore del giudizio altrui. Oltre ad essere ricca di elementi della comunicazione non verbale quali tatto, vista, olfatto.

Di tipo ludico. Il gioco e il divertimento che s’instaura con gli animali soprattutto cani e gatti. Con tutti gli effetti positivi per il nostro benessere psicofisico dovuti al gioco, al divertimento ed alle risate, sempre più difficile trovare nelle relazioni fra umani.

Di tipo interattivo. La presenza di un animale, spesso, può essere motivo di conversazione con altre persone costituendo così un modo di relazionarsi.

Di responsabilizzazione. Prendersi cura di un animale significa consapevolezza e assunzione delle proprie responsabilità, che saranno diverse a seconda della propria età e delle proprie possibilità, come nel caso dei bambini.

Di tipo affettivo. Il legame che si viene a creare tra uomo e animale può sopperire parzialmente la mancanza di un rapporto affettivo fra umani. Anzi può essere un modello relazionale-affettivo da trasferire in seguito ai rapporti fra le persone. Questo modello è di tipo positivo perché l’animale ispira fiducia, empatia, calore permettendo così di migliorare, per vicarietà, anche un rapporto negativo dal punto di vista relazionale-affettivo che abbiamo cogli altri.

Bisogna stare attenti, però, a non “sostituire” le persone con l’animale. Il pericolo maggiore è insito nella circostanza che l’animale non ci “delude” non è fonte di “frustrazione”, come avviene nei rapporti con esseri umani. Alla lunga può portare ad un “isolamento relazionale”. A quel punto il rimedio è peggiore del male che si vuole curare. Tutto ciò è il rischio che si corre nella Pet Therapy e che suggerisce di essere affiancati anche da una persona che “controlli” la nostra relazione con l’animale.

Non dobbiamo dimenticare, infine, anche il rispetto e le cure che dobbiamo all’animale stesso. Non è né un’oggetto, né un essere da trattare a nostro piacimento.

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it