RIFLESSIONI SULLA DEPRESSIONE

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Di seguito riporto una serie di Riflessioni sulla Depressione.

Provate ad individuare quali vi possono riguardare, direttamente o indirettamente, o provare delle risonanze personali.

La depressione è un’epidemia di portata mondiale. Nel 2020 secondo le stime dell’OMS la depressione sarà la più diffusa malattia del pianeta. Personalmente credo che la maggior parte delle depressioni abbiano le sue radici nella solitudine, ma la comunità medica preferisce parlare di depressione piuttosto che di solitudine. È più facile liberarci del problema dando una diagnosi e una scatola di farmaci. Perché se cominciassimo a parlare di solitudine, sapremmo, per certo, che non ci sono farmaci. Non c’è industria medica che tenga, basta l’amore umano.
(Patch Adams)

Dovunque mi fossi trovata, sul ponte di una nave o in un caffè di Parigi o a Bangkok, sarei stata sotto la stessa campana di vetro, a respirare la mia aria mefitica.
(Sylvia Plath)

La gente pensa che la depressione è la tristezza, il pianto o il vestirsi in nero, ma la gente non sa che la depressione è la costante sensazione di essere intorpidito. Ti svegli la mattina solo per tornare a letto.
(Anonimo)

La depressione non equivale al dolore; il vero depresso ringrazierebbe il cielo se riuscisse a provare dolore. La depressione è l’incapacità di provare emozioni. La depressione è la sensazione di essere morti mentre il corpo è ancora in vita. Non equivale affatto alla pena e al dolore, con i quali anzi non ha niente in comune. Il depresso è incapace di provare gioia, così come è incapace di provare dolore. La depressione è l’assenza di ogni tipo di emozione, è un senso di morte che per il depresso è assolutamente insostenibile. È proprio l’incapacità a provare emozioni che rende la depressione così pesante da sopportare.
(Erich Fromm)

L’unico modo per evitare di essere depressi è non avere abbastanza tempo libero per domandarsi se se si è felici o no.
(George Bernard Shaw)

Il momento in cui un uomo si interroga sul significato e sul valore della vita, egli è malato, dato che oggettivamente non esiste nessuna delle due cose; col porre questa domanda uno sta semplicemente ammettendo di avere una riserva di libido insoddisfatta provocata da qualcos’altro, una specie di fermentazione che ha condotto alla tristezza e alla depressione.
(Sigmund Freud)

Il dolore mentale è meno drammatico del dolore fisico, ma è più comune e anche più difficile da sopportare. Il tentativo di nascondere i frequenti dolori mentali ne aumenta il peso: è più facile dire “Il mio dente fa male” che dire “Il mio cuore è spezzato.”
(CS Lewis)

La depressione indica che in te, da qualche parte, c’è rabbia in uno stato negativo. La depressione è lo stato negativo della rabbia; il termine stesso è eloquente: dice che c’è qualcosa di compresso, è questo il significato di depresso. Stai comprimendo qualcosa dentro di te e, quando la rabbia è troppo repressa, diventa tristezza: la tristezza è un modo negativo di essere arrabbiati.
(Osho)

Forse tu non conosci la depressione. E la grande sofferenza, la fatica di vivere ogni giorno, avere sensi di colpa, rimpianti e angosce che risalgono a tempi lontani vissuti con il padre e la madre. La vita perde il suo colore, si è incapaci di provare piacere e gioia per qualsiasi evento. Il tempo sembra essersi fermato. Si guardano le persone care con la sensazione di non provare nessuna emozione: il calore dei sentimenti non riesce a passare la cortina di gelo che ci isola. Quando siamo in questo stato perdiamo gli amici e anche l’amore perché non siamo in grado di donare più nulla di buono. Non si ha il senso del futuro, tutto è legato al presente carico di noia e interminabile.
(Romano Battaglia)

Soffrire di depressione vuol dire non desiderare più nulla, non avere la forza di cambiare. Ci sentiamo soli anche in mezzo agli altri, che spesso non comprendono la nostra sofferenza. Siamo incapaci di amare e nello stesso tempo abbiamo un disperato bisogno di affetto.
(Romano Battaglia)

Il depresso è solo anche in mezzo agli altri, distaccato da tutto e da tutti. Incapace di amare, si sente inaridito, con un penoso senso di vuoto affettivo:
(Giovanni B. Cassano)

Chi è depresso vive con la mente rivolta indietro e nel passato individua colpe che «spiegano» la sua sofferenza oppure vi coglie i segni di predestinazione a una rovina senza fine.
(Giovanni B. Cassano)

