INTERVISTA SULLE FOBIE AL DOTT.CAVALIERE

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Articolo tratto dall’intervista al dott.Roberto Cavaliere sul tema delle fobie pubblicato sul numero di settembre 2008 della rivista mensile “COME STAI”

Il dottor Roberto Cavaliere, psicologo a Napoli, si è laureato in Psicologia all’università La Sapienza di Roma e in Filosofia all’università Federico II di Napoli. È p residente dell’Asipdar, l’Associazione per lo studio e l’intervento sulle problematiche e dipendenze affettive e relazionali ed è responsabile dei siti www.iltuopsicologo.it e www.maldamore.it

 

Quando la paura fa 90!

Se vi paralizzate davanti a un insetto, vi atterrisce l’idea di salire su un aereo o svenite alla vista di un ago, sappiate che non siete i soli a soffrire di fobie. La psicoterapia fa miracoli sui grandi, mentre per i piccoli basta una coccola in più

 

Secondo il Dsm IV, il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali punto di riferimento per psicoterapeuti e psichiatri, la fobia specifica è una paura marcata, persistente, eccessiva o irragionevole. Può essere provocata dalla presenza o dall’attesa di un oggetto o di una situazione specifica come per esempio volare, l’altezza, gli animali, gli insetti, un’iniezione, la vista del sangue. La persona che ne soffre reagisce quasi sempre con una forte ansia che, a volte, può diventare attacco di panico*, pur nella consapevolezza che il timore è eccessivo o irrazionale.

La paura è un sentimento insito nell’uomo – sottolinea il dottor Cavaliere – e non è negativa in sé. Se per esempio una persona nonostante il timore dell’aereo riesce a volare, allora non presenta una fobia patologica. Lo diventa nel momento in cui la situazione temuta viene sistematicamente evitata o sopportata con ansia intensa e profondo disagio . Perché si possa parlare di fobia, quindi, è necessario che ci siano almeno tre condizioni, cioè che sia causata da stimoli ritenuti minacciosi e limitata a quelli; che determini terrore ed evitamento della situazione e che scateni timori e ansie (anche quella anticipatoria, cioè che si prova prima di affrontare l’evento) eccessive che interferiscono con il lavoro e le relazioni sociali.

 

Da dove nasce nessuno lo sa

L’origine delle fobie specifiche è ancora ignota. Si sono succedute diverse interpretazioni negli anni ma non esiste ancora una spiegazione univoca.

Secondo la teoria psicanalitica – spiega il dott. Cavaliere – rappresentano una sorta di allarme contro l’ansia generata da pulsioni inconsce rimosse e simbolicamente riversate su oggetti o situazioni esterne. La persona, evitando gli stimoli che generano paura, evita i conflitti rimossi a livello inconscio e le conseguenze punitive che essi evocano, cioè castrazione e perdita di amore .

Per la teoria comportamentale, le reazioni fobiche sono frutto di un apprendimento condizionato: uno stimolo ambientale che è sempre stato neutro, per esempio la vista di un oggetto o di un cane, a un certo punto viene associato, anche casualmente, a un altro stimolo incondizionato di paura, che stimola una risposta comportamentale di terrore e di evitamento. Di conseguenza la persona impara a ridurre la paura evitando le situazioni che la provocano.

C’è poi la teoria cognitiva secondo cui l’ansia è causata da pensieri irrazionali o disfunzionali acquisiti sulla realtà. Questi pensieri – dice l’esperto – sarebbero come filtri che spingerebbero la persona a interpretare gli eventi in modo minaccioso. Così, per esempio, chi dipende fortemente dal giudizio degli altri e ritiene di non essere bravo a esporre il proprio pensiero, tormentato dal timore di essere giudicato male e di perdere la stima altrui, sarà preso dal panico all’idea di dover esporre il proprio pensiero, specie se diverso da quello degli altri . Manifesterà perciò sintomi psicosomatici come tachicardia, nausea, vertigini o ansia e se parlerà lo farà in modo inadeguato. Potrà anche non riuscirci e infatti la fobia di parlare in pubblico ne è un esempio.

