DISPAREUNIA: DOLORE GENITALE

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La dispareunia sono sintomi dolorosi che la donna avverte nell’area della vagina o della pelvi durante un rapporto sessuale ed è uno dei disturbi che più frequentemente inducono la donna ad una visita ginecologica.

A seconda della localizzazione della sensazione dolorosa, la dispareunia (così è indicato il sintomo) è definita superficiale o profonda. Si parla di dispareunia profonda quando il dolore è localizzato all’ interno dell’ addome: questa forma ha origine quasi sempre da fattori organici.

Nella dispareunia superficiale invece il dolore è avvertito nella parte inferiore della vagina. Anche qui l’ origine può essere organica: infezioni, anche banali, della vagina, possono rendere la penetrazione molto dolorosa. Ma molto spesso la dispareunia superficiale si manifesta senza alterazioni locali: e allora la causa è psicologica. Il disagio psicosessuale, qualunque ne sia la fonte, si può tradurre infatti in una contrazione dei muscoli che circondano l’ ingresso della vagina. Si tratta di tre coppie di muscoli volontari (cioè sotto il controllo del sistema centrale), disposti simmetricamente intorno all’ orifizio vaginale. In molte donne però, soprattutto nelle più giovani ed inesperte, questi muscoli si comportano come se fossero “involontari”, contraendosi in maniera spontanea ed incontrollata, rendendo l’ apertura vaginale più angusta e meno elastica. A seconda dell’ intensità della contrazione muscolare la penetrazione risulterà dolorosa o impossibile: è in questo secondo caso che si parla di vaginismo. Per mezzo di appositi esercizi si può tuttavia acquisire il controllo consapevole dei muscoli perineali, in modo da riuscire ad evitarne la contrattura al momento del rapporto ed eliminare così il dolore.

Le cause della dispareunia possono essere fisiche come abbiamo visto ma, spesso, sono di natura psicologica.

E’ utile precisare che le difficoltà che qualche volta le ragazze incontrano nei primi rapporti sessuali non hanno niente a che vedere con la dispareunia. Si tratta infatti in questi casi di difficoltà passeggere che svaniranno quando la ragazza avrà superato l’ ansia del nuovo. Altro caso si presenta quando i rapporti sessuali sono caratterizzati da un lungo periodo di forte dolore, che rende la sessualità fonte di sofferenza piuttosto che di piacere. Anche qui l’ ansia ha una significativa responsabilità, ma in questo caso le sue origini sono meno transitorie e contingenti. Si può trattare infatti di una traduzione corporea di conflitti di coppia: per cui l’ ostilità più o meno manifesta nei confronti del partner o la sensazione di sfiducia o le lotte di potere trovano espressione nella contrazione dei muscoli che circondano l’ ingresso della vagina. Una vera e propria forma di chiusura all’ Altro, il cui ingresso, così ostacolato, provoca dunque dolore. Talvolta l’ ostilità nei confronti del partner non è neppure consapevole, la donna apparentemente desidera rapporto e penetrazione, ma il suo corpo offre resistenza, dando voce in qualche modo a quei sentimenti inespressi. Ma coito doloroso non significa per forza rapporto in crisi, le difficoltà di relazione possono essere una delle motivazioni, altre possono invece risiedere proprio nella donna stessa, nella sua psiche. Il rapporto sessuale può evocare fantasmi del passato ai quali si risponde mobilitando difese anche fisiche. Non bisogna infatti dimenticare come lo sviluppo psicosessuale sia strettamente intrecciato con il mondo degli affetti. L’ aver sperimentato significativi rapporti di amore e fiducia, negli anni cruciali della costruzione della propria identità, consente di potersi abbandonare all’ intimità di una relazione sessuale. Quando l’ intimità è vissuta invece come minaccia, l’ ansia mobilitata costruisce barriere che prendono la forma di un sintomo, ad esempio un dolore insopportabile…

La terapia sulle cause fisiche è connessa a queste ultime, mentre se la dispareunia è di natura psicologica, occorre il sostegno dello specialista, oltre che del ginecologo.

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

CALO O MANCANZA DEL DESIDERIO SESSUALE

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Il calo o la mancanza di desiderio sessuale può avere cause diverse:

  • forte inibizione sessuale per motivi morali e religiosi,
  • sentimenti di inadeguatezza,
  • stress e depressione,
  • mancanza di un interesse per il/la partner,
  • pretese eccessive da parte del/della partner,
  • eccesso di desiderio trasformato nel suo opposto,
  • ostilità relazionale mascherata,
  • delusioni,
  • contrasti sulle scelte di quando e come realizzare l’ incontro sessuale,
  • contrasti su chi prende l’ iniziativa, in che modo la sessualità si svolge.

Esistono inoltre molti atteggiamenti della partner che possono inibire il desiderio, come la resistenza, i ritardi nel prendersi cura del proprio corpo o nell’ accettare la proposta, la resistenza passiva o la passività in generale. Ma una delle grandi cause della mancanza di desiderio è l’ ansia da insufficiente o cattivo funzionamento sessuale che può determinare un meccanismo difensivo che, inibendo il desiderio, impedisce il riproporsi della situazione sgradevole. Soprattutto la sessualità maschile ha infatti come fragilità il meccanismo involontario dell’ erezione che determina una serie di ansie: per questo in alcuni casi la mancanza di desiderio può diventare un totale impedimento all’ incontro sessuale e produrre dei progressivi blocchi. Possiamo classificare il desiderio sessuale in: mentale, corporeo, relazionale. Mentale è il desiderio partorito dalla testa che cerca occasioni di realizzazione, si nutre di immagini e fantasie; corporeo quello che nasce dal contatto, dalla stimolazione efficace, dal piacere di essere toccati e di toccare; relazionale è il piacere stimolato dalla presenza, visione-contatto, con una persona particolare che diventa la fonte del desiderio, nell’ accadere dell’ incontro. In tutti questi esempi il desiderio può esprimersi con un piacere mentale che si traduce in eccitazione ed erezione e che riesce a mantenersi fino alla realizzazione dell’ atto sessuale oppure può restare a stadi iniziali, o interrompersi o disfunzionare. Da un punto di vista sociale una causa sempre più ricorrente della caduta del desiderio maschile è rappresentata dal cambiamento del significato simbolico, dei gesti e delle modalità relazionali nel rapporto maschio-femmina. In particolare per quanto riguarda la sessualità sono cambiati, in un periodo relativamente breve, le situazioni consolidate di potere, i gesti e i riti della seduzione, il ruolo reciproco nella decisione sull’ atto sessuale, il giudizio morale ed emotivo sul significato dell’ atto sessuale e sulla realizzazione della sessualità stessa. Maschi e femmine procedono con sperimentazione continua alla verifica delle regole e nel confronto tra sessi, con un progressivo indebolimento del carisma maschile, sia perché si vive in una società senza padri, sia perché i media presentano l’ amore in forme così straordinarie, da rubare all’ iniziativa soggettiva i riti del corteggiamento. I maschi vivono in una società che nel modello educativo presenta essenzialmente figure femminili, i riti di iniziazione alla vita adulta vedono un confronto tra pari e a volte accentuano gli elementi di rassicurazione nel gruppo, vissuto come gruppo chiuso come una struttura di supporto a personalità incomplete con possibili processi di degenerazione e di rinforzo ad atteggiamenti ora scanzonati, ora aggressivi come compensazione del senso di inadeguatezza. La mancanza di desiderio può avere motivazioni culturali diverse nelle diverse età della vita. Può collocarsi da un lato nella paura di fronteggiare in modo soggettivo un femminile molto più forte ed esigente, oppure da una lotta molto più vasta per l’ affermazione sociale e nel gruppo che fa disperdere energie all’ interno dell’ area socio-lavorativa e conserva risorse limitate per l’ area affettiva relazionale: accade nelle fasi di affermazione non consolidata o quando questa è sempre in dubbio. All’ interno di una relazione o di un rapporto la mancanza di desiderio crea molte ansie soprattutto alla partner che spesso deve decidere se questa è dovuta a cause esterne o interne al rapporto. Si possono verificare naturalmente dei periodi di calo del desiderio che è bene vivere come fisiologici e non preoccupanti. Il desiderio è infatti sottoposto a cicli vitali. Ma quando il comportamento di disinteresse si consolida o tende ad aumentare si deve cercare di capire se è un problema soggettivo (stress, ansia da lavoro, farmaci, stato di malessere psico fisico); relazionale (incomprensioni affettive, sessuali, noia, altri interessi, ostilità). Difficilmente come in altri problemi relazionali il solo parlarne produce cambiamenti: le discussioni tendono a degenerare in litigi.

