TRAUMA: DISTURBO POST-TRAUMATICO DA STRESS

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I criteri diagnostici per il Disturbo Post-traumatico da stress secondo il DSM-IV-TR* sono i seguenti:

  1. La persona è stata esposta ad un evento traumatico nel quale erano presenti entrambe le caratteristiche seguenti:
    1. la persona ha vissuto, ha assistito o si è confrontata con un evento o con eventi che hanno implicato morte, o minaccia di morte, o gravi lesioni, o una minaccia all’integrità fisica propria o di altri
    2. la risposta della persona comprendeva paura intensa, sentimenti di impotenza, o di orrore.
      Nota: Nei bambini questo può essere espresso con comportamento disorganizzato o agitato.
  2. L’evento traumatico viene rivissuto persistentemente in uno (o più) dei seguenti modi:
    1. ricordi spiacevoli ricorrenti e intrusivi dell’evento, che comprendono immagini, pensieri, o percezioni.
      Nota: Nei bambini piccoli si possono manifestare giochi ripetitivi in cui vengono espressi temi o aspetti riguardanti il trauma
    2. sogni spiacevoli ricorrenti dell’evento.
      Nota: Nei bambini possono essere presenti sogni spaventosi senza un contenuto riconoscibile
    3. agire o sentire come se l’evento traumatico si stesse ripresentando (ciò include sensazioni di rivivere l’esperienza, illusioni, allucinazioni, ed episodi dissociativi di flashback, compresi quelli che si manifestano al risveglio o in stato di intossicazione).
      Nota: Nei bambini piccoli possono manifestarsi rappresentazioni ripetitive specifiche del trauma
    4. disagio psicologico intenso all’esposizione a fattori scatenanti interni o esterni che simbolizzano o assomigliano a qualche aspetto dell’evento traumatico
    5. reattività fisiologica o esposizione a fattori scatenanti interni o esterni che simbolizzano o assomigliano a qualche aspetto dell’evento traumatico.
  3. Evitamento persistente degli stimoli associati con il trauma e attenuazione della reattività generale (non presenti prima del trauma), come indicato da tre (o più) dei seguenti elementi:
    1. sforzi per evitare pensieri, sensazioni o conversazioni associate con il trauma
    2. sforzi per evitare attività, luoghi o persone che evocano ricordi del trauma
    3. incapacità di ricordare qualche aspetto importante del trauma
    4. riduzione marcata dell’interesse o della partecipazione ad attività significative
    5. sentimenti di distacco o di estraneità verso gli altri
    6. affettività ridotta (per es., incapacità di provare sentimenti di amore)
    7. sentimenti di diminuzione delle prospettive future (per es. aspettarsi di non poter avere una carriera, un matrimonio o dei figli o una normale durata della vita).
  4. Sintomi persistenti di aumentato arousal (non presenti prima del trauma), come indicato da almeno due dei seguenti elementi:
    1. difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno
    2. irritabilità o scoppi di collera
    3. difficoltà a concentrarsi
    4. ipervigilanza
    5. esagerate risposte di allarme.
  5. La durata del disturbo (sintomi ai Criteri B, C e D) è superiore a 1 mese.
  6. Il disturbo causa disagio clinicamente significativo o menomazione nel funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti.

Specificare se:

  • Acuto: se la durata dei sintomi è inferiore a 3 mesi
  • Cronico: se la durata dei sintomi è 3 mesi o più.

Specificare se:

Ad esordio ritardato: se l’esordio dei sintomi avviene almeno 6 mesi dopo l’evento stressante.

 

American Psychiatric Association (2000). DSM-IV-TR Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders , Fourth Edition, Text Revision. Edizione Italiana: Masson, Milano.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

CARATTERISTICHE DEL PENSIERO OSSESSIVO COMPULSIVO

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Di seguito elenco una serie di caratteristiche che contraddistingue il pensiero ossessivo nel doc da quello basato su un normale piano di realtà. Perché si possa parlare di pensiero ossessivo non è necessario che siano presenti tutti i punti elencati ma la maggior parte.