 

I quattro gruppi principali

Sono quattro le categorie in cui vengono generalmente divise le fobie.

Il terrore per gli animali e gli insetti

Le fobie appartenenti a questa categoria assumono nomi singolari, come cinofobia (fobia dei cani), ailurofobia (fobia dei gatti), ornitofobia (fobia degli uccelli), aracnofobia (fobia dei ragni), entomofobia (fobia degli insetti), bufonofobia (fobia dei rospi), melissofobia (fobia delle api).

Dipende da un trauma o dall’emulazione

Compaiono in genere intorno ai sette anni, soprattutto nei bambini già ansiosi e timorosi e a scatenarle spesso è un piccolissimo trauma, come il trovarsi di fronte a un cane o un gatto minaccioso o il ritrovarsi addosso un insetto all’improvviso. Solo per quella riguardante i ragni (l’aracnofobia) e gli animali comunemente ritenuti pericolosi (come pipistrelli e simili) si tende per un’interpretazione ancestrale: questi esseri appartengono a un immaginario collettivo di paura perché nei racconti tramandati nei secoli sono sempre stati legati a contesti inquietanti. La predisposizione alla paura sarebbe presente nell’uomo, in particolare nel cervello emotivo (amigdala/sistema libico) pronto ad attivarsi immediatamente anche con modeste esposizioni allo stimolo, specie in quelle persone che per motivazioni genetiche o per esperienze passate sono più sensibili.

Le paure evolutive, cioè quelle che nascono da bambini, secondo gli esperti possono anche dipendere da un processo di emulazione. Il bambino, per esempio, ha un genitore che soffre di quella stessa paura e che involontariamente trasmette anche al piccolo o questa naturalmente viene imitata dal figlio. In quel caso si tratta di una fobia traslata dalla figura della mamma o del papà o da qualche altra figura parentale molto presente nella vita del piccolo.

Secondo Freud c’è ostilità tra padre e figlio

A queste si unisce anche un’interpretazione psicanalitica: chi sposa questa teoria pensa che dietro l’ansia che si sperimenta quando si incontra o si sta per incontrare l’animale di cui si ha paura, ci sia un allarme dovuto a una spinta inconscia proibita. Per esempio, dietro la paura dei cavalli di un bambino, secondo un caso clinico raccontato da Freud, si potrebbe nascondere l’ostilità contro il padre. Secondo il racconto riportato dallo studioso, il nero che si trova intorno agli occhi e alla bocca del cavallo ricordava al bambino il brutto carattere del padre e l’aggressione nei suoi confronti rappresentava l’impulso proibito che a livello cosciente prendeva la forma dell’equinofobia. Naturalmente questo è solo un esempio e ogni storia e ogni fobia va contestualizzata e affrontata singolarmente.

Ne soffre soprattutto il sesso femminile

La fobia degli animali e degli insetti colpisce le donne nel 75-90 per cento dei casi e non ha una grande tendenza familiare. Può protrarsi fino all’età adulta ma non è detto che accada, mentre è difficile che compaia da grandi. È una di quelle che interferisce poco con la vita di chi ne soffre e raramente va in psicoterapia.

 

La fobia del sangue, delle iniezioni e delle ferite

Questa è la paura provocata dalla vista del sangue o di una ferita o dal fatto di dover ricevere un’iniezione o altre procedure mediche invasive come un’esplorazione rettale, un prelievo di sangue, un’anestesia dal dentista, la dilatazione della cervice uterina, i punti di sutura. In qualcuno questo genere di fobia può anche comparire alla vista di un film con scene violente e sanguinolente.