Nel passato i sessuologi ponevano la domanda su quattro variabili:

  • il paziente non prova più desiderio per la propria partner;
  • le donne in generale;
  • il sesso;
  • l’ esistenza.

Riconducendo poi la risposta ad una possibilità differenziata di orientare il paziente; verso una diversa rivitalizzazione della propria coppia, dell’ interesse soggettivo verso il sesso femminile, dell’ attenzione all’ aspetto di stress o depressivo in senso allargato. Gelosia, irritazione, paura di non essere desiderabile possono spingere la partner ad accentuare l’ ansia nella relazione, con comportamenti che, a volte sbloccano la situazione, ma altre volte producono l’ effetto opposto, portando fino alla censura di ogni gesto affettivo. E’ sempre utile lasciare passare un po’ di tempo, cercare di intuire le cause del problema, procedere per tentativi e, di fronte al persistere del problema, ricorrere alla consultazione individuale o di coppia

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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ANORESSIA E BULIMIA SESSUALE

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L’anoressia e bulimia sessuale al pari di quelle alimentari inizia in maniera inconsapevole. Dici a te stessa: passerà. In fondo, a chi non capita, prima o poi, di non aver voglia di fare l’ amore. E invece per una volta, questa volta, non passa. Il corpo smette di desiderare. La mente, di immaginare. Come un sottomarino, la sessualità si inabissa e cessa di trasmettere e ricevere segnali. La chiamano anoressia sessuale. Dicono che ne soffra un numero sempre maggiore di donne. Negli Usa, da una ricerca sulla popolazione del Journal of American Medical Association condotta da due studiosi come Lauman e Rosen, emerge che il 33 per cento delle donne tra i 18 e i 59 anni soffre di parziale o totale assenza del desiderio sessuale. Contro il 16 per cento dei maschi. In Italia, dove non esistono studi epidemiologici della stessa portata, sessuologi, psicologi, ginecologi concordano nel dire che a soffrirne nella forma più grave è dall’ uno al 3 per cento delle italiane, mentre un 15 per cento denuncia disturbi permanenti del desiderio. L’ anoressia sessuale è il picco più acuto della caduta del desiderio, durante il quale la donna non smette solo di avere desideri sessuali, ma non ha più sogni, né fantasie erotiche spontanee o volontarie, e tantomeno è ricettiva alle avances del partner. Dietro, c’ è quasi sempre una molteplicità di cause e certo non basta conoscerle per superare il problema. Senso di inadeguatezza, scissione tra autostima e valutazione di sé, timore di non meritare d’ essere amata… Questa donna si sente talmente vulnerabile nella vita emotiva, erotica e affettiva da riversare le proprie energia nell’ affermazione professionale, ad esempio. Lei sa che sul terreno dell’ affettività, della sensualità, non basta volere per ottenere: la volontà, il suo migliore alleato, da sola non basta. Sono donne di frequente molto intelligenti, sensibili, colte e con il culto della perfezione estetica. Donne che in psicoterapia dicono: se mi vogliono, se vogliono il mio corpo, devono passare attraverso la mia anima, misurarsi con la mia mente. Mi vuoi? – dicono – vediamo se ne sarai capace. La loro, è spesso una inconsapevole forma di ribellione a tutto ciò che le donne avvertono come uso-abuso del corpo.

Anoressia sessuale e alimentare, sesso e cibo, sono spesso legate da un filo sottile: così la donna che vive nell’ assenza del desiderio può avere momenti di bulimia erotica che non è superamento del problema, ma esasperazione di un’ angoscia che la spinge ad agire. Una trappola nella trappola.

 

Dott. Roberto Cavaliere

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ANORGASMIA

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L’ anorgasmia rappresenta l’impossibilità di raggiungere l’orgasmo, soprattutto da parte delle donne. Le cause principali sono: droghe o farmaci, disturbi fisici, soprattutto a carico dell’apparato genitale, cause psicologiche.

Può interessare anche gli uomini ed in tal caso non va confusa con l’ impotenza. Nei soggetti di sesso maschile questa disfunzione è talvolta associata ad eiaculazione ritardata: il fatto che un soggetto anorgasmico possa avere un’eiaculazione smentisce la credenza popolare secondo cui l’ eiaculazione coincide necessariamente con orgasmo.

Una delle motivazioni di ordine psicologico per cui un soggetto può esserne colpito è l’essere stato vittima di violenza sessuale, soprattutto nella prima infanzia: questo tipo di violenza è spesso oggetto di rimozione, ovvero non viene più ricordato a livello cosciente. Se la causa è attestabile ad un episodio di questo genere, è possibile ottenere una remissione dei sintomi tramite un approccio psicoterapeutico.

Il termine popolare riferito all’anorgasmia femminile è frigidità : questo termine porta però con sé connotazioni negative che invece il termine anorgasmia non contempla; inoltre il termine frigidità indica, in modo più generico, la difficoltà di abbandonarsi al piacere sessuale, mentre l’anorgasmia si riferisce esclusivamente all’impossibilità di raggiungere l’orgasmo. Infatti, và sfatata la convinzione che l’Anorgasmia significa assenza completa di piacere, essa si riferisce soltanto alla mancanza dell’orgasmo.