1)Il livello di ansia. Il livello di ansia che accompagna il pensiero ossessivo è decisamente maggiore rispetto a quello che accompagna altri pensieri, anche oggettivamente più importanti. Ad esempio il pensiero “potrei essere o diventare omosessuale ” comporta un livello d’ansia insopportabile mentre il pensiero “potrei avere un tumore ” comporta molto meno ansia, se non addirittura niente.

2)L’urgenza. Nel pensiero ossessivo si avverte l’urgenza di risolvere il dubbio, di avere una risposta certa e inconfutabile senza poter aspettare un solo minuto.

3)Il meccanismo. Le risposte ai propri dubbi non bastano mai, suscitando spesso ulteriori dubbi e ricercando, quindi ulteriori risposte. Dubbi e ricerca di risposte formano un circolo vizioso che non si ferma quasi mai.

4)Vergogna. Spesso ci si vergogna a raccontare le proprie paure agli altri nel timore che le troverebbero ridicole e prive di fondamento

5)Pensieri intrusivi. Pensieri intrusivi che s’impongono anche improvvisamente sono un chiaro segno di doc

6) Immagini intrusive. Anche immagini intrusive che s’impongono anche improvvisamente sono un chiaro segno di doc

7) Attenzione selettiva. Nel pensiero ossessivo la propria attenzione è attirata, principalmente, da tutto ciò che è attinente al pensiero ossessivo stesso. Ad esempio se è presente l’ossessione di essere omosessuale la propria attenzione sarà attirata da tutto ciò che ha attinenza con l’omosessualità.

8)Comparsa improvvisa. Fino al giorno prima del pensiero ossessivo adesso presente, lo stesso non procurava nessun ansia o disagio.

9)Il dubbio se sia doc. Se è presente il dubbio che sia doc allora è doc. Il doc può travestirsi da realtà ma la realtà non può travestirsi da doc. Conseguentemente se si ha il dubbio di essere omosessuali e si pensa che possa essere un doc, non si è omosessuali.

10)Uso di termini ricorrenti. La persona affetta da doc usa frasi e termini ricorrenti per descrivere i propri pensieri come: “Io sto ingannando me e gli altri “, “Non so, non sono sicuro, come faccio a saperlo, come faccio ad essere sicuro” ecc..

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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IL DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO

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Criteri diagnostici per il Disturbo Ossessivo Compulsivo secondo il DSM IV

  1. Ossessioni o Compulsioni

Ossessioni come definite da 1) 2), 3) e 4):

pensieri, impulsi o immagini ricorrenti e persistenti, vissuti, in qualche momento nel corso del disturbo, come intrusivi o inappropriati, e che causano ansia o disagio marcati;

i pensieri, gli impulsi o le immagini non sono semplicemente eccessive preoccupazioni per i problemi della vita reale;

la persona tenta di ignorare o di sopprimere tali pensieri, impulsi o immagini o di neutralizzarli con altri pensieri o azioni;

la persona riconosce che i pensieri, gli impulsi, o le immagini ossessivi sono un prodotto della propria mente e non imposti dall’esterno come nell’inserzione del pensiero).

Compulsioni come definite da 1)e 2):

comportamenti ripetitivi (per es., lavarsi le mani, riordinare, controllare), o azioni mentali (per es., pregare, contare, ripetere parole mentalmente) che la persona si sente obbligata a mettere in atto in risposta ad un’ossessione, o secondo regole che devono essere applicate rigidamente;

i comportamenti o le azioni mentali sono volti a prevenire o ridurre il disagio, o a prevenire alcuni eventi o situazioni temuti; comunque questi comportamenti o azioni mentali non sono collegati in modo realistico con ciò che sono designati a neutralizzare o a prevenire, oppure sono chiaramente eccessivi.