La depressione è una forma di lucidità. E la lucidità è insopportabile.
(Pino Caruso)

La depressione è una reazione molto ragionevole a praticamente tutto quello che ci ritroviamo a vivere oggi.
(Chrystos)

La depressione si presenta sotto forma di realismo sul marciume del mondo in generale e della tua vita in particolare.
(Jonathan Franzen)

Lo stato depressivo non è assolutamente negativo e penso anzi che sia necessario, che porti alla riflessione e alla calma. Un’euforia permanente sarebbe troppo faticosa. Penso che si debba sempre mantenere questa sorta di interstizio, di vuoto, nel proprio spirito, nel proprio cuore.
(Jirō Taniguchi)

La depressione può dissolversi spontaneamente da un momento all’altro. Un bel giorno si va a letto la sera depressi e disperati e al mattino ci si sveglia cambiati: si sta bene di nuovo, la depressione ci ha lasciati. Non sappiamo il perché, ma accade. È un altro degli aspetti caratteristici di questa malattia dal decorso capriccioso e imprevedibile.
(Giovanni B. Cassano)

La depressione è psichicamente caratterizzata da un profondo e doloroso scoramento, da un venir meno dell’interesse per il mondo esterno, dalla perdita della capacità di amare, dall’inibizione di fronte a qualsiasi attività e da un avvilimento del sentimento di sé che si esprime in autorimproveri e autoingiurie e culmina nell’attesa delirante di una punizione. Questo quadro guadagna in intelligibilità se consideriamo che il lutto presenta – ad eccezione di una – le medesime caratteristiche; nel lutto non compare il disturbo del sentimento di sé, ma per il resto il quadro è lo stesso.
(Sigmund Freud, nel testo originale usa il termine “malinconia” per indicare “depressione”)

La rabbia è energizzante. L’opposto della rabbia è la depressione, che è la rabbia rivolta verso l’interno.
(Gloria Steinem)

La depressione è il voto di castità dei nostri sensi.
(Umar Timol)

La paura più profonda che abbiamo, “la paura di tutte le paure” è la paura di misurarsi con la paura del giudizio. E’ questa paura che crea lo stress e la depressione della vita quotidiana.
(Tulliano Tchividjian)

Che cos’è la depressione? Quella condizione dell’anima che si registra quando il mondo circostante non ci dice più nulla e il mondo immaginifico, quello dei nostri sogni e dei nostri progetti, tace avvolto da un silenzio così cupo e impenetrabile da impedire anche il più timido degli sguardi che osi proiettarsi nel futuro.
(Umberto Galimberti)

La prima funzione dell’antidepressivo è di mettere a tacere definitivamente il nostro cuore. E questo è il modo più sicuro per non entrare in dialogo, prima che con gli altri, con il profondo di noi stessi.
(Umberto Galimberti)

Il romanzo di Françoise Sagan, Bonjour tristesse, esce nel 1954. Un successo strepitoso, l’autrice aveva 18 anni. Il film, diretto da Otto Preminger, è del 1958. Tutto accade appena in tempo, se si pensa che l’imipramina, il primo antidepressivo, nasce nel 1957-8. Questione di pochi mesi e si sarebbe potuto scrivere al posto di Bonjour tristesse, Bonjour Imipramine. La tristezza è stata ammazzata: i tristi amori, scomparsi. Non esiste più nemmeno come parola, cancellata dall’ uso corrente. Morti anche termini come “inquietudine” (l’”inquieto è il mio cuore finché non riposa in Te” di Agostino); come “anelito”, “disperazione” (disperata attesa). Tutto è stato buttato dentro depressione e depressione si coniuga necessariamente a antidepressivo. Il demone sconfitto dal Bene dei farmaci, dalla chimica dalle formule magiche uscite dai laboratori scientifici delle grandi industrie farmaceutiche. La lotta tra il male, la depressione e il bene, l’imipramina o gli SSRI (Inibitori della ricaptazione della serotonina). Sarebbe tempo di occuparsi della uccisione delle parole, delitti che andrebbero puntiti severamente. E’ capitato anche per l’angoscia, l’angustia, la trepidazione, il timore, il tremore (interiore). Il grande capolavoro di Kierkegaard
(Vittorino Andreoli)