Le giovani donne che affrontano le prime esperienze sessuali possono avere in particolare delle difficoltà nel raggiungere l’ orgasmo mediante la penetrazione, generando quella che viene chiamata “anorgasmia coitale”. Essa và distinta dall’ “anorgasmia totale” in cui esiste una impossibilità generalizzata al raggiungimento dell’ orgasmo, anche con la stimolazione diretta del clitoride. Mentre questo secondo caso è sicuramente espressione di qualche problema, l’ anorgasmia coitale è estremamente diffusa. C’ è innanzitutto, alla base, una condizione anatomica piuttosto svantaggiosa per la donna: per la sua posizione il clitoride, la struttura più importante per il riflesso orgasmico, riceve una stimolazione indiretta durante la penetrazione, che può risultare insufficiente. In più la scarsa cognizione dei rispettivi ritmi nel rapporto sessuale, che è la regola in un rapporto che nasce, può indurre ad arrivare alla penetrazione troppo presto rispetto al livello di eccitazione della donna, che ha spesso tempi diversi, più lenti rispetto a quelli del campagno.

Talune donne reagiscono all’impossibilità a raggiungere l’orgasmo con sentimenti di sofferenza o di rabbia, altre tendono a negarne l’importanza, ritenendosi soddisfatte comunque della relazione sessuale soprattutto per quanto riguarda gli aspetti affettivi e relazionali, molte altre ancora simulano l’orgasmo, sentendosi “anormali” e vivendo questa limitazione con doloroso sentimento d’inferiorità. Comunque sia dopo un lungo periodo di attese deluse, spesso inizia un certo disinteresse per il sesso e il rapporto fisico si trascina stancamente più come un dovere che come il piacere dell’incontro. L’orgasmo resta una fantasia costellata da mille contenuti spesso inquietanti. Le donne, infatti, che non hanno mai provato un orgasmo, neppure con la masturbazione, prima tappa necessaria sulla via del piacere, hanno un’idea di questa esperienza assai confusa. Sostanzialmente le paure più ricorrenti riguardano l’intensità dell’emozione, immaginata tale da mettere la donna seriamente in pericolo di perdere il controllo, di essere trascinata in un turbine senz’altro riferimenti certi di spazio e di tempo, di svenire. Insomma si affaccia la paura inconfessabile, di impazzire.

La maggior parte di queste fantasie affondano le loro radici nel vissuto profondo della propria sessualità e nella paura dell’incontro, di perdersi nel contatto e di uscirne fuori in qualche modo cambiata. Seppure sia importante la scelta di un partner che dia fiducia, non è dunque sufficiente a diminuire o eliminare il controllo involontario sul riflesso organico. C’è dunque bisogno di un lungo lavoro psicologico volto a promuovere la presa di coscienza delle ragioni che spingono la donna a “trattenere” i suoi orgasmi.

Dott. Roberto Cavaliere

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TESTIMONIANZE

Massimo Età: 25
Salve, scrivo nel tentativo di poter capire come poter aiutare la mia ragazza a superare questo problema psicologico. Lei, 23 anni, finora in vita sua non ha mai avuto un orgasmo, e io non sono il suo primo ragazzo. Dopo lunghi preliminari, iniziamo l’atto sessuale ed inizialmente la sento molto presa (respirazione aumentata, contrazioni muscolari, ecc…). Dopo poco, però non riesce più a mantenere, fino al termine dell’attività sessuale, una adeguata risposta di eccitazione. Dovrebbe essere un crescendo fino all’orgasmo, ma lei invece cessa di essere coinvolta nell’atto e mi trovo così ad essere solo l’unico della coppia a terminare l’atto.
Le ho più volte introdotto il problema, cercando di capire cosa le procurasse questa inibizione. Ho anche provato a stimolarle il clitoride ma lei non avvertiva nulla di migliorativo.
Da quanto dice, inizialmente si lascia andare, si sente coinvolta e prova molto piacere, ma, ad un certo punto, si trova a non essere più rilassata e inizia a pensare che non deve pensare (una sorta di cane che si morde la coda), si preoccupa che io possa lasciarla poiché non riesce a raggiungere l’orgasmo (anche se io continuamente la rassicuro dicendole che non la lascerei mai per questo). Quando era piccola ha visto i suoi genitori fare l’amore, ma non so quanto possa essere rilevante come informazione. Siccome lei stessa non riesce a capire cosa le scatti in testa ogni volta, e le cose sembrano non migliorare, (ormai è più di un anno che vanno così), vorrei poterle essere d’aiuto per superare questa sua inibizione. L’amo tantissimo ed è così triste per me non riuscire a farle raggiungere quell’attimo di piacere così intenso che ogni coppia condivide.

Buona sera, sono una ragazza di 29 anni e da sempre soffro di anorgasmia o meglio da quando pratico coscientemente sesso o masturbazione. l’ultimo ricordo di un mio orgasmo risale all’età infantile 4 o 5 anni credo, quando mi concedevo serenamente la masturbazione e l’orgasmo scorreva liberamente in me. poi credo che mia madre (persona piuttosto religiosa e ancora oggi piena di tabu sul sesso di cui ignora parecchio e di cui non mi ha mai parlato) mi abbia scoperto e credo che la cosa l’abbia sconvolta parecchio, non ricordo granchè ma il mio rapporto con l’autoerotismo è continuato in modo clandestino per poi interrompersi del tutto fino ai 19 anni, età in cui scoprii di non essere più capace di avere un orgasmo (sia nei rapporti col partner sia con la masturbazione). Su questo mio problema nel tempo ho pensato di tutto (con relativi complessi): malattia fisica problemi psicologici punizione divina inadeguatezza del partner.. per poi arrivare alla rassegnazione che a quanto pare non mi è dato avere orgasmi e mi sono accontentata di dare soddisfazione all’altro al quale riesco a dedicare molte attenzioni durante il rapporto. da questo punto di vista tutti i partner che ho avuto nella vita(tutte relazioni durature e appaganti sul piano sentimentale)mi dicevano la stessa cosa: brava a fare l’amore! ma totalmente incapace ad avere un orgasmo…ovviamente non l’ho mai confessato a nessuno, ho finto l’orgasmo con tutti loro per non dovere mai dare spiegazioni su questo mio problema e perchè questo li rendeva felici. ma ora a 29 anni vorrei riuscire a prendere la giusta soddisfazione dall’ amore come tutti anche perchè non sono mai riuscita a mantenere un interesse profondo per i miei partner perchè in realtà nessuno di loro è mai riuscito a prendermi veramente…e quanto ho provato e desiderato che almeno uno di loro ci riuscisse!…ma mai niente. è come se trattenessi i miei orgasmi ma il motivo per cui lo faccio mi è completamente oscuro. spero di ricevere qualche consiglio su come gestire e magari risolvere questo mio problema. A.