  1. In qualche momento nel corso del disturbo la persona ha riconosciuto che le ossessioni o le compulsioni sono eccessive o irragionevoli. Nota Questo non si applica ai bambini.
  2. Le ossessioni o compulsioni causano disagio marcato, fanno consumare tempo (più di 1 ora al giorno), o interferiscono significativamente con le normali abitudini della persona, con il funzionamento lavorativo (o scolastico), o con le attività o relazioni sociali usuali
  3. Se è presente un altro disturbo di Asse I, il contenuto delle ossessioni o delle compulsioni non è limitato ad esso (per es., preoccupazione per il cibo in presenza di un Disturbo dell’Alimentazione; tirarsi i capelli in presenza di Tricotillomania; preoccupazione per il proprio aspetto nel Disturbo da Dismorfismo Corporeo; preoccupazione riguardante le sostanze nei Disturbi da Uso di Sostanze; preoccupazione di avere una grave malattia in presenza di Ipocondria; preoccupazione riguardante desideri o fantasie sessuali in presenza di una Parafilia; o ruminazioni di colpa in presenza di un Disturbo Depressivo Maggiore).
  4. Il disturbo non è dovuto agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (per es., una droga di abuso, un farmaco) o di una condizione medica generale.

Specificare se:

Con Scarso Insight: se per la maggior parte del tempo, durante l’episodio attuale, la persona non riconosce che le ossessioni e compulsioni sono eccessive o irragionevoli.

Le ossessioni più frequenti

Preoccupazione eccessiva per sporcizia, germi, urina, feci

Paura intensa delle infezioni

Immagini sessuali perverse

Paura di farsi del male o di far del male ad altri

Paura di provocare un evento negativo

Pensieri persistenti relativi a colori, numeri

Superstizioni

Preoccupazione intensa per quanto concerne moralità. religione, valori

Paura di dire qualcosa di osceno e/o offensivo

Immagini violente

Estrema preoccupazione per ordine, disposizione simmetrica delle cose

Le compulsioni più frequenti

Lavarsi le mani farsi la doccia, in modo ripetitivo e ritualizzato

Pulire oggetti, mobili in modo eccessivamente prolungato

Controllare ripetutamente elettrodomestici, luci, serattature, gas

Scrivere o leggere lo stesso testo più volte

Contare il numero di vocali/sillabe di un paragrafo prima e dopo la lettura

Ripetere certi movimenti, alzarsi in un certo modo, fare le scale ecc

Controllare eventuali danni a persone o cose

Contare un numero indefinito di volte

Necessità di dire o di fare cose per essere rassicurati

 

Dott. Roberto Cavaliere

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DISTURBI DELL’ADATTAMENTO: REAZIONE AD UN EVENTO LUTTUOSO O STRESSANTE

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Nel DSM-IV i disturbi dell’adattamento sono definiti come “sintomi emozionali o comportamentali clinicamente significativi” che si sviluppano “in risposta a uno o più fattori stressanti psicosociali identificabili”.

I sin­tomi devono manifestarsi entro 3 mesi dall’inizio del fatto­re stressante.

La reazione deve essere sproporzionata ri­spetto alla natura dello stress oppure vi deve essere una si­gnificativa compromissione del funzionamento sociale o la­vorativo.

Non si deve porre diagnosi di disturbo dell’adatta­mento se la reazione soddisfa i criteri per un altro specifico disturbo d’ansia o dell’umore .

I sintomi del disturbo di solito si risolvono entro 6 mesi, benché possano durare più a lungo se prodotti da un fattore stressante cronico o che abbia conseguenze persi­stenti. Pertanto, i disturbi dell’adattamento sono reazioni disadattative di breve durata a ciò che si può vivere come una calamità personale, ma che in termini psichiatrici si definisce fattore stressante .

DIAGNOSI

Sebbene per definizione i disturbi dell’adattamento siano conseguenti a un fattore stressante, non sempre i sintomi iniziano immediatamente. Secondo il DSM possono tra­scorrere fino a tre mesi tra il fattore stressante e l’insorgen­za dei sintomi e non sempre questi ultimi recedono appena cessa il fattore stressante. Se il fattore stressante persiste, il disturbo può diventare cronico .