Tutto è anxiety e depression. Tutto è antidepressivo e ansiolitico. La vita dei sentimenti si è impoverita e ormai per essere certi di non avere una prescrizione di psicofarmaci bisogna non avvertire più niente, essere sentimentalmente vuoti. Aveva ragione Benedetto Croce: se eliminiamo le parole scompaiono i concetti e oggi — egli direbbe — persino i sentimenti. Forse anche per questo i poeti tacciono, temono di essere tutti curati per anxiety and depression.
Bisognerebbe ripartire dall’uomo, e non dai sintomi e dai farmaci, per fare una nuova psichiatria.
(Vittorino Andreoli)

Usare la parola “depressione” per descrivere un comportamento inspiegabile o violento manda due falsi segnali: primo, che la società non ha nessuna responsabilità per quanto riguarda la nostra felicità, perché l’infelicità è una condizione medica; secondo, che una persona depressa corre il pericolo di compiere atti abominevoli.
(Anne Skomorowsky)

Chi vive un lutto sperimenta cinque fasi di elaborazione del dolore, cinque tappe in cui si relaziona con ciò che è costretto ad affrontare: negazione o rifiuto, rabbia, contrattazione o patteggiamento, depressione e accettazione.
(Elisabeth Kubler-Ross)

Ci sono casi, casi patologici per così dire di depressione spirituale, in cui la lettura può diventare una specie di disciplina terapeutica ed essere demandata e ripetutamente sollecitata a reintrodurre perpetuamente una coscienza pigra nella sua vita spirituale. In questi casi i libri assumono un ruolo analogo a quello degli psicoterapeuti con certi nevrotici.
(Marcel Proust, Del piacere di leggere)

La nostra vita è in altalena. Oscilliamo tra aggressione e depressione.
(Michael Richter)

L’anima del depresso non è più solcata dai residui della speranza. E le parole che alla speranza alludono, le parole di tutti, più o meno sincere, le parole che non si rassegnano, le parole che insistono, le parole che promettono, le parole che vogliono guarire languono tutte attorno al depresso, come rumore insensato.
(Umberto Galimberti)

La radice della creatività si ritrova nel bisogno di ricostruire l’oggetto buono distrutto nella fase depressiva.”
(Melanie Klein)

Molte persone vorrebbero piuttosto essere certe di essere depresse, piuttosto che rischiare di essere felici.
(Robert Anthony)

Tu non sei felice perché stai bene. Tu stai bene perché sei felice. Tu non sei depresso perché ti sono capitati dei guai, ma i guai ti sono capitati perché eri depresso. Tu puoi cambiare i tuoi pensieri e i tuoi sentimenti, e poi le cose esterne cambieranno per uniformarsi, e non vi è davvero altro modo di lavorare.
(Emmet Fox)

Non ci sono depressioni incurabili. Occorre ripeterlo senza stancarsi a chi ne soffre: è una malattia che, come molte altre, con i trattamenti migliora rapidamente, fino a scomparire. Quando non se ne esce, si tratta o di depressioni non curate o di depressioni mal curate. Oppure di altre malattie.
(Giovanni B. Cassano)

La depressione può uccidere, sia chi ne soffre, sia chi gli sta accanto. Ma per chi trova la forza e la capacità di scendere all’inferno e guardare in faccia il “male oscuro” (nella celebre definizione di Giuseppe Berto), di sciogliere con pazienza ed intelligenza tutti i nodi della sua psiche, di affrontare con tenacia i fallimenti, il premio è l’acquisizione di una nuova consapevolezza. La lotta alla depressione è una gloriosa lotta di liberazione di sé stessi e delle proprie potenzialità, un meraviglioso seppur doloroso viaggio nella propria interiorità alla scoperta del proprio valore e della propria forza.
(Vittorino Andreoli)

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private (anche telefoniche o via Skype) tel.320-8573502 email:cavaliere@iltuopsicologo.it

LA “PAURA LIQUIDA”

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Il libro “Paura Liquida” del sociologo Baumann rappresenta una lettura utile al fine di comprendere le paure che attraversano la nostra società ed i nostri tempi, con conseguenti ripercussioni personali ed individuali. Di seguito riporto un brano significativo del libro.