Marco Età: 23 Caro dottore, sono fidanzato da un anno e mezzo con una ragazza splendida, con lei sto davvero benissimo.Bella anche la nostra vita sessuale. Non ho mai nemmeno lontanamente pensato che la mia ragazza non avesse mai raggiunto l’orgasmo… Ogni volta (o comunque molto spesso) sentivo e vedevo il suo piacere che saliva e, infine esplodeva.Quando finalmente è riuscita ad esprimermi il suo problema come può immaginare ci sono rimasto male, per me perchè mi sono sentito uno stupido a non essermene reso conto, per lei per tutto il resto.Parlandone lei mi ha detto che nemmeno coi suoi precedenti ragazzi era riuscita a raggiungere l’orgasmo.Mi dice che le piace fare l’amore, che il piacere aumenta, aumenta(secondo lei arriva a 99,9 ma non a 100) e poi finisce tutto.Così anche nella masturbazione con l’unica differenza che il godimento aumenta fintanto chè diventa troppo e non riesce a sopportarlo. Nonostante sia una bellissima ragazza è un po’ ossessionata da alcune parti del suo corpo ( ad esempio il seno) e durante il rapporto le viene normale muoversi in modo tale che tali difetti non possano essere visti.Crede che questa tensione, questo continuo pensare possano avere qualche collegamento con la mancanza dell’orgasmo? Per concludere lei non ha nessun problema a parlare di sesso e risulta molto più felice e tranquilla a darmi attenzioni sessuali piuttosto che a riceverle.Ho tanta voglia di farle raggiungere il piacere, mi aiuti!!grazie!

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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DISTURBI COMPORTAMENTO SESSUALE

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I disturbi sessuali psicogeni vanno distinti in disturbi nella donna e nell’uomo.
Possiamo stilare una breve tabella che raccolga i disturbi per entrambi:

UOMO – DONNA
– Disfunzione erettiva o impotenza – Disfunzione generale o frigidità
– Eiaculazione precoce – Disfunzione dell’orgasmo
– Eiaculazione ritardata – Vaginismo
– Disturbo dell’orgasmo – Dispareunia

A questi disturbi, va aggiunto il disturbo del desiderio sessuale che può essere riscontrato in entrambi i sessi: il disturbo del desiderio sessuale.
Vanno infine considerate:
le parafile, che possono essere i sintomi di patologie più complesse o specifiche di un comportamento sessuale e dell’organizzazione del desiderio.
Ci sono poi i disturbi dell’identità di genere i quali si riferiscono ai casi in cui un individuo si identifica con il sessoopposto. Questa condizione non va confusa con l’omosessualità poiché nei disturbi d’identità di genere, l’individuo sente una intensa repulsione per il sessobiologico a cui appartiene, e un forte desiderio di essere ad esso opposto, si comporta perciò esplicitamente come se fosse del sessoopposto.
L’omosessualità, invece non è considerata più come una forma di patologia in sè, quanto una scelta sessuale diversa.
In genere i disturbi sessuali, presuppongono quadri di psicopatologia, che si elicitano nel sintomo evidente, proprio per questo, curando psicologicamente la patologia, anche il sintomo viene meno.
CRITERI DI DIAGNOSI
Pochi disturbi sono difficilmente definibili come quelli sessuali, poiché intrisi di senso moralistico. Per definire un comportamento sessuale patologico, per forza ci si deve rifare al concetto di devianza da una norma di comportamento che però non può essere facilmente stabilita.
Alcuni autori hanno tentato di definire un fattore di differenziazione tra un comportamento sessuale “normale” o patologico: l’intimità, per essi, costituisce un fattore di differenziazione.Un individuo può essere definito perverso, solo quando l’atto sessuale viene usato per evitare una relazione stabile e duratura, emotivamente intima e coinvolgente, con un partner.
Al contrario, non si può parlare di perversione quando la perversione è comunque affiancata alla costruzione di una relazione stabile e duratura.
Il manuale psichiatrico DSM IV, cercando di non essere giudicante rispetto questi termini utilizzati, come quello di perversione, ha tentato di definire le situazioni nelle quali vengono utilizzati oggetti non umani, in cui un effettivo dolore viene inflitto a sé stessi o al proprio partner, o quando nell’atto sessuale vengono coinvolti bambini adulti non consenzienti.

La diagnosi viene comunque stabilita su un fattore di gravità: nelle forme “lievi”, i pazienti non mettono in atto le loro spinte sessuali, ma le tengono vive solo nella loro fantasia; nelle forme “gravi”, i pazienti mettono in atto ripetutamente le loro spinte parafiliache.
Nel tentativo comunque di non essere giudicanti rispetto queste patologie psichiatriche, il termine “perversione” è stato ovunque nei manuali sostituito dal termine parafilia, anche per dare davvero l’idea che il comportamento sessuale patologico, implica una vera e propria strutturazione della personalità patologica che sostiene e mantiene la patologia psichiatrica, non si tratta quindi di un’ implicazione del senso etico e morale, soltanto, così come non può essere possibile, clinicamente parlando, giudicare e spigare un’attività perversa secondo il suo prerequisito senso di peccato.

I disturbi sessuali si dividono in:
– disturbi del desiderio- disturbi maschili- disturbi femminili- parafilie
DISTURBI DEL DESIDERIO SESSUALE

Per diagnosticare una disfunzione sessuale, si devono verificare contemporaneamente le tre condizioni esplicitate con le lettere A, B, C.

1) DISTURBO DA DESIDERIO SESSUALE IPOATTIVO

  1. A) Fantasie sessuali e desiderio di attività sessuale persistentemente o ricorrentemente carenti (o assenti). Il giudizio di carenza o assenza viene fatto dal clinico, tenendo conto dei fattori che influenzano il funzionamento sessuale, come l’età e il contesto di vita del soggetto.
    B) L’anomalia causa notevole disagio o difficoltà interpersonali
    C) La disfunzione sessuale non è meglio attribuibile ad un altro disturbo psichiatrico (ad eccezione di un’altra disfunzione sessuale) e non è dovuta esclusivamente agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (per es. una sostanza di abuso, un farmaco) o di una condizione medica generale.

2) DISTURBO DI AVVERSIONE SESSUALE

  1. A) Persistente o ricorrente estrema avversione ed evitamento di tutti (o quasi tutti) i contatti sessuali genitali con un partner sessuale
    B) L’anomalia causa notevole disagio o difficoltà interpersonali
    C) La disfunzione sessuale non è meglio attribuibile ad un altro disturbo in asse 1 (tranne un’altra disfunzione sessuale).

3) DISTURBO DELL’ECCITAZIONE

  1. A) Persistente o ricorrente incapacità di raggiungere, o di mantenere fino al completamento dell’attività sessuale, un’adeguata risposta di eccitazione sessuale con lubrificazione -tumescenza (reazione di lubrificazione -tumescenza legata all’eccitazione sessuale)
    B) L’anomalia causa notevole disagio o difficoltà interpersonali
    C) La disfunzione sessuale non è meglio attribuibile ad un altro disturbo psichiatrico (ad eccezione di un’altra disfunzione sessuale) non è dovuta esclusivamente agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (per es. una sostanza di abuso, un farmaco) o di una condizione medica generale.