Può manifestarsi a qualsia­si età e i suoi sintomi variano considerevolmente; negli adul­ti sono più comuni gli aspetti depressivi, ansiosi o misti .

Il quadro clinico del disturbo dell’adattamento può va­riare notevolmente. Il DSM-IV elenca diversi tipi di disturbo dell’adattamento:

1) Sviluppo di sintomi emozionali e comportamentali in risposta a uno o più fattori stressanti che si manifestano entro 3 mesi dall’inizio del fattore, o dei fattori stressanti.

2) Questi sintomi o comportamenti sono clinicamente significativi come evidenziato da uno o l’altro dei seguenti:

(a) grave disagio che va al di là di quanto prevedibile in base all’esposizione al fattore stressante

(b) compromissione significativa del funzionamento sociale o lavorativo (o scolastico)

3) Una volta che il fattore stressante (o le sue conseguenze) son superati, ì sintomi non persistono per più di altrì 6 mesi.

Il Disturbo di Adattamento può essere:

Acuto : se l’alterazione dura per, meno di 6 mesi

Cronico : se l’alterazione dura per 6 mesi o più

I disturbi dell’adattamento sono codificati in base al sottotipo:

Con umore depresso

Con ansia

Con ansia e umore depresso misti

Con alterazione della condotta

Con alterazione mista dell’emotività e della condotta

La prognosi complessiva del disturbo dell’adattamento è ge­neralmente favorevole con un trattamento appropriato. La maggior parte dei pazienti torna al livello di funzionamento precedente entro 3 mesi.

 

Dott. Roberto Cavaliere

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ATTACCHI DI PANICO – DAP

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Una sera passeggiavo per un sentiero,

da una parte stava la città e sotto di me il fiordo.

Ero stanco e malato.

Mi fermai e guardai al di là del fiordo

– il sole stava tramontando –

le nuvole erano tinte di un rosso sangue.

Sentii un urlo attraversare la natura:

mi sembrò quasi di udirlo.

Dipinsi questo quadro,

dipinsi le nuvole come sangue vero.

I colori stavano urlando.

Edvard Munch

dipinto: Il grido (Munch 1893)

 

L’attacco di panico è una manifestazione d’ansia fortemente intensa, breve e transitoria, (generalmente dura solo qualche minuto) ma che causa, a chi la subisce, una notevole angoscia. Secondo il DSM-IV ( il manuale statistico psichiatrico) si ha la diagnosi di attacco di panico se sono presenti almeno 4 dei seguenti sintomi:

  • 1) palpitazioni o tachicardia;
  • 2) sudorazione;
  • 3) tremori;
  • 4) dispnea o sensazione di soffocamento;
  • 5) sensazione di asfissia;
  • 6) dolore al petto;
  • 7) nausea o disturbi addominali;
  • 8)sensazioni di sbandamento, instabilità o svenimento;
  • 9) derealizzazione o depersonalizzazione;
  • 10) paura di perdere il controllo o di impazzire;
  • 11) paura di morire;
  • 12)parestesie (sensazioni di torpore o formicolio);
  • 13 brividi o vamapate di calore.

Se sono presenti meno di 4 sintomi durante l’attacco si parlerà di attacco paucisintomatico.