“Le occasioni di aver paura sono una delle poche cose che non scarseggiano in questi nostri tempi tristemente poveri di certezze, garanzie e sicurezze. Le paure sono tante e varie. Ognuno ha le sue, che lo ossessionano, diverse a seconda della collocazione sociale, del genere, dell’età e della parte del pianeta in cui è nato e ha scelto di (o è stato costretto a) vivere. Il guaio è che tali paure non sono tutte uguali fra loro. Dato che arrivano una alla volta, in successione ininterrotta ma casuale, esse sfidano i nostri (eventuali) sforzi di collegarle tra loro e ricondurle alle loro radici comuni. Ci spaventano di più perché risultano difficili da abbracciare nella loro totalità, ma ancor di più per il senso di impotenza che suscitano in noi. Non riuscendo a comprenderne le origini e la logica (ammesso che ci sia), ci troviamo al buio e incapaci di prendere provvedimenti – e, a maggior ragione, di prevenire o contrastare i pericoli che esse ci segnalano. Siamo semplicemente privi di strumenti e capacità a tal fine. I rischi che temiamo trascendono la nostra capacità di agire; finora non siamo nemmeno riusciti a definire chiaramente come dovrebbero essere gli strumenti e le capacità adeguate – e dunque siamo ben lontani dal poter iniziare a progettarli e realizzarli. Ci troviamo in una situazione non molto diversa da quella di un bambino disorientato; per riprendere l’allegoria utilizzata tre secoli fa da George Christoph Lichtenberg, se un bambino urta contro un tavolo, dà la colpa a quest’ultimo, mentre per casi simili noi abbiamo coniato la parola “destino” contro cui lanciare accuse”.

(Zygmunt Bauman, “Paura liquida”, editori Laterza)

Dott. Roberto Cavaliere

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GERASCOFOBIA: LA PAURA DI INVECCHIARE

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La Gerascofobia è la paura d’invecchiare con il timore di tutte le conseguenze dell’invecchiamento quali il decadimento fisico e/o psicologico.

Si può presentare già appena dopo i 30 anni con i primi segnali, sopratutto fisici sul corpo, del tempo che passa.

Tale paura è legata sia a caratteristiche personali, quali ansia e insicurezza, che a fattori socioligici che tendono a privilegiare l’efficienza e la perfezione sia fisica che psicologica.

Come uscirne ? E’ necessario individuare le cause personali che scatenano tale fobia e predisporre un piano terapeutico ad hoc per affrontare e superare tali cause.

Di seguito una “riflessione terapeutica” che può aiutare a superare tale paura.

NON IMPORTA QUANTI ANNI HO
Ho l’età in cui le cose si osservano con più calma, ma con l’intento di continuare a crescere.
Ho gli anni in cui si cominciano ad accarezzare i sogni con le dita e le illusioni diventano speranza.
Ho gli anni in cui l’amore, a volte, è una folle vampata, ansiosa di consumarsi nel fuoco di una passione attesa.
E altre volte, è un angolo di pace, come un tramonto sulla spiaggia.
Quanti anni ho, io? Non ho bisogno di segnarli con un numero, perché i miei desideri avverati, le lacrime versate lungo il cammino al vedere le mie illusioni infrante valgono molto più di questo.
Che importa se compio venti, quaranta o sessant’anni!
Quel che importa è l’età che sento.
Ho gli anni che mi servono per vivere libero e senza paure.
Per continuare senza timore il mio cammino, perché porto con me l’esperienza acquisita e la forza dei miei sogni.
Quanti anni ho, io? A chi importa!
Ho gli anni che servono per abbandonare la paura e fare ciò che voglio e sento.
José Saramago

Dott. Roberto Cavaliere

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LA TERAPIA DELL’ASSENZA DELLE EMOZIONI NEGATIVE

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Il seguente brano del filosofo Schopenhauer aiuta a riflettere sul senire il dolore, la preoccupazione, la paura ed altre emozioni negative ma non la loro assenza. Solitamente le emozioni negative sono quelle che si avvetono maggiormente e più difficilmente ma sarebbe necessario allenarsi anche a sentire la mancanza delle emozioni negative come momenti di serenità e piacere.

Una sorte di terapia basata sull’assenza delle emozioni che fanno stare male.

Roberto Cavaliere

Noi sentiamo il dolore, ma non l’assenza del dolore; sentiamo la preoccupazione, ma non l’assenza della preoccupazione; la paura, ma non la sicurezza. Sentiamo il desiderio, così come la fame e la sete; ma non appena è soddisfatto, succede come per il boccone che, nel momento in cui viene inghiottito, cessa di esistere per la nostra sensibilità. Sentiamo amaramente la mancanza di piaceri e di gioie, quando non ci sono; dei dolori invece non sentiamo direttamente la mancanza, anche se non ne proviamo da parecchio tempo, tutt’al più ce ne ricordiamo per mezzo della riflessione. Solo dolore e mancanza infatti possono venire sentiti positivamente, e dunque si fanno sentire da sé: il benessere invece è solo in negativo. Perciò noi ci rendiamo conto direttamente dei beni più grandi della vita, salute, giovinezza e libertà, solo quando le abbiamo perdute: perché anch’esse sono negazioni. Dei giorni felici della nostra vita ci accorgiamo solo quando hanno ormai lasciato il posto a giorni felici.