DISTURBI SESSUALI MASCHILI

DISFUNZIONE ERETTIVA O IMPOTENZA
A) Persistente o ricorrente impossibilità di raggiungere, o di mantenere, un’erezione adeguata fino al completamento dell’attività sessuale.
B) L’anomalia causa notevole disagio o difficoltà interpersonali
C) La disfunzione dell’erezione non è meglio attribuibile ad un altro disturbo psichiatrico (diverso da una disfunzione sessuale) e non è dovuta esclusivamente agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (per es. una sostanza di abuso, un farmaco) o di una condizione medica generale.

EIACULAZIONE PRECOCE
A) Persistente o ricorrente eiaculazione a seguito di una minima stimolazione sessuale prima, durante, o poco dopo la penetrazione e prima che il soggetto lo desideri. Il clinico deve tenere conto dei fattori che influenzano la durata della fase di eccitazione, come l’età, la novità del partner sessuale o della situazione e la frequenza recente dell’attività sessuale
B) L’anomalia causa notevole disagio o difficoltà interpersonali.
C) L’eiaculazione precoce non è dovuta esclusivamente agli effetti diretti di una sostanza (per es. astinenza da oppiacei).

EIACULAZIONE RITARDATA
A) Eiaculazione che si presenta dopo molto tempo dall’inizio della penetrazione, a seguito di intense e continue stimolazioni sessuali e comunque molto dopo che il soggetto lo desideri. Il clinico deve tenere conto dei fattori che influenzano la durata della fase di eccitazione, come l’età, la novità o meno del partner sessuale o della situazione e la frequenza recente dell’attività sessuale
B) L’anomalia causa notevole disagio o difficoltà interpersonali.
C) L’eiaculazione ritardata non è dovuta esclusivamente agli effetti diretti di una sostanza (per es. astinenza da oppiacei).

DISTURBO DELL’ORGASMO MASCHILE
A) Persistente o ricorrente ritardo, o assenza, dell’orgasmo dopo una normale fase di eccitazione sessuale nell’ambito di una attività sessuale che il clinico, tenendo conto dell’età del soggetto, giudica adeguata per localizzazione, intensità e durata
B) L’anomalia causa notevole disagio o difficoltà interpersonali
C) La disfunzione dell’orgasmo non è meglio attribuibile ad un altro disturbo psichiatrico (ad eccezione di un’altra disfunzione sessuale) e non è dovuta esclusivamente agli effetti fisiologici diretti di una sostanza(per es. una sostanza di abuso, un farmaco) o di una condizione medica generale.
DISTURBI SESSUALI FEMMINILI

DISTURBO DELL’ORGASMO FEMMINILE
A) Persistente o ricorrente ritardo o assenza, dell’orgasmo dopo una fase di eccitazione sessuale normale. Le donne mostrano un’ampia variabilità nel tipo o nell’intensità della stimolazione che induce l’orgasmo. La diagnosi del disturbo dell’orgasmo femminile dovrebbe basarsi sulla valutazione del clinico che la capacità di orgasmo della donna sia minore di quanto ci si aspetterebbe per età, esperienza sessuale, e adeguatezza della stimolazione sessuale ricevuta
B) L’anomalia causa notevole disagio o difficoltà interpersonali
C) La disfunzione dell’orgasmo non è meglio attribuibile ad un altro disturbo psichiatrico (ad eccezione di un’altra disfunzione sessuale) e non è dovuta esclusivamente agli effetti fisiologici diretti di una sostanza(per es. una sostanza di abuso, un farmaco) o di una condizione medica generale.

VAGINISMO
A) Ricorrente o persistente spasmo involontario della muscolatura del terzo esterno della vagina, che interferisce col rapporto sessuale.
B) L’anomalia causa notevole disagio o difficoltà interpersonali
C) L’anomalia non è meglio attribuibile ad un altro disturbo psichiatrico (per es. disturbo di somatizzazione) e non è dovuta esclusivamente agli effetti fisiologici diretti di una condizione medica generale.

DISPAREUNIA ( INTENSO DOLORE DURANTE IL COITO)
A) Ricorrente o persistente dolore genitale associato al rapporto sessuale in un maschio o in una femmina.
B) L’anomalia causa notevole disagio o difficoltà interpersonali
C) L’anomalia non è causata esclusivamente da vaginismo o da mancanza di lubrificazione, non è maglio attribuibile ad un altro disturbo psichiatrico (tranne un’altra disfunzione sessuale), non è dovuta esclusivamente agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (per es. una sostanza di abuso, un farmaco) o di una condizione medica generale.

LE PARAFILIE

ESIBIZIONISMO
A) Durante un periodo di almeno 6 mesi, fantasie, impulsi sessuali, o comportamenti ricorrenti e intensamente eccitanti sessualmente, che comportano l’esposizione dei prorpi genitali ad un estraneo che non se l’aspetta
B) Le fantasie, gli impulsi sessuali, i comportamenti, causano disagio clinicamente significativo o compromissione dell’area sociale, lavorativa o di altre importanti aree di funzionamento

FETICISMO
A) Durante un periodo di almeno 6 mesi, fantasie, impulsi sessuali, o comportamenti ricorrenti e intensamente eccitanti sessualmente, che comportano l’uso di oggetti inanimati ( per es. biancheria intima femminile)
B) Le fantasie, gli impulsi sessuali, i comportamenti, causano disagio clinicamente significativo o compromissione dell’area sociale, lavorativa o di altre importanti aree di funzionamento
C) Gli oggetti feticistici, non sono limitati a capi di abbigliamentofemminile usati per vestirsi (come nel feticismo da travestimento) oppure a strumenti usati per la stimolazione tattile dei genitali( per es. un vibratore).

FROUTTERISMO
A) Durante un periodo di almeno 6 mesi, fantasie, impulsi sessuali, o comportamenti ricorrenti e intensamente eccitanti sessualmente, che comportano il toccare e lo strofinarsi contro una persona non consenziente.
B) Le fantasie, gli impulsi sessuali, i comportamenti, causano disagio clinicamente significativo o compromissione dell’area sociale, lavorativa o di altre importanti aree di funzionamento.