Una reazione diversa

A differenza di tutte le altre, questa fobia ha una peculiarità: comporta una risposta organica diversa. La fobia di sangue, ferite e aghi, dopo un temporaneo incremento della frequenza cardiaca e dei valori della pressione arteriosa (le reazioni che si verificano anche negli altri casi), induce una crisi a livello della circolazione sanguigna che provoca il rallentamento del ritmo del cuore e l’abbassamento della pressione fino allo svenimento nel 70-80 per cento dei casi. Mentre nelle altre fobie si verifica in genere anche l’aumento dell’ormone adrenalina (che circola in maggiore quantità di fronte a una situazione di pericolo), qui si verifica un processo opposto e in particolare negli uomini è stata osservata anche la presenza di asistolia, cioè assenza di battito cardiaco per qualche istante.

Questione di sensibilità ma anche di geni

L’origine della fobia per il sangue e le ferite è oggetto di discussioni. Secondo alcuni va attribuita solo al disagio-ribrezzo in persone particolarmente sensibili, secondo altri dipende da un meccanismo di evoluzione dell’uomo finalizzato al normale istinto di sopravvivenza e causato dal calo dei valori della pressione arteriosa. È come se, a livello inconscio, si temesse, alla vista del sangue altrui, di perderne del proprio e, attraverso il meccanismo fisiologico della riduzione della pressione che accompagna tale paura, si riducesse anche la probabilità di un’emorragia. C’è invece un generale accordo sulla registrazione di un’altissima connotazione familiare-ereditaria. Il 70 per cento circa delle persone che soffre della fobia del sangue, degli aghi e delle ferite ha infatti un familiare con la stessa paura, il che ha fatto pensare che la componente ereditaria sia più rilevante che in altri casi.

Comincia da bambini

C’è una maggiore frequenza nelle donne (55-70 per cento). Anche questa fobia però non risulta molto invalidante e raramente si va in psicoterapia per curarla, a meno che non si scelga di svolgere una professione del campo sanitario. Compare da bambini o da adolescenti e più raramente in età adulta.

Paura dei temporali, del buio e dell’altezza

Le fobie attivate da elementi naturali sono la brontofobia (paura dei temporali), la ceraunofobia (paura dei tuoni), l’acrofobia (paura delle altezze), la scotofobia (paura del buio), l’idrofobia (paura dell’acqua).

Questa è una fobia abbastanza limitante: chi ne soffre infatti si agita moltissimo ogni volta che deve affrontare un certo evento naturale. Se, per esempio, sta per scoppiare un temporale o viene meno la luce all’improvviso, la persona prova angoscia e terrore, vorrebbe scappare (anche se non si sente al sicuro da nessuna parte) e ha sempre bisogno di una persona di riferimento che la protegga. Spesso invece è da sola e dunque è ancora più atterrita.

Paure ancestrali , coccole e rassicurazioni

Come per la fobia degli animali, in questa categoria di paure giocano due componenti. Da un lato, i timori ancestrali: gli eventi naturali, soprattutto violenti, hanno sempre inciso sulla sopravvivenza degli esseri umani. Questo retaggio, unito al substrato ambientale (per esempio una tromba d’aria avrà un impatto maggiore in Italia rispetto ai Paesi con clima monsonico) e a un temperamento ansioso, può far scatenare la fobia. Dall’altro, conta anche il ruolo dei genitori: il fatto che la fobia si sviluppi o meno nell’infanzia potrebbe dipendere da come e quanto i genitori sono riusciti a stare vicino ai bambini durante gli eventi naturali temuti. Per esempio, durante i tuoni e i fulmini non basta stare vicino a un bambino spaventato e limitarsi ad abbracciarlo. Questi sono gesti essenziali ovviamente, ma altrettanto necessario è spiegare che si tratta di un fenomeno transitorio. Insomma bisogna proteggere e rassicurare il piccolo, specie se ansioso, altrimenti si trascinerà questa fobia anche da grande.

Anche da adulti

Le paure ambientali possono comparire in età adulta, ma in genere solo in conseguenza a un disturbo post-traumatico da stress, cioè seguono a per esempio a un uragano, un terremoto, che innesca la paura che l’evento possa ripetersi. Anche qui c’è una leggera prevalenza di diffusione al femminile, mentre il ricorso alla psicoterapia è molto più importante, dato il carattere invalidante della fobia stessa.

