MUTISMO SELETTIVO

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Il termine Mutismo Elettivo fu coniato nel 1934 da Tramer, sostituito poi con”Mutismo Selettivo”, per descrivere un preciso aspetto di alcuni bambini che utilizzano il linguaggio esclusivamente nello stretto ambito familiare caratterizzato dall’ “incapacità” del bambino di parlare in varie situazioni sociali. Non sono muti a causa di deficit di apprendimento, di autismo, di gravi disturbi dell’età evolutiva, di disturbi comportamentali opposizionali. Wilkins ha distinto il mutismo elettivo persistente, molto raro, dal mutismo elettivo transitorio, più frequente, collegato spesso con l’ingresso nella scuola dell’infanzia e lo inquadra nell’ambito dei disturbi emotivi in bambini con personalità nevrotica o con predisposizione genetica ai disturbi legati all’ansia. Circa il 90% dei bambini con MS rispondono ai criteri diagnostici del DSM-IV della fobia sociale. Il loro linguaggio corporeo è “impacciato” quando l’attenzione è rivolta verso di loro. Molti bambini girano la testa altrove, si toccano i capelli, guardano a terra, abbassano la testa, si nascondono in un angolo, si succhino il dito, o in genere trovano qualcosa con cui giocherellare. molti assumono uno sguardo “assente” o mostrano un volto “inesprssivo” e si comportano come se ignorassero l’altro, mentre, in realtà, sono così ansiosi e impauriti che letteralmente non riescono a rispondere. La scuola è di solito il luogo più difficile in cui stare per i bambini selettivamente muti. Gli insegnanti e i pari si aspettano che tutti i bambini partecipino alle attività scolastiche e di solito l’attenzione viene rivolta proprio verso coloro che non partecipano. Questo è piuttosto ironico se si pensa che l’ultima cosa che un bambino con MS vuole è attirare l’attenzione su di sé. “Fare pressioni”, “punire”, “costringere”, “corrompere” un bambino MS per farlo parlare è assolutamente controproducente e inopportuno. Agendo cosè si fa sentire il bambino ancora più ansioso e a disagio, e lo si fa regredire ulteriormente. L’obiettivo principale della scuola dovrebbe essere quello di fare tutto il possibile per far sentire il bambino rilassato e a suo agio. L’insegnante dovrebbe lavorare con i genitori per aiutarli ad alleviare quanto più possibile l’ansia, dovrebbe inoltre cercare di conoscere il bambino in modo assolutamente discreto e con disponibilità. In questo modo, molti bambini progrediscono più facilmente. L’obiettivo NON è di far già parlare il bambino, ma di consentirgli di sentirsi rilassato e a suo agio con voi. Sorridergli, fare cenni, sedergli vicino, parlargli dolcemente. Utile è incontrare il bambino a scuola la mattina prima dell’inizio delle lezioni. Il genitore dovrebbe portarlo a scuola il prima possibile, affinchè non si senta “oppresso” quando nella classe è presente contemporaneamente un altro gruppo di bambini, lasciando che il bambino osservi mentre l’insegnante conversa con la medre indirizzando la conversazione verso il bambino quando questi senbra più a suo agio. Non bisogna aspettarsi che risponda ma far capire che fa parte della conversazione e che ogni tipo di comunicazione non-verbale va bene. E’ importante non far mai sentire al bambino come se si aspettasse che parli, ciò provoca ansia. I bambini non vogliono sentirsi come se stessero deludendo l’insegnante.E’ importante, inoltre, non mostrare “eccessivo entusiasmo”per qualunque verbalizzazione dovesse verificarsi. Molto spesso parlerà prima con un suo pari,in questo casomai dire che “sentite” la sua voce perchè si rischia di allontanare il bambino. Insegnanti, genitori, professionisti qualificati dovrebbero studiare un “piano” comune per aiutare un bambino a superare il MS fatto di piccoli passi e affrontato con pazienza e fiducia.Non esiste una cura miracolosa tuttavia un lavoro cooperativo a scuola e in altri contesti sociali permettono al bambino di emergere gradualmente dal proprio stato d’ansia e di far fronte alle varie situazioni.

LINEE-GUIDA PER LAVORARE CON BAMBINI MS IN CLASSE

  • RIDUZIONE della paura: mai forzare il bambino a parlare,ma stimolare la relazione con i suo coetanei;
  • STIMOLARE la comunicazione non-verbale:attraverso simboli, gesti, cartellini. Questo aumenta la comunicazione generale, facilita il contatto sociale con i coetanei e fa sentire il bambino più sicuro di se stesso;
  • STIMOLARE l’interazione sociale: individuare coetanei adatti con cui far giocare il bambino, far lavorare in piccoli gruppi, pianificare attività dove non siano necessarie attività verbali e che stimolino la socializzazione;
  • STIMOLARE la comunicazione verbale: attraverso un piano comportamentale strutturato, rinfozando il comportamento interattivo e comunicativo,compreso il linguaggio.

Dott.Rosalia Cipollina

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