PEDOFILISMO
A) Durante un periodo di almeno 6 mesi, fantasie, impulsi sessuali, o comportamenti ricorrenti e intensamente eccitanti sessualmente, che comportano attività sessuale con uno o più bambini prepuberi, generalmente di 13 anni o più piccoli.
B) Le fantasie, gli impulsi sessuali, i comportamenti, causano disagio clinicamente significativo o compromissione dell’area sociale, lavorativa o di altre importanti aree di funzionamento
C) Il soggetto ha almeno 16 anni ed è almeno di 5 anni maggiore del bambino o dei bambini molestati o potenzialmente desiderati.
Nota non includere un soggetto tardo adolescente coinvolto in una relazione sessuale perdurante con un soggetto di 12-13 anni

MASOCHISMO SESSUALE
A) Durante un periodo di almeno 6 mesi, fantasie, impulsi sessuali, o comportamenti ricorrenti e intensamente eccitanti sessualmente, che comportano l’atto (reale e non simulato) di essere umiliato, picchiato, legato, o fatto soffrire in qualche altro modo.
B) Le fantasie, gli impulsi sessuali, i comportamenti, causano disagio clinicamente significativo o compromissione dell’area sociale, lavorativa o di altre importanti aree di funzionamento

SADISMO SESSUALE
A) Durante un periodo di almeno 6 mesi, fantasie, impulsi sessuali, o comportamenti ricorrenti e intensamente eccitanti sessualmente, che comportano azioni (reali e non simulate) in cui la sofferenza psicologica o fisica (inclusa l’umiliazione) della vittima è sessualmente eccitante per il soggetto.
B) Le fantasie, gli impulsi sessuali, i comportamenti, causano disagio clinicamente significativo o compromissione dell’area sociale, lavorativa o di altre importanti aree di funzionamento

FETICISMO DI TRAVESTIMENTO
A) Durante un periodo di almeno 6 mesi, fantasie, impulsi sessuali, o comportamenti ricorrenti e intensamente eccitanti sessualmente, che comportano il travestimento in un maschio eterosessuale
B) Le fantasie, gli impulsi sessuali, i comportamenti, causano disagio clinicamente significativo o compromissione dell’area sociale, lavorativa o di altre importanti aree di funzionamento
Specificare se:
Con disforia di genere, quando il soggetto ha un disagio persistente connesso al ruolo sessuale o all’identità

VOYERISMO
A) Durante un periodo di almeno 6 mesi, fantasie, impulsi sessuali, o comportamenti ricorrenti e intensamente eccitanti sessualmente, che comportano l’atto di osservare un soggetto che non se l’aspetta mentre è nudo, si spoglia o è impegnato in attività sessuali
B) Le fantasie, gli impulsi sessuali, i comportamenti, causano disagio clinicamente significativo o compromissione dell’area sociale, lavorativa o di altre importanti aree di funzionamento

DISTURBI DELL’IDENTITA’ DI GENERE
A) Una forte e persistente identificazione col sessoopposto (non solo un desiderio di qualche presunto vantaggio culturale derivante dall’appartenere all’altrosesso). Nei bambini il disturbo si manifesta con quattro o più dei seguenti sintomi:
1) desiderio ripetutamente affermato di essere o insistenza sul fatto di essere, dell’altrosesso
2) nei maschi, preferenza per il travestimento o l’imitazione dell’abbigliamento femminile, nelle femmine, insistenza nell’indossare solo tipici indumenti maschili
3) forti e persistenti preferenze per i ruoli del sessoopposto nei giochi di simulazione, oppure persistenti fantasie di appartenere al sessoopposto
4) intenso desiderio di partecipare ai tipici giochi e passatempi del sessoopposto

Negli adolescenti e negli adulti, l’anomalia si manifesta con sintomi come desiderio dichiarato di essere dell’altrosesso, farsi passare spesso per un membro dell’altrosesso, desiderio di vivere e di esser trattato come membro dell’altrosesso, oppure la convinzione di avere sentimenti e reazioni tipici dell’altrosesso.

  1. B) Persistente malessere riguardo al propriosesso o senso di estraneità riguardo al ruolo sessuale del propriosesso

Per approfondimenti visita la pagina delle consulenze sui disturbi del comportamento sessuale

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

 

TRICOTILLOMANIA: STRAPPARSI I CAPELLI

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I criteri diagnostici per la Tricotillomania secondo il DSM-IV-TR* sono i seguenti:

  1. Ricorrente strappamento dei propri capelli che causa una notevole perdita di capelli.
  2. Un senso crescente di tensione immediatamente prima di strapparsi i capelli o quando si tenta di resistere al comportamento.
  3. Piacere, gratificazione, o sollievo durante lo strappamento dei capelli.
  4. L’anomalia non è meglio attribuibile ad un altro disturbo mentale e non è dovuta ad una condizione medica generale (per esempio, una condizione dermatologica).
  5. L’anomalia causa disagio clinicamente significativo o compromissione dell’area sociale, lavorativa, o di altre aree importanti del funzionamento.

 

American Psychiatric Association (2000). DSM-IV-TR Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders , Fourth Edition, Text Revision. Edizione Italiana: Masson, Milano.

 

Dott. Roberto Cavaliere

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DISTURBO DI SOMATIZZAZIONE

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I criteri diagnostici per il Disturbo di Somatizzazione secondo il DSM-IV-TR* sono i seguenti:

  1. Una storia, cominciata prima dei 30 anni, di molteplici lamentele fisiche che si manifestano lungo un periodo di numerosi anni, e che conducono alla ricerca di trattamento o portano a significative menomazioni nel funzionamento sociale, lavorativo, o in altre aree importanti.
  2. Tutti i criteri seguenti debbono essere riscontrabili, nel senso che i singoli sintomi debbono comparire in qualche momento nel corso del disturbo:
    1. quattro sintomi dolorosi: una storia di dolore riferita ad almeno quattro localizzazioni o funzioni (per es. testa, addome, schiena, articolazioni, arti, torace, retto, dolori mestruali, dolore nel rapporto sessuale o durante la minzione);
    2. due sintomi gastro-intestinali: una storia di almeno due sintomi gastro-intestinali in aggiunta al dolore (per es. nausea, meteorismo, vomito al di fuori della gravidanza, diarrea, oppure intolleranza a numerosi cibi diversi);
    3. un sintomo sessuale: una storia di almeno un sintomo sessuale o riproduttivo in aggiunta al dolore (per es. indifferenza sessuale, disfunzioni dell’erezione o dell’eiaculazione, cicli mestruali irregolari, eccessivo sanguinamento mestruale, vomito durante la gravidanza);
    4. un sintomo pseudo-neurologico: una storia di almeno un sintomo o deficit che fa pensare ad una condizione neurologica non limitata al dolore (sintomi di conversione, come alterazioni della coordinazione o dell’equilibrio, paralisi o ipostenia localizzate, difficoltà a deglutire o nodo alla gola, mancamenti, afonia, ritenzione urinaria, allucinazioni, perdita della sensibilità tattile o dolorifica, diplopia, cecità, sordità, convulsioni, sintomi dissociativi come amnesia, oppure perdita di coscienza con modalità diverse dai mancamenti).
  3. L’uno o l’altro di 1. e 2.:
    1. dopo le appropriate indagini, ciascuno dei sintomi del Criterio B non può essere esaurientemente spiegato con una condizione medica generale conosciuta o con gli effetti diretti di una sostanza (per es. una droga di abuso, o un medicinale);
    2. quando vi è una condizione medica generale collegata, le lamentele fisiche o la menomazione sociale o lavorativa che ne deriva risultano sproporzionate rispetto a quanto ci si dovrebbe aspettare dalla storia, dall’esame fisico e dai reperti di laboratorio.
  4. I sintomi non sono prodotti intenzionalmente o simulati (come nel Disturbo fittizio o nella Simulazione).

