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NON SIAMO PADRONI DEL DOMANI

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Come è insensato disporre della propria vita, se non siamo padroni neppure del domani! Come sono pazzi quelli che danno il via a progetti lontani nell’avvenire: comprerò, costruirò, darò denaro in prestito, ne riscuoterò, ricoprirò cariche, e alla fine passerò in ozio, stanco e soddisfatto, la vecchiaia.  Credimi: tutto è incerto, anche per gli uomini fortunati; nessuno deve ripromettersi niente per il futuro; anche quello che abbiamo fra le mani ci sfugge e il caso tronca l’ora stessa che stringiamo. Il tempo passa secondo una legge determinata, ma a noi sconosciuta: e che mi importa se per la natura è certo quello che per me è incerto?

Ci proponiamo lunghi viaggi per mare e un ritorno in patria lontano nel tempo, dopo aver vagato per lidi stranieri; imprese militari e tardive ricompense di fatiche guerresche, amministrazioni di province e avanzamenti di carriera, di carica in carica, mentre la morte ci sta accanto; e poiché non ci pensiamo mai, se non quando tocca agli altri, di tanto in tanto ci vengono messi davanti esempi della nostra mortalità, che, però, durano in noi solo quanto il nostro stupore. Ma niente è più sciocco che stupirsi che accada un giorno quanto può accadere ogni giorno.

Il termine della nostra vita sta dove l’ha fissato l’inesorabile ineluttabilità del destino; ma nessuno di noi sa quanto si trovi vicino alla fine; disponiamo, perciò la nostra anima come se fossimo arrivati al momento estremo. Non rinviamo niente; chiudiamo ogni giorno il bilancio con la vita. Il difetto maggiore dell’esistenza è di essere sempre incompiuta e che sempre se ne rimanda una parte. Chi dà ogni giorno l’ultima mano alla sua vita, non ha bisogno di tempo; da questo bisogno nascono la paura e la brama del futuro che rode l’anima.

Non c’è niente di più triste che chiedersi quale esito avranno gli eventi futuri; se uno si preoccupa di quanto gli resta da vivere o di come, è agitato da una paura inguaribile. Come sfuggire a questa inquietudine? In un solo modo: la nostra vita non deve protendersi all’avvenire, deve raccogliersi in se stessa; chi non è in grado di vivere il presente, è in balia del futuro. Ma quando ho pagato il debito che avevo con me stesso, quando ho ben chiaro in testa che non c’è differenza tra un giorno e un secolo, posso guardare con distacco il susseguirsi dei giorni e degli eventi futuri e pensare sorridendo al succedersi degli anni.

Se uno è saldo di fronte all’incerto, non può turbarlo la varietà e l’incostanza dei casi della vita. Affrettati, perciò a vivere, Lucilio mio, e i singoli giorni siano per te una vita. Chi si forma così e ogni giorno vive compiutamente la sua vita, è tranquillo: se uno vive nella speranza, si sente sfuggire anche il tempo più vicino e subentra in lui l’avidità della vita e l’infelicissima paura della morte che rende altrettanto infelice ogni cosa.

 

SENECA, Lettere a Lucilio, I secolo d.C.

 

Dottor Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

LA SINDROME DI ARISTOTELE : IL VOLER AVERE SEMPRE RAGIONE

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Con il termine Sindrome di Aristotele si designano  quelle persone che pretendono sempre di avere ragione.

Tirare in ballo Aristotele è arbitrario perchè fa riferimento solo ad un aspetto della vita di quest’ultimo. Aristotele fu allievo di Platone, ma ad un certo punto incomincio a sviluppare una sua teoria filosofica e metafisica in opposizione con quella del maestro. Egli arrivo ad affermare che i discorsi del suo maestro non avevano fondamento e fu criticato da molti per queste sue considerazioni e tacciato di slealtà e superbia.

S’incomincio ad usare il termine di Sindrome di Aristotele per definire quelle persone che oltre a volere sempre avere ragione si sentono anche superiori, affetti narcisisticamente da una sindrome di superiorità.

A differenza del complesso di superiorità che può riguardare tutti gli aspetti della persona che ne è affetta, nella sindrome di Aristotele la superiorità riguarda, principalmente, solo l’aspetto intellettuale e della conoscenza.

Chi è affetto da Sindrome di Aristotele presenta i seguenti “sintomi”:

  • Ossessione di saper tutto;
  • Ossessione di dover primeggiare in qualsiasi discussione ;
  • Mancanza di ascolto attento ed attivo nei confronti del suo interlocutore;
  • Comunicazione e confronto con modalità aggressive ;
  • Discussione ad oltranza finchè non gli viene riconosciuta la sua ragione e quindi affermata la sua superiorità;
  • In caso di mancato riconoscimento delle sue ragioni tendenza ad innestare la polemica ed il litigio.

Come afferma il proverbio: “Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”. Quindi impelegarsi in un’interminabile discussione con chi vuole avere sempre ragione e sentirsi superiore è inutile oltre ad essere estenuante.

L’unica strategia efficace in questi casi è interrompere la discussione, adducendo più o meno un pretesto se si vuole essere diplomatici, e mettere in atto una “ritirata strategica” che lascia l’interlocutore spiazzato.

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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