La paura di volare, degli ascensori o delle gallerie

Queste fobie sono scatenate da situazioni specifiche come i luoghi chiusi o stretti come i tunnel, le gallerie e gli ascensori (claustrofobia) o il guidare (amaxofobia) o il volo (aviofobia).

Una questione di controllo

All’interno di questo gruppo ci sono fobie più razionali, come quella di volare, evento contrario alla natura umana e altre meno comprensibili che riguardano i mezzi di trasporto su terra o l’attraversamento di ponti o gallerie, più congeniali agli uomini. Queste fobie sono legate al timore di perdere il controllo, il proprio o quello altrui. Per esempio, nel caso dell’aereo, ci si deve affidare ad altri (il pilota) e a un mezzo (l’aereo) di cui non si conosce bene il funzionamento. Se invece si ha paura di guidare, allora prevale il terrore di perdere il controllo dell’auto e di provocare un incidente. La paura dei luoghi chiusi (ascensori, tunnel, gallerie) è legata all’impossibilità di scappare e all’essere confinati in uno spazio limitato. Ci sono alcuni che non riescono ad andare al cinema, in metropolitana perché avvertono un senso di soffocamento: questo può essere anche il riflesso di una situazione da cui ci si sente oppressi.

Il ruolo delle esperienze passate

Le fobie situazionali sono dovute a esperienze reali o simboliche che hanno fortemente condizionato la vita. Nel caso della claustrofobia, per esempio, la persona può essere stata rinchiusa in uno spazio ristretto e può aver sperimentato sensazioni di soffocamento oppure può aver percepito una sensazione simbolica di intrappolamento, per esempio in una relazione interpersonale difficile.

Discorso simile per la paura dell’acqua, del fondo, del nuoto. Uno studio ha indagato su questa fobia, somministrando un questionario ai familiari di 50 bambini. Il 56 per cento del campione ha affermato che la fobia era comparsa al primo contatto dei figli con l’acqua; il 26 per cento riconosceva nel condizionamento indiretto (cioè nell’aver visto altri bambini paurosi) la causa della fobia e solo il 2 per cento a seguito di un episodio condizionante classico. Il restante 16 per cento non trovava alcuna spiegazione se non il fatto che i figli avessero avuto da sempre la fobia dell’acqua. Per quanto concerne la paura del volo, molti fobici la fanno risalire alle notizie di aerei precipitati, altri alle turbolenze vissute e altri ancora all’aver visto altre persone spaventarsi durante il volo. In genere insomma la paura di volare risale a esperienze pregresse o riportate, tranne per coloro che soffrono già di panico o per gli agorafobici*. Questi infatti evitano di volare per paura di essere colpiti da un attacco di panico, mentre i fobici veri e propri per timore che l’aereo cada. A differenza delle altre fobie appartenenti a questa categoria, a prevalenza femminile, l’aviofobia sembra riguardare allo stesso modo donne e uomini.

 

Come riconoscere la paura dalla fobia

Il Dsm-IV stabilisce criteri precisi per distinguere una paura normale da una fobia, e cioè che l’ansia e l’evitamento di certe situazioni non devono essere legate a disturbi mentali di altro tipo o a sostanze o farmaci che possano alterare lo stato mentale; che l’ansia, il panico e l’evitamento non dipendano da altri disagi psicologici come il disturbo ossessivo-compulsivo, il disturbo post-traumatico da stress o il disturbo d’ansia di separazione. Inoltre Il Dsm-IV stabilisce che deve essere analizzato il modo in cui viene vissuta l’esposizione alla situazione o la semplice attesa di quella – sottolinea lo psicologo – e se questa comporta una paura leggera o marcata. Se per esempio il solo fatto di sapere di dovere andare da un amico che ha l’animale che si teme comporta un’irragionevole ansia e timore, allora potrebbe trattarsi di una fobia . Infine va anche osservato l’atteggiamento di evitamento. Se l’ansia si placa solo quando l’evento è superato – ribadisce Cavaliere – o, peggio ancora, solo quando si rinuncia all’evento (non si va in campagna per evitare incontri ravvicinati con gli insetti o non si prende l’aereo perdendo un’occasione importante), la persona da sola si renderà conto che la sua paura ha un aspetto patologico e che bisogna intervenire .