American Psychiatric Association (2000). DSM-IV-TR Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders , Fourth Edition, Text Revision. Edizione Italiana: Masson, Milano.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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NARCOLESSIA

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I criteri diagnostici per la Narcolessia secondo il DSM-IV-TR* sono i seguenti:

  1. Attacchi irresistibili di sonno ristoratore che ricorrono quotidianamente per almeno 3 mesi.
  2. La presenza di uno o entrambi i sintomi seguenti:
    1. cataplessia (cioè, brevi episodi di improvvisa perdita bilaterale del tono muscolare, più spesso in associazione con emozioni intense)
    2. ricorrenti intrusioni di sonno-REM nel passaggio fra il sonno e la veglia, come attestato sia da allucinazioni ipnopompiche o ipnagogiche, sia da paralisi del sonno all’inizio o alla fine degli episodi di sonno.
  3. Il disturbo non è dovuto agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (cioè, una sostanza di abuso, un farmaco) o di un’altra condizione medica generale.

American Psychiatric Association (2000). DSM-IV-TR Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders , Fourth Edition, Text Revision. Edizione Italiana: Masson, Milano.

 

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MOLESTIE E VIOLENZE PSICOLOGICHE

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Possiamo considerare molestie e violenze psicologiche (l’elenco e lungi dall’essere esaustivo):

  • la molestia e violenza verbale
  • i comportamenti sadici che procurano sofferenza
  • i comportamententi tesi a sottovalutare l’altro
  • i comportamenti tesi a manipolare l’altro
  • il rifiuto affettivo di uno dei due all’interno della coppia
  • le pretese eccessive o sproporzionate rispetto alle possibilità dell’altro
  • i comandi e le ingiunzioni contradditorie ed impossibili da attuare

Queste molestie e violenze sono effettuate in maniera subdola, non troppo evidente, allo scopo di destabilizzare l’altro senza che chi le attua se ne assuma la responsabilità. Infatti, spesso, la vittima si coilpevolizza a tal punto da ritenere di meritare tali comportamenti.

Nel passato affettivo e relazionale dei soggetti vittime di tali molestie e violenze si riscontra un modello simile nella coppia genitoriale.

Dott. Roberto Cavaliere

TESTIMONIANZA

Buongiorno.Io non so se riuscirò a vivere mai un amore pieno, normale, duraturo, maturo.Non so se riuscirò mai a realizzarmi nell’amore, così come nella vita.E credo che, prima del mio amore malato per un uomo, ci sia una delicata storia di infanzia negata, violata da due genitori che non hanno saputo trasmettermi la dignità di esistere. Inoltre, la mia incapacità di gestire relazioni sane con gli uomini, è solo il riverbero di una vita di umiliazioni, ahimè, autoinferte e reiterate.E’ come se la profezia lanciata da mio padre (uomo alcolista e violento) quando ero bambina: “Tu sarai sempre una serva!!” , si fosse autoavverata in tutti i campi della mia vita.E ora non so proprio con chi prendermela…Mio padre, che ha reso la mia infanzia terrificante, oggi è malato e infermo… mia madre è una anziana signora che si occupa di lui con tutta ladedizione di una coalcolista.Quando ero bambina temevo l’ira incontrollata di mio padre e pensavo che mia madre fosse la vittima sacrificale di tutta quella violenza. Povera mamma, pensavo, anche se a volte la imploravo di andarcene via da casa, io lei e le mie tre sorelle. Lei rispondeva che no, non si poteva e piangeva sulla mia spalla. Io, la consolavo.A sei anni consolavo mia madre che piangeva sulla mia spalla dopo che mio padre ubriaco l’aveva picchiata; spesso picchiava anche le mie sorelle (più grandi di me) e rompeva i mobili di casa (così celebrava compiutamente la sua rabbia).Salvo poi lasciami sola con lui, dopo queste sfuriate, io l’unica figlia che non toccava, per andarsene fuori casa qualche ora con le mie sorelle. E io avevo sempre paura che mi abbandonassero lì con mio padre quando, ubriaco e sfinito, si sdraiava accanto a me (impietrita dalla paura) per dirmi frasi sconnesse o chiedermi di tagliargli le unghie dei piedi. La mia infanzia, periodo di oscurantismo medievale, finisce a 15 anni, quandome ne vado di casa. Ma “le streghe son tornate”, a 19 anni quando scopro di essere sieropositiva, contagiata per via sessuale dal mio ragazzo, extossicodipendente. Dieci anni di aspettativa di vita, dicono i medici del reparto infettivi; l’esperienza fin ora non offre prospettive migliori. Quindi mi do da fare, rimuovo il problema, mi prendo la vita e la mangio finoall’osso. Studio, cinque anni di magistrali serali, che mi aprono al mondo meraviglioso ed intrigante della cultura; mi diplomo, faccio teatro, vado ateatro… lavoro in Comune.. decido di entrare in terapia (psicodramma), vivo da sola, anche se ho qualche storia. E’ difficile incontrare un uomo che non utilizzi la questione sieropositività per non impegnarsi… Comunque sono tutte relazioni con uomini problematici e abbandonici… Uno mi dice che mi lascia perchè non vuole vivere un lutto (ma io sto ancora molto bene…), l’altro non vuole fare l’amore con me e finisce per non baciarmi neanche più, l’altro ancora mi ama alla follia, mi conquista come fosse una prova con sé stesso… salvo poi lasciarmi quando io mi innamoro davvero. Un altro ancora si prodiga per avere le mie attenzioni, poi comincia a parlarmi diffusamente della sua ex e di quanto lui ne è ancora innamorato…Poi è la volta di un ex tossicodipentende, che proprio ex non è, quindi lo lascio e lui mi deruba, svuotandomi la casa. Insomma un disastro! Mi svendo,sì, per un abbraccio caldo vendo l’anima, a alla fine sono sempre più sottile… fragile, confusa, incapace di valutare se e quanto valgo.. La cosa diabolica è che, quando incontro gli uomini della mia vita, sento subito “puzza di bruciato” e malgrado ciò o forse proprio per questo, cado trale loro braccia come una pera matura… Consapevole che quello non è un uomo sano. Nelle mie storie, il timore fa parte del gioco. Sono consapevole di entrare ogni volta nella tana del lupo, ma quella tana mi attrae ed è come se non potessi starne fuori.E’ una specie di maledizione, un’implacabile destino che continuo ad assecondare nell’amore così come nella vita. Sì, nella vita, appunto, ho continuato a boicottare ogni prospettiva che fosse positiva per me. Ho cambiato una decina di volte casa, con un dispendio dienergie e denaro non indifferente. Avevo un lavoro sicuro, statale, ma mi sono licenziata per inseguire il sogno dell’Università… che ho concluso. Così ora sono una laureata con 110 e lode (educatore interculturale – che caso, mi piace potermi occupare degli “ultimi” gli immigrati), precaria, part-time diquarantadue anni. E, per integrare faccio la badante ad una nonnina di 99 anni, una noia mortale,un delirio, un’agonia, una svalorizzazione senza precedenti… una regressione negativa, ai tempi in cui facevo le pulizie e “ramazzavo” mezza città per pagarmi le spese di casa. La serva faccio, una serva laureata, con un’intelligenza brillante (così dissero alcuni miei docenti), ma sempre serva rimango, come mi diceva sempre mio padre.Come il protagonista di una poesia tratta dall’antologia di Spoon River il cui epitaffio suonava più o meno così: “Povero marinaio, la sua nave è logora, è lui ora non c’è più. Nessun naufragio, non ha mai salpato oltre il porto, si è dibattuto rovinosamente contro sé stesso”. E’ gli uomini ?Ho vissuto sei anni con un uomo, un amico di vecchia data che non credo diavere mai amato… Lui è una persona anaffettiva, introversa, impermeabile alleemozioni… ma non può fare diversamente. Non ha avuto altre relazioni oltrequella con me. Sua madre era depressa cronica, costantemente dentro e fuoridall’ospedale psichiatrico. Non credo possa essere diverso da quello che è, nési possa concedere il lusso di assaporare ed esprimere le proprie emozioni… Eneppure fidarsi di una donna. So che non si siamo incontrati per caso, ma ora èfinita e non gliene voglio.Ora ho una relazione con un uomo di colore incasinatissimo, senza soldi, moltoafricano, analfabeta, ma che mi sa coccolare. Ancora una volta una storia senzafuturo… Questa mattina mi ha chiesto in prestito 600 euro per l’assicurazionedella sua macchina. Io non glieli ho dati, ma ora mi sto domandando se domanici vedremo oppure lui sarà risentito con me… Una donna sana sarebbe lei risentita, credo.C’è speranza per me?Vi prego, non lasciatemi sola…Silvia