Arthur Schopenhauer da Il mondo come volontà e rappresentazione

Dott. Roberto Cavaliere

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BASI GENETICHE E DISTURBO BIPOLARE

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Il disturbo bipolare è un disturbo che provoca cambiamenti insoliti dell’umore e del livello di energia, alternando fasi depressive a fasi di euforia, spesso intervallate da lunghi periodi in cui l’umore medio oscilla comunque tra frequenti alti e bassi.

Una recente ricerca, pubblicata a maggio 2019 sulla rivista scientifica Nature Genetics e condotta su più di 50.000 pazienti affetti da disturbo bipolare, in diversi 14 Paesi, ha rilevato nuove 20 associazioni genetiche con tale disturbo. Viene quindi ulteriormente confermata la teoria, ormai da anni consolidata, sulla predisposizione genetica al disturbo bipolare. Avere una predisposizione genetica al disturbo bipolare non significa comunque che si svilupperà necessariamente questo disturbo. Fattori scatenanti, psicologici e ambientali, contribuiscono all’insorgenza del disturbo in individui geneticamente predisposti.

 

Dott. Roberto Cavaliere

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IL RIMUGINIO NEL DISTURBO BIPOLARE

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Il rimuginio è uno stile di pensiero ciclico, persistente, di attenzione focalizzata su di sé e costituisce un sintomo residuale nei disturbi depressivi giocando un importante ruolo nella ricaduta e nel mantenimento del disturbo.  Ancora pochi sono gli studi sulla fase maniacale o ipomaniacale anche se la letteratura rimanda anche alla descrizione del rimuginio desiderante le cui caratteristiche presentano dei punti di convergenza con lo stile di pensiero tipico della fase ipo-maniacale.

Lo studio, condotto da S. Righini e colleghi del Centro Studi Cognitivi Firenze e Studi Cognitivi Modena, aveva l’obiettivo di esplorare la presenza di rimuginio desiderante relativo alla fase ipo-maniacale del disturbo bipolare.

A questo scopo è stata costruita, da psicoterapeuti esperti in Terapia Metacognitiva, un’intervista semistrutturata a n. 6 pazienti bipolari per esplorare le credenze metacognitive positive e negative sul pensiero relativo alla fase ipo/maniacale.

I risultati mostrano come lo stile di pensiero ripetitivo in cui sono coinvolti i pazienti bipolari in fase maniacale o ipomaniacale abbia le caratteristiche del rimuginio desiderante, sostenuto in particolare da meta-credenze positive sul trigger e sullo stato desiderato, quello ipomaniacale o quantomeno ipertimico, nonché da meta-credenze negative di incontrollabilità e pericolosità del pensiero. Emerge inoltre una quota di rimuginio desiderante “di stato” in fase eutimica, riferita sempre alla fase ipo-maniacale, la quale agisce come sintomo residuale e potrebbe concorrere al mantenimento del disturbo, al presentarsi di ricadute nonché alla scarsa aderenza al trattamento. Se la ricerca futura confermerà questi risultati sarà necessario tenere in dovuta considerazione la presenza ed il ruolo del rimuginio desiderante nel progetto terapeutico con pazienti bipolari.

 

Dott. Roberto Cavaliere

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LA DEPRESSIONE NELLA DONNA

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La depressione, la “principale causa di disabilità in tutto il mondo”, è molto più diffusa nelle donne che negli uomini (circa il doppio delle probabilità).
L’anedonia è uno dei segni distintivi del disturbo depressivo maggiore e riflette l’incapacità di ricavare gioia o piacere da attività che prima erano piacevoli.
A livello neurologico, l’anedonia si presenta come una minore attività nell’area di elaborazione della ricompensa del cervello, chiamata striato ventrale.
Una nuova ricerca getta luce su come le differenze sessuali nella depressione si manifestano nel cervello. Nello specifico, gli scienziati mostrano come l’infiammazione influenzi la risposta del cervello alle ricompense in modo diverso negli uomini e nelle donne.
Lo studio è stato effettuato da Naomi Eisenberger, Ph.D., professoressa all’Università della California, a Los Angeles, sulla rivista Biological Psychiatry: Cognitive Neuroscience and Neuroimaging.