La psicoterapia comportamentale

Il trattamento elettivo in caso di fobia è quello comportamentale che segue un’idea del tipo “fare amicizia con le proprie paure”. Dice il dottore: Si mette in atto un processo di desensibilizzazione mediante un’esposizione programmata e graduale all’oggetto fobico. La persona viene avvicinata in modo lento e progressivo agli stimoli che innescano la paura, partendo da quelli più lontani dall’oggetto, per esempio l’osservazione di immagini di cani o l’immagine di una siringa nuova, per mettere in campo una tecnica all’inizio solo immaginativa. Man mano, poi, si passa al contatto reale: per esempio, nel caso della paura di volare ci sono corsi, organizzati anche dalle compagnie aeree, che propongono spiegazioni tecniche e voli simulati . Il contatto con tali stimoli viene mantenuto finché non subentra l’ abitudine e questi non generano più un’ansia forte. A questo punto si procede all’esposizione a uno stimolo leggermente più ansiogeno, in una scala ben congegnata. Nel giro di qualche mese, in genere, si riesce a risalire fino a esposizioni più forti , ripetendo ogni esercizio finché lo stimolo fobico non diventa neutro. Tale psicoterapia può spaventare molto, poiché il fobico deve affrontare la situazione temuta , ma se effettuata da psicoterapeuti esperti, garantisce un’ottima percentuale di successo. S e non ci sono altri disagi psicologici la psicoterapia comportamentale dura 6 mesi o un anno al massimo e le sedute sono settimanali.

Il trattamento cognitivo

A quella comportamentale si può aggiungere una terapia cognitiva che punta a ristrutturare schemi mentali sbagliati o idee disfunzionali assunte nel tempo. Per esempio, nel caso dell’aereo, se uno ha paura che l’aereo cada e teme di morire, il trattamento consisterà nel conoscere tutte le indagini effettuate, secondo cui l’aereo è il mezzo più sicuro e quello che registra meno incidenti. Si effettua insomma – conferma il dottore – una ristrutturazione mentale che tuttavia va affiancata sempre a quella comportamentale perché, senza l’esposizione agli stimoli temuti, si proverà ansia e terrore quando ci si ritroverà poi, prima o poi, di fronte all’oggetto della paura . La durata della psicoterapia cognitiva in genere coincide con quella comportamentale, infatti quasi sempre si fanno insieme .

La psicanalisi

L’indirizzo psicoanalitico parte dal presupposto che la fobia sia il riflesso di qualcos’altro, di un impulso proibito rimosso che si riflette sull’oggetto della paura. Quindi secondo gli psicanalisti bisogna andare all’origine della paura irrazionale, indagare il passato e scavare tra i ricordi per capire da dove viene e quindi risolverla. Quando avviene questo, si prende coscienza del significato sostitutivo che ha la fobia e l’oggetto perde (o dovrebbe perdere) così la sua valenza fobica. È un percorso di cura che necessita di tempi piuttosto lunghi, addirittura anni e le sedute possono essere anche tre alla settimana.

I farmaci nei casi più seri

Nel caso di fobie gravi e invalidanti possono lo specialista in psichiatria può prescrive farmaci ansiolitici, che aiutano a gestire l’ansia quando si devono affrontare necessariamente certe situazioni temute per esempio prima di prendere l’aereo. Tale strategia consente senz’altro di sopravvivere all’evento, ma – sottolinea Cavaliere – tende a rafforzare la fobia perché la persona apprenderà che solo con l’aiuto del farmaco è in grado di superare il terrore .

Ines Siano

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

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