 

Dott. Roberto Cavaliere

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IPOCONDRIA

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I criteri diagnostici per l’Ipocondria secondo il DSM-IV-TR(American Psychiatric Association (2000). DSM-IV-TR Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders , Fourth Edition, Text Revision. Edizione Italiana: Masson, Milano.)sono i seguenti:

  • La preoccupazione legata alla paura di avere, oppure alla convinzione di avere, una malattia grave, basate sulla erronea interpretazione di sintomi somatici da parte del soggetto.
  • La preoccupazione persiste nonostante la valutazione e la rassicurazione medica appropriate.
  • La convinzione di cui al Criterio A non risulta di intensità delirante (come nel Disturbo Delirante, Tipo Somatico) e non è limitata a una preoccupazione circoscritta all’aspetto fisico (come nel Disturbo di Dismorfismo Corporeo).
  • La preoccupazione causa disagio clinicamente significativo oppure menomazione nel funzionamento sociale, lavorativo, o in altre aree importanti.
  • La durata dell’alterazione è di almeno 6 mesi.
  • La preoccupazione non è meglio attribuibile a Disturbo d’Ansia Generalizzato , Disturbo Ossessivo-Compulsivo, Disturbo di Panico (Senza Agorafobia e Con Agorafobia), Episodio Depressivo Maggiore, Ansia di Separazione, o un altro Disturbo Somatoforme.

Specificare se:

Con Scarso Insight: se, per la maggior parte del tempo durante l’episodio in atto, la persona non è in grado di riconoscere che la preoccupazione di avere una malattia grave è eccessiva o irragionevole.

 

L’ipocondria è la paura immotivata della malattia ed il termine deriva dal greco antico “sotto le coste”, la sede abituale del dolore addominale. Rappresenta il timore ancestrale della malattia e della morte, timore che, però, viene vissuto in maniera angosciosa ed ossessiva.L’ipocondria ricorre nel 2-3% della popolazione e si presenta più frequentemente negli anziani e nelle donne, soprattutto se queste ultime sono colpite anche da depressione. La paura della malattia è una convinzione quasi irremovibile e penosa per chi la sopporta. Non si esce in maniera semplice dall’ipocondria, non bastano esami ripetuti per tranquillizzare il paziente delle sue buone condizioni di salute fisica dal momento che questo tipo di paura è la manifestazione di molti altri problemi emozionali che si focalizzano sul corpo. Possono essere problemi esistenziali o di tipo ansioso depressivo dove un po’ inconsciamente c’è una scelta del linguaggio del corpo per esprimere un certo tipo di disagio o di paura. Però, anche se per un lungo periodo non si presenta realmente nessun disturbo organico, l’ipocondria, come tutte le forme di tipo somatico, può causare più facilmente un circuito fra psiche e soma con l’emergere di una malattia reale con il trascorrere degli anni. Un po’ come se l’aspetto psichico facilitasse la comparsa di un disturbo organico vero e proprio.

Fra le tante paure che ricorrono nell’immaginario delle persone colpite da queste fantasie, quella che l’ipocondriaco teme di più è il tumore, soprattutto all’intestino, subito seguito dalla paura dell’infarto. Il timore è che la neoplasia non si veda nemmeno con l’endoscopia e che non si riesca a scoprire con le indagini diagnostiche anche se più volte ripetute.
Quello che lo differenzia dal normale timore di essere affetti da qualcosa di grave è che la paura non si manifesta sporadicamente ma in modo sistematico e protratto per mesi o anni.
Il malato così acquista uno stile di comportamento che lo condiziona nelle abitudini e nelle relazioni sociali.
Sempre intento a cogliere ogni minimo sintomo, vive in modo angosciato, ascoltando moltissimo il suo corpo, e così sensibilizzato la sua soglia del dolore si abbassa. Avverte con maggiore intensità gli stimoli organici; quindi quello che per una persona normale può essere un banale mal di pancia per l’ipocondriaco diventa un dolore realmente insopportabile. Nei comportamenti sociali crea dei rituali. Condizionato dal sospetto che alcuni alimenti possano nuocergli elimina senza ragione determinati cibi o fa delle diete rigide.

La guarigione, peraltro non è semplice né breve. E’ possibile certo, ma non tanto con la somministrazione di farmaci: l’approccio terapeutico migliore è fornire alla persona una chiave di lettura diversa di questi disturbi. Bisogna comprendere, secondo la psicanalisi, il significato simbolico ed inconscio della sintomatologia fisica. Ad esempio una tachicardia può rappresentare in maniera latente un disagio affetivo, le vertigini potrebbero rappresentare un’insicurezza profonda, ecc.
Un percorso terapeutico è utile anche a chiarire tali connessioni.
E’ utile anche fargli comprendere che per avere l’attenzione del medico o dei familiari non è necessario che lui manifesti una malattia. Il medico può occuparsi di lui e raccogliere il suo messaggio di disagio anche se viene espresso in maniera diversa non fisica. I farmaci lo aiutano quando ci sono altre patologie di base come la depressione. Generalmente vengono usati gli ansiolitici che riducono la frequenza di lamentele. Ma le molecole che funzionano meglio sono gli antidepressivi, di ultima generazione che hanno pochi effetti collaterali, proprio perché questi ultimi sono tollerati malissimo da queste persone, fornendo ulteriori conferme agli esasperati timori.

 

Dott. Roberto Cavaliere

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