I ricercatori hanno somministrato una bassa dose di endotossina per indurre l’infiammazione o un placebo per uomini e donne senza depressione.
In totale, lo studio ha incluso 115 partecipanti, 69 dei quali erano di sesso femminile. I ricercatori hanno assegnato in modo casuale i partecipanti al gruppo controllo / placebo o al gruppo con endotossina a basse dosi.

Due ore dopo l’intervento ai partecipanti è stato chiesto di completare un compito in cui dovevano anticipare una ricompensa monetaria. I partecipanti hanno svolto il compito all’interno di uno scanner MRI funzionale.

I risultati hanno rivelato che l’endotossina riduceva l’attività dello striato ventrale di elaborazione della ricompensa. Tuttavia, i ricercatori hanno notato che questo effetto differiva a seconda del sesso.

“In particolare”, riportano la prof.ssa Eisenberger e colleghi, “nelle partecipanti di sesso femminile, l’endotossina (rispetto al placebo) ha portato a una riduzione dell’attività dello striato ventrale in previsione della ricompensa, ma questo effetto non era presente nei partecipanti di sesso maschile”.

“Questo suggerisce che le donne con disturbi infiammatori cronici possono essere particolarmente vulnerabili allo sviluppo della depressione attraverso diminuzioni della sensibilità alla ricompensa”, spiega Mona Moieni, Ph.D.

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SMILING DEPRESSION : LA DEPRESSIONE SORRIDENTE

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“Depressione sorridente” è il termine usato per quella persona che vive gli aspetti depressivi internamente, mentre appare perfettamente felice o contento all’esterno. Di solito la loro vita pubblica sembrerebbe normale o perfetta .

La depressione sorridente non è riconosciuta come patologia nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5), ma verrebbe probabilmente diagnosticata come disturbo depressivo maggiore con caratteristiche atipiche

Quali sono i sintomi della depressione sorridente?

Chi vive una depressione sorridente  – dall’esterno – apparire felice o contento come gli altri. Al suo interno, tuttavia, starebbe sperimentando i sintomi angoscianti della depressione.

La depressione colpisce tutti in modo diverso e ha una varietà di sintomi, il cui principale è la profonda, prolungata tristezza. Altri sintomi classici includono:

  • cambiamenti nell’appetito, nel peso e nel sonno
  • affaticamento o letargia
  • sentimenti di disperazione, mancanza di autostima e bassa autostima
  • perdita di interesse o piacere nel fare cose che un tempo erano apprezzate

Qualcuno con una depressione sorridente può sperimentare alcuni o tutti i precedenti, ma in pubblico, questi sintomi sarebbero per lo più – se non del tutto – assenti. Per qualcuno che guarda dall’esterno, una persona con una depressione sorridente potrebbe avere il seguente aspetto:

  • un individuo attivo, ad alto funzionamento
  • qualcuno che tiene un lavoro fisso, con una famiglia sana e una vita sociale
  • una persona che sembra essere allegra, ottimista e generalmente felice

Se stai vivendo la depressione e continui a sorridere e ad indossare una facciata, potresti provare:

  • come mostrare segni di depressione sarebbe un segno di debolezza
  • come se dovessi opprimere qualcuno esprimendo i tuoi veri sentimenti
  • che non hai affatto la depressione, perché stai “bene”
  • che altri lo abbiano di peggio, quindi di cosa ti devi lamentare?
  • che il mondo sarebbe meglio senza di te

Un tipico sintomo depressivo sta avendo un’energia incredibilmente bassa e sta diventando difficile persino farlo fuori dal letto al mattino. In depressione sorridente, i livelli di energia potrebbero non essere influenzati (tranne quando una persona è sola).

Per questo motivo, il rischio di suicidio potrebbe essere più alto. Le persone con depressione maggiore a volte si sentono suicide, ma molte non hanno l’energia per agire su questi pensieri. Ma qualcuno con una depressione sorridente potrebbe avere l’energia e la motivazione per farlo.

Come con altri tipi di depressione, la depressione sorridente può essere scatenata da una situazione , come una relazione fallita o la perdita di un lavoro. Può anche essere vissuto come uno stato costante.

Culturalmente, le persone possono affrontare e sperimentare la depressione in modo diverso, compreso il sentirsi più sintomi somatici (fisici) di quelli emotivi. I ricercatori ritengono chequeste differenze possano avere a che fare con il pensiero orientato internamente o esternamente: se il tuo pensiero è orientato esternamente, potresti non concentrarti sul tuo stato emotivo interiore, ma invece potresti sperimentare più sintomi fisici.