L’attacco di panico, a meno che non sia provocato da una situazione altamente stressante o di pericolo (come un naufragio ad esempio), arriva, almeno le prime volte, in maniera improvvisa e del tutto imprevista, come “un fulmine a ciel sereno”. L’esperienza soggettiva riferita, piu’ comunemente, è di stare sul punto di morire o di subire un infarto miocardico o un ictus cerebrale. Infatti quasi tutti quelli che subiscono il primo attacco si precipitano al pronto soccorso dell’ospedale o chiamano il proprio medico temendo il peggio. Ma puntualmente i primi accertamenti escludono qualsiasi tipo di patologia fisica.Ed è proprio la presenza di questa intensa sintomatologia fisica che distingue l’attacco di panico da manifestazioni d’ansia anche forti. Infatti in quest’ultime emergono in primo piano aspetti emozionali e cognitivi ( apprensione, preoccupazione, tensione, ecc…) mentre la sintomatologia fisica è di sfondo. E, sopratutto, nella crisi d’ansia il soggetto attribuisce la sintomatologia fisica all’ansia stessa.Come già detto, dopo il primo attacco la visita medica ed i primi esami rassicurano sulle proprie condizioni fisiche. Molti, dopo la sensazione di euforia per lo scampato pericolo, non accettano l’origine psicologica della sintomatologia fisica e ritengono che il medico possa essersi sbagliato. Si sottopongono, conseguentemente, a tutta una serie di esami clinici che escluderanno qualsiasi patologia organica.Quando gli attacchi di panico si fanno inaspettati e ricorrenti, a cui fanno seguito, per un periodo non inferiore ad un mese, persistenti preoccupazioni di potere avere nuovi attacchi, con conseguente significative alterazioni del proprio comportamento, si parla di disturbo di panico. In poche parole è ” la paura di aver paura”. Nel prosieguo del tempo e degli attacchi è possibile che si diventi sensibili a luoghi o situazioni contestuali agli attachi di panico. Conseguentemente, si è tentati di evitare questi luogi o sitazioni ed addirittura si provi ansia al pensiero di doverle affrontare.Ciò può portare, secondo le statistiche, oltre un terzo dei casi a sviluppare un disturbo di panico con agorafobia, vale a dire con paura degli spazi aperti.Vari sono i modelli eziopatogenetici dell’attacco e del disturbo di panico. Uno dei più esplicativi circa l’insorgenza di attacchi di panico associata a fattori cognitivi, ritengo sia il modello di Clark (1986). Secondo questo modello, il disturbo di panico è il risultato di interpretazioni “catastrofiche” di normali reazioni corporee. La costante attenzione su dati provenienti dal proprio corpo e dall’ambiente favorisce uno costante stato d’apprensione, per la minaccia incombente che si verifichi un’attacco. Questo stato contribuisce ad elevare il livello d’ansia, gettando il soggetto in un circolo vizioso del tipo: sintomi somatici-cognitivi = interpretazione erronea = ansia Subentrano poi almeno tre fattori di mantenimento di questa “trappola” psicofisiologica: l’attenzione selettiva riguardo alle sensazioni corporee, i comportamenti protettivi associati alla situazione ed i comportamenti di evitamento.

Nel combattere gli attacchi di panico tenete a mente questi aforismi… terapeutici

Non è perchè le cose sono difiicili che noi non osiamo farle. E’ perchè noi non osiamo farle che le cose sono difficili. (Seneca)

Un uomo che teme di soffrire, soffre già di quello che teme. (Montaigne)

Non può vivere senza timori chi è causa del suo timore. (Epicuro)

La rinuncia è un suicidio quotidiano. (Honorè de Balzac)Il pauroso prima edifica i suoi timori, poi vi ci installa sopra. (E. Cioran)

Viviamo nella paura ed è così che non viviamo. (Buddha)

Porto addosso le ferite di tutte le battaglie che ho evitato. (F.Pessoa)

Guarda la paura in faccia e questa cesserà di turbarti. (Sri Yukteswar)

La lezione più importante che l’uomo possa imparare in vita non è che nel mondo esiste la paura ma che dipende da noi trarne profitto e che ci è consentito tramutarla in coraggio. (R. Tagore)

 

Dott. Roberto Cavaliere

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L’ANSIA

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Come per il concetto d’amore l’ansia, a meno che non la si consideri solo dal punto di vista patologico, può assumere mille significati e modalità diverse d’esprimersi. In questo piccolo spazio non tenterò di parlarne, rimandando per questo scopo all’enorme letteratura su di essa, ma proporrò un test valutativo d’autosomministrazione e cercherò di suggerire delle strategie utili per attenuarla. Se attuerete queste strategie, tutte insieme, per un po’ di tempo dei risultati li otterrete. A patto, però, di attuarle con una certa costanza e non facendovi scoraggiare da eventuali insuccessi iniziali e tenendo presente che il cammino per uscire dall’ansia è lungo, ma se siete determinati ce la farete.