In alcune culture o famiglie, anche i livelli più alti di stigma possono avere un impatto. Ad esempio, esprimere emozioni può essere visto come “chiedere attenzione” o come mostrare debolezza o pigrizia.

Se qualcuno ti dice di “Superarlo”o che “Non ci stai provando abbastanza” per sentirti meglio, è meno probabile che in futuro esprimerai queste emozioni.

Questo può essere particolarmente vero per gli uomini sotto esame per la loro mascolinità – che possono essere stati sottoposti a vecchi pensieri come “uomini veri” non piangono. Gli uomini sono molto meno propensi delle donne a cercare aiuto per problemi di salute mentale.

Qualcuno che pensa di essere giudicato per i loro sintomi depressivi sarebbe più propenso a indossare una facciata e tenerlo per sé.

Social media

In un’epoca in cui il 69% della popolazione statunitense utilizza i social media, possiamo essere risucchiati in una realtà alternativa in cui le vite di tutti stanno andando così bene . Ma sono davvero andando che bene?

Molte persone potrebbero non essere disposte o in grado di pubblicare le foto quando sono al loro peggio, preferendo invece condividere solo i loro bei momenti con il mondo. Questo può creare un vuoto di realtà che dà alla depressione sorridente più spazio per crescere.

A volte tutti abbiamo aspettative non realistiche su noi stessi di essere migliori o più forti . Siamo anche influenzati da aspettative esterne – da colleghi, genitori, fratelli, bambini o amici.

Se hai aspettative irrealistiche per te stesso o le aspettative degli altri, potresti essere più propensi a voler nascondere i tuoi sentimenti se non sembrano servire quelle aspettative. Qualcuno con perfezionismo potrebbe essere ancora più a rischio, a causa degli standard impossibilmente elevati a cui si reggono.

Secondo un documento dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) , la depressione sorridente presenta sintomi antitetici (in conflitto) con quelli della depressione classica. Questo può complicare il processo di diagnosi.

Altre difficoltà con la diagnosi di depressione sorridente è che molte persone potrebbero non sapere nemmeno di essere depresse o che non cercano aiuto.

Se pensi di avere la depressione, è importante cercare il trattamento il più presto possibile.

Per essere diagnosticato, dovrai visitare un medico. Il medico le porrà alcune domande sui suoi sintomi e su eventuali grandi cambiamenti della vita che si sono verificati.

Possono anche indirizzarti a un professionista della salute mentale, come uno psichiatra, se trarrai beneficio da farmaci o uno psicologo o un psicoterapeuta.

Per essere diagnosticato come disturbo depressivo maggiore, è necessario aver vissuto un episodio depressivo della durata di più di due settimane, quasi tutto il giorno, quasi ogni giorno. Questi sintomi influenzano il modo in cui senti, pensi e gestisci le attività quotidiane, come dormire, mangiare e lavorare. Ecco cos’altro comporta la diagnosi.

FONTE: https://www.healthline.com/health/smiling-depression#diagnosis

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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AUGUST BLUES : LA TRISTEZZA DI AGOSTO

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Secondo Stephen Ferrando, direttore di psichiatria al Westchester Medical Center, il cosiddetto “august blues” è simile al “sunday blues”, ovvero alla tristezza della domenica sera, sperimentata alla fine del weekend e prima dell’inizio di una nuova settimana. La differenza, però, è che il malessere di agosto dura un mese intero.

Il sito “Science of Us” ha indagato intorno alla questione, riportando una serie di opinioni sull’argomento. Secondo Ferrando, il lato negativo della “malinconia di agosto”, oltre alla durata, risiede nel fatto che quest’ultima sarebbe in grado di cogliere tutti, sia gli amanti dell’estate, sia quelli che, in genere, non la sopportano e che non vedono l’ora che finisca: i primi probabilmente si sentiranno ansiosi per l’avvicinarsi della fine della loro stagione preferita, i secondi si sentiranno ancora più tesi perché più vicini al loro “traguardo”. Secondo lo psichiatra, in entrambi i casi è probabile che si avverta una specie di senso di colpa o insoddisfazione per non essere riusciti a fare abbastanza durante questo periodo dell’anno, per non essere stati “al massimo” come la stagione e gli stereotipi legati ad essa ci obbligherebbero ad essere.