1) Accettarla. Fondamentale è accettare di essere ansiosi, fa parte anche del nostro corredo genetico. Per realizzare ciò acconsentite a ricevere la vostra dipendenza. Accoglietela salutandola. Dimenandoci per combatterla riuscirete solo ad amplificarla. Invece, lasciatela fluire. Non si può risalire un fiume andando controcorrente. L’ansia fà parte di voi; combatterla è come combattere contro una parte di sé. Ciò non toglie che bisogna tenerla, in qualche modo sotto controllo, ed è lo scopo delle prossime strategie.

2) Praticare attività fisica. Fondamentale è svolgere ogni giorno attività fisica. Potete scegliere fra lo svolgere uno sport, frequentare una palestra o anche semplicemente passeggiare il più possibile. L’essenziale è svolgere tale attività ogni giorno e non esagerare al punto da farla diventare stressante. L’attività fisica libera le endorfine un neuromediatore che aiuta il nostro benessere psicologico.

3) Scrivere un report giornaliero. Scrivere di se stessi è già di per sé terapeutico. Inoltre per il fatto stesso di concentrarvi per scrivere vi distogliete dall’ansia. Giornalmente descrivete accuratamente l’ansia provata, il suo livello come si è manifestata. Importante è anche descrivere l’eventuale correlazione fra ansia provata ed eventuale situazione che l’ha potuta scatenare. Rileggendo, successivamente, a freddo quello che avete descritto potete “analizzarla” in maniera più obiettiva.

4) Rilassarsi. Rilassarsi può essere una lettura di un libro, praticare un hobby o adottare una tecnica di rilassamento. Spesso si pensa che per rilassarsi bisogna praticare necessariamente qualche tecnica, ma non sempre è così. Basta, a volte, una qualsiasi attività od hobby che non pratichiamo per mancanza di tempo, e che invece sarebbe utile per la nostra ansia. Ciò non toglie che è utile imparare qualche tecnica di rilassamento, che col tempo darà i suoi risultati.

5) Effettuare un’alimentazione corretta. Talvolta l’abuso di sostanze stimolanti come il tè, il caffè , la coca cola, la cioccolata, gli alcolici possono contribuire ad aumentare stati ansiosi. Di conseguenza e preferibile eliminarli completamente dalla dieta e aumentare i consumi di pane e pasta, anche a scapito della dieta.

6) Sostegno sociale. Il sostegno dei nostri familiari ed amici è importante. Più questa rete di sostegno sociale e larga, più ne trarrete giovamento. L’essenziale è non isolarsi.

7) Approfondite la conoscenza. Utile è approfondire la conoscenza dei meccanismi fisiologici e psicologici sottesi all’ansia. Una loro maggiore conoscenza aiuta a capirla ed a combatterla in maniera più efficace. Effettuate letture sull’argomento, partecipate a chat e forum su internet in cui si parla d’ansia. In psicologia ciò si chiama psicoeducazione ed è stata dimostrata l’utilità di quest’ultima.

Nell’attuare queste strategie tenete a mente questi aforismi… terapeutici

Non è perchè le cose sono difficili che noi non osiamo farle. E’ perchè noi non osiamo farle che le cose sono difficili. (Seneca)

Un uomo che teme di soffrire, soffre già di quello che teme. (Montaigne)Non può vivere senza timori chi è causa del suo timore. (Epicuro)

La rinuncia è un suicidio quotidiano. (Honorè de Balzac)

Il pauroso prima edifica i suoi timori, poi vi ci installa sopra. (E. Cioran)

Viviamo nella paura ed è così che non viviamo. (Buddha)

Porto addosso le ferite di tutte le battaglie che ho evitato. (F.Pessoa)

Guarda la paura in faccia e questa cesserà di turbarti. (Sri Yukteswar)

La lezione più importante che l’uomo possa imparare in vita non è che nel mondo esiste la paura ma che dipende da noi trarne profitto e che ci è consentito tramutarla in coraggio. (R. Tagore)

 

Dott. Roberto Cavaliere

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TEST SULL’ANSIA

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Ansia – Scala di autovalutazione dell’ ansia di Zung – SELF-RATING ANXIETY STATE (WWK Zung, 1971)

Leggi attentamente ciascuna delle 20 frasi elencate qui sotto: in che misura ciascuna di esse descrive come ti sei sentito nel corso di quest’ ultima settimana? Ti sei sentito così “quasi mai o raramente”, “qualche volta”, “spesso”, “quasi sempre”? Per ogni frase fai una crocetta nella colonna che ti sembra la più appropriata a descrivere come ti sei sentito.

Domanda: Quasi mai o raramente Qualche
volta
Spesso Quasi sempre
1) Mi sento più nervoso ed ansioso del solito
2) Mi sento impaurito senza alcun motivo
3) Mi spavento facilmente o sono preso dal panico
4) Mi sento a pezzi e mi sembra di stare per crollare
5) Mi sembra che tutto vada bene e che non capiterà niente di male
6) Mi tremano le braccia e le gambe
7) Sono tormentato dal mal di testa e dai dolori al collo e alla schiena
8) Mi sento debole e mi stanco facilmente
9) MI sento calmo e posso stare seduto facilmente
10) Sento che il mio cuore batte veloce
11) Soffro di vertigini
12) Mi sembra di stare per svenire
13) Respiro con difficoltà
14) Ho sensazioni di intorpidimento e di formicolio alle dita delle mani e dei piedi
15) Soffro di mal di stomaco o di indigestione
16) Ho bisogno di urinare spesso
17) Le mie mani sono in genere asciutte e calde
18) La mia faccia diventa facilmente calda e arrossata
19) Mi addormento facilmente e mi sveglio riposato
20) Ho degli incubi

ATTRIBUISCI I SEGUENTI PUNTEGGI

1 per quasi mai – 2 per qualche volta – 3 per spesso – 4 per quasi sempre e calcola il punteggio totale
RISULTATI:

• Punteggio compreso tra 20 e 31: livello d’ansia basso

• Punteggio compreso tra 32 e 43: livello d’ansia medio – basso

• Punteggio compreso tra 44 e 55: livello d’ansia medio

• Punteggio compreso tra 56 e 67: livello d’ansia medio – alto

• Punteggio compreso tra 68 e 80: livello d’ansia alto

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

COME GESTIRE L’ANSIA DA TERREMOTO

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La notizia di un terremoto, anche se non si risiede nella zona coinvolta e quindi non è stato avvertito in prima persona, può comunque comportare uno stato ansioso col timore che possa nell’immediato colpire anche la propria zona di residenza. Il timore infatti è che ciò che al momento riguarda “altri” prima o poi possa riguardare se stessi.
La paura del terremoto è una paura ancestrale che rimanda all’incapacità dell’uomo di controllare eventi naturali.
Questa paura ancestrale è amplificata in chi soffre d’ansia che tende a voler mantenere il controllo di tutto per poter gestire al meglio la propria ansia.
Cosa fare in questi casi ?
L’ansia del terremoto è un fenomeno emotivo per cui bisogna cercare di contrastarlo con processi razionali quali:
Il raccogliere informazioni di tipo tecnico e statistico sull’evento,
il leggere o l’ascoltare l’opinione di sismologi,
il ridurlo ad un fenomeno esterno a noi,
il non ascoltare o vedere le dirette televisive sull’evento se tendono a scuotere troppo emotivamente,
Questi accorgimenti razionali potrebbero sembrare egoistici, ma non significano non provare partecipazione o empatia per quello che è successo, ma hanno il solo scopo di ridurre solo l’eccessiva ansia associata a tali eventi.

Dottor Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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