L’ansia per la fine dell’estate e la tensione per l’inizio di un nuovo anno, rappresentato dal tanto temuto mese di settembre, sarebbe comune ad ogni età. Rachel Annunziato, professoressa di psicologia alla Fordham University, ha spiegato a “Science of Us” che sia i più piccoli sia i più grandi proverebbero sensazioni simili. Per i bambini in età scolare e i loro genitori, ad esempio, agosto è un mese pieno di eccitazione, di aspettative, ma anche di timore. Gli adulti, in generale, pur avendo superato da tempo il periodo scolastico, continuano a vedere i tre mesi estivi come un momento simbolico di transizione verso il nuovo anno: una fase che, vista da questa prospettiva, raggiunge il culmine proprio nel mese di agosto.

Nel caso in cui i sintomi (diminuiti livelli di energia, stanchezza eccessiva, ipersonnia, iperfagia) si presentino in maniera continuativa e con ondate di “esordio-remissione” della durata di almeno due anni, si può parlare di “depressione stagionale” o “sindrome affettiva stagionale”. Secondo lo psichiatra Ferrando, c’è però una differenza tra la depressione sperimentata in inverno e quella sperimentata in estate: quest’ultima è caratterizzata da una maggiore ansia e agitazione ed è dominata dalla necessità per il soggetto di dover fare qualcosa, spesso di indefinito, mentre quella invernale si caratterizza per essere più “vegetativa”.

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

SETTE CONSIDERAZIONI SUL DISTURBO BIPOLARE DI TIPO 2

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Di seguito dei passaggi  dal libro “Una Diversa Follia” di Karla Daugherty,  giornalista americana che convive da più di 40 anni con il Disturbo Bipolare di  tipo 2.

  1. “Il disturbo bipolare è una malattia biologica reale, con una sua chimica cerebrale e persino con specifici aspetti cromosomici. […] La diagnosi di disturbo bipolare II non è una sentenza di morte, non è la cosa peggiore che vi poteva capitare; come vi ho già detto è una malattia, come il diabete o l’affaticamento cronico o l’artrite. Più conoscete questa condizione, più sarete capaci di spiegarla alle persone che vi stanno vicine”.
  2. “La maggior parte dei soggetti con il disturbo bipolare II tende a rimanere in uno stato depressivo per lungo tempo, mentre gli episodi ipomaniacali sono più fugaci. Alcuni entrano in depressione e ci rimangono per anni, e lo stato d’animo positivo che avvertono quando la depressione li ha lasciati non è più necessariamente ipomania. E più invecchiano, più tempo può intercorrere tra le oscillazioni del pendolo. Alcune persone possono avere una remissione a lungo termine, durante la quale i sintomi per fortuna sono tenuti a bada.”
  3. “In un arco temporale di cinque anni, solo il 5-15% delle persone affette da disturbo bipolare II scivolano nel bipolare I. Sono più predisposti alla mania i soggetti con un alterato ciclo sonno-veglia, come chi soffre di jet-lag (cioè ha problemi ad adattarsi ai cambi di fuso orario), deve stare alzato fino alle ore piccole per rispettare una scadenza, deve tranquillizzare il figlio nel mezzo della notte, oppure soffre d’insonnia (che può essere la causa primaria dell’ansia!).”
  4. “Gli studi indicano ancora una volta che il trattamento di qualsiasi disturbo mentale che richieda dei farmaci è molto più efficace se accompagnato da qualche forma di psicoterapia.”
  5. “Nell’odierno mondo del lavoro, l’importante è essere efficienti; se vi impegnate, svolgete il vostro compito, utilizzate le vostre abilità per migliorare l’azienda in cui operate, nessuno si preoccuperà se soffrite di disturbo bipolare II o se i foruncoli vi spuntano sul collo. Se, invece, smettete di lavorare in modo efficiente o i vostri errori cominciano ad accumularsi, allora state certi che il calo del rendimento diventerà un problema. Ma questo vale per chiunque commetta errori che ne compromettono la redditività!”
  6.  “Il bipolare II è un disturbo, certo, ma fa parte di voi come il diabete o un problema cardiaco e, se siete onesti con chi vi circonda, potreste trovare supporto e comprensione; gli altri potrebbero aiutarvi a capire il vostro umore, cioè se state diventando maniacale o depresso.”
  7. “L’autentica definizione di ipomania è l’euforia. […] Purtroppo, l’ipomania bipolare II non dura per sempre, e alla fine sfocia in un episodio depressivo maggiore o nell’equivalente bipolare II della mania, cioè lo stato in cui ansia e paura prendono possesso della nostra vita